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Ora tocca a te!

Testo: 2 Timoteo 1, 1-14

1 Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, secondo la promessa della vita che è in Cristo
Gesù, 2 a Timoteo, mio caro figlio, grazia, misericordia, pace da Dio Padre e da Cristo Gesù nostro Signore.
3 Ringrazio Dio, che servo come già i miei antenati con pura coscienza, ricordandomi regolarmente di te nelle mie preghiere giorno e notte; 4 ripenso alle tue lacrime e desidero intensamente vederti per
essere riempito di gioia. 5 Ricordo infatti la fede sincera che è in te, la quale abitò prima in tua nonna Loide e in tua madre Eunice, e, sono convinto, abita pure in te.
6 Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te mediante l'imposizione delle mie mani. 7 Dio infatti ci ha dato uno spirito non di timidezza, ma di forza, d'amore e di
autocontrollo. 8 Non aver dunque vergogna della testimonianza del nostro Signore, né di me, suo carcerato; ma soffri anche tu per il vangelo, sorretto dalla potenza di Dio. 9 Egli ci ha salvati e ci ha rivolto una santa chiamata, non a motivo delle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la grazia che ci è stata fatta in Cristo Gesù fin dall'eternità, 10 ma che è stata ora manifestata con l'apparizione del Salvatore nostro Cristo Gesù, il quale ha distrutto la morte e ha messo in luce la vita e l'immortalità mediante il vangelo, 11 in vista del quale io sono stato costituito araldo, apostolo e dottore. 12 È anche
per questo motivo che soffro queste cose; ma non me ne vergogno, perché so in chi ho creduto, e sono convinto che egli ha il potere di custodire il mio deposito fino a quel giorno. 13 Prendi come modello le sane parole che hai udite da me con la fede e l'amore che si hanno in Cristo Gesù. 14 Custodisci il buon deposito per mezzo dello Spirito Santo che abita in noi.

Senza entrare in questioni complicate che riguardano la datazione e l'autore della lettera, questioni che rischierebbero di prendere tutto il nostro tempo, mi limito a commentare questo testo così come è scritto e si presenta a noi oggi.
Questa lettera è un testamento spirituale, molto prezioso, che Paolo, ormai alla fine della sua vita, nuovamente in prigione a Roma sotto la mano pesante di un imperatore come Nerone , consegna ad un suo giovane fratello, amico e collaboratore, Timoteo, appunto. La lettera è scritta sotto la cappa di eventi che stanno ormai per precipitare. Poco più avanti scrive infatti:
"Quanto a me, io sto per essere offerto in libazione, e il tempo della mia partenza è giunto" “Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede" 2 Timoteo 4,6-7.
Il desiderio di Paolo è di poter rivedere Timoteo per l'ultima volta prima di morire. Ma la distanza ormai appare incolmabile.
La Scrittura ci consente, questa mattina, di entrare dentro una vicenda che è innanzitutto molto
personale, e quindi ci avviciniamo in maniera molto rispettosa, sapendo che i nostri piedi sono su un suolo sacro.

Paolo consegna il testimone della sua vita e della fede di cui è stato "araldo", cioè "annunciatore", al giovane Timoteo e lo fa con una premura che esprime tenerezza, ma anche la lucidità di un uomo che ha
vissuto e tanto patito per il Vangelo.
Non potendo soffermarci su tutto, ci limiteremo a tre aspetti che ci sembrano fondamentali:

1. Il primo è la vergogna.
Paolo non si vergogna né di se stesso e neppure del Vangelo. E vuole che anche il giovane Timoteo resti, sempre, un testimone fiero e coraggioso come lui.
Ci chiediamo perché mai si sarebbe dovuto vergognare. Probabilmente il riferimento é dovuto proprio alla sua condizione fisica.
Lui che aveva parlato dell'autorità (con un inevitabile riferimento all'impero romano) come istituita da Dio (Romani 13), adesso si trova sotto il torchio di un imperatore notoriamento conosciuto come
malvagio e anticristiano. A sue spese sta facendo l'esperienza del carattere tracotante e cinico dell'impero.
Paolo è alla sua mercè, fragile, solo, abbandonato da molti suoi amici "Tu sai questo: che tutti quelli che sono in Asia mi hanno abbandonato" (v. 13) - scrive.
 La vergogna poteva essere sperimentata a causa della condizione di disgrazia da cui l'apostolo adesso sa che non si riprenderà più.
Ma questa vergogna poteva essere provocata anche da una fede che ha al centro della sua proclamazione
 un messia appeso alla croce. Sul Palatino a Roma è stato ritrovato un antico graffito, che potrebbe risalire all'epoca della morte di Paolo, in cui viene presentato un crocifisso con una testa d'asino. E sotto vi si trova questo commento: "Alessameno adora il suo Dio".
Ecco la vergogna dell'Evangelo poteva provenire da questo tipo di sberleffi che si diffondevano nel
 popolo verso i cristiani come coloro che adoravano un Dio crocifisso, negazione di tutti i valori di potenza e di dominio che reggevano l'ideologia imperiale.
Paolo con profonda passione, consegna a Timoteo il compito di non vergognarsi di tutto ciò. Come d'altra parte non si vergognava lui. Non vergognarsi nè delle proprie sofferenze e neppure delle sofferenze di Cristo. Il Vangelo, infatti, ha una sua potenza ma questa si coniuga e si estrinseca nel servizio, e come dichiara esplicitamente l'apostolo, nell'amore.
Non ci si deve vergognare di questa debolezza, perchè in essa è custodita la forza che vince la morte e il mondo.
Perciò Paolo parla di se stesso come di un "prigioniero di Cristo" e non certo di Nerone. Egli, fino alla fine riconosce la "superiore potenza del Vangelo" che contraddice l'ideologia di qualsiasi imperialismo
 politico e militare, di tutti i tempi.

Paolo è un povero illuso? Egli consegna a Timoteo una missione insostenibile?

Noi che leggiamo questa pagina riconosciamo la fede cristallina e commovente di Paolo, e anche riconosciamo che, ecco, l'impero di Nerone e dei tanti altri nerone venuti dopo di lui, sono passati, e tutti si sono sgretolati clamorosamente. Ma la forza della parola evangelica arriva ancora a noi, capace di avvincere e trasformare la vita di tanti uomini e donne, ancora oggi.
Il cristiano deve continuare ad essere un uomo, o una donna fiera, anche nelle circostanze più umilianti della vita: che si tratti di vessazioni, persecuzioni, o anche solo di fragilità di salute e di malattie.

2. Il secondo aspetto del testamento di Paolo a Timoteo ha a che vedere con la fede.
La fede qui ha una duplice connotazione che merita di essere evidenziata.
Innanzitutto è "deposito" (Paratitemi). Questo è un termine nuovo nel lessico paolino. Alcuni pensano, non a torto, che gli sia posteriore. Si tratta di un termine tecnico che indica che nella chiesa che resiste e vince l'impero, c'è "la forza di quel che si crede". Non favole o discorsi spirituali alla moda. Nasce la teologia, la dottrina, una serie di formulazioni che servono a guidare i credenti per evitare che siano alla
   mercè del primo invasato.
La fede "nel deposito da custodire", è la fede che si sostanzia di riflessioni, meditazioni e formulazioni condivise. Probabilmente questo termine è proprio la maniera in cui i cristiani hanno cominciato a identificare la teologia paolina: la giustificazione per grazia mediante la fede, la teologia della croce, la chiesa come corpo di Cristo ecc.
 La fede dunque è un sapere. Che cristiano sei se non sai in cosa credi? Che protestante sei (soprattutto se apparteni ad una sparuta minoranza) se non hai convinzioni bibliche sufficientemente suffragate da studi e approfondimenti comunitari, che ti consentano di custodire la libertà della tua coscienza?
Il cristiano non può che essere un uomo o una donna di convizioni. Può anche cambiare del suo “deposito”, ma lo fa indagando le scritture e rispettando la coscienza.

Il secondo significato della fede, in questo testo, ha a che vedere con le persone.
E' la fede di Loide ed Eunice che si è trasmessa attraverso le tenerezze di una madre e di una nonna, al proprio figlio e nipote. Che fortunato Timoteo ad avere un mentore come Paolo e delle catechiste come la madre e la nonna. Egli è stato nutrito di latte, pane, Bibbia e fede cristiana.
  Ma la fede rimanda alla persona di Cristo. Al versetto 12 Paolo dice "perché io so in chi ho creduto". Non dice "io so in cosa ho creduto", il che, peraltro è anche vero, ma dice "in chi".
La fede rimanda ad una relazione personale e spirituale col Signore, per lui ancora più intensa proprio perché non ha conosciuto il Gesù storico. Paolo ha dimostrato di conoscere Cristo perfino meglio di altri che lo hanno avuto come maestro sulle strade della Galilea. Questa fede è sostanziata dall'azione dello Spirito Santo, che lo tiene unito a Cristo e lo aiuta a custodire il "deposito".

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Senza vergogna Paolo predica, prega e soffre per la fede e dalla sua cella decide di scrivere a Timoteo dato che altri l’hanno abbandonato al suo destino di carcerato e condannato a morte.
Così scrive al giovane Timoteo con tenerezza e amore paterno e gli dice: Timoteo, io sono giunto a capolinea che per me significa riposo, e accoglienza da parte di Colui che mi ama, Colui al quale ho dedicato tutta la vita. Ora tocca a te, Timoteo, tocca a te e a tanti altri con te e dopo di te. Questa fede in Cristo è verità, una verità impopolare e umanamente fragile. Chiunque può anche renderla ridicola e negarla, ma è la verità!!! La verità che per molti è sconosciuta, nascosta e per questo va proclamata con le parole e con la vita. Una verità che non promette successi e ricchezze, ma opposizione e sconfitte. Una via stretta e in salita ma una via da percorrere fino in fondo. Non offre illusioni Paolo. Non dice: “Andrà tutto bene”. Paolo che soffre in catene non nasconde la verità ma dice, contro ogni evidenza e solo per fede : Non aver vergogna della testimonianza del nostro Signore, né di me, suo carcerato; ma soffri anche tu per il vangelo, sorretto dalla potenza di Dio. Egli ci ha salvati e ci ha rivolto una santa
chiamata, non a motivo delle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la grazia che ci è stata fatta in Cristo Gesù fin dall'eternità, ma che è stata ora manifestata con l'apparizione del Salvatore nostro Cristo Gesù, il quale ha distrutto la morte e ha messo in luce la vita e l'immortalità mediante il vangelo.

Un uomo che sta per essere giustiziato che dice: Non vergognarti, noi siamo dei privilegiati perché Dio ci ha rivolto una chiamata e questa chiamata è pura grazia, noi serviamo Colui che ha distrutto la morte e ha messo in luce la vita e l’immortalità mediante il Vangelo.
Abbiamo ricevuto il deposito di verità,dice Paolo, abbiamo ricevuto la chiamata alla fede e all’annuncio di grazia, il Signore Gesù ci affida la sua parola perché la portiamo nel mondo, lo stesso mondo che ha fatto morire Gesù e ora mi tiene incatenato e ucciderà anche me, Dio lo ama.

Questa è la parola scandalosa che ci spiazza. Come poté essere creduta una parola così esigente? Come poté oltrepassare quella prima generazione e propagarsi un solo giorno in più questa parola? Non prometteva successo, né potere, né salute...
Ma fratelli e sorelle quella parola è giunta fino a noi, dopo Paolo milioni di persone hanno dato la vita perché hanno creduto in Colui che diede la vita per loro. Milioni e milioni di persone hanno sentito profondamente nel loro cuore che in questo annuncio c’è la verità nascosta di cui avevano bisogno più
dell’aria, più dell’acqua.

Qualche giorno fa ho visto un graffito su un muro, era una dichiarazione d’amore che diceva: “Tu sei nata per essere amata”. Una bella dichiarazione d’amore che è però vera per ognuna e ognuno di noi: Tu, io siamo nati per essere amati! E perciò se ascoltiamo il Vangelo di Cristo sentiamo che è per noi!
Cristo ci ha amati e ce lo ha dimostrato. In che altra maniera poteva esser più chiaro? In Cristo Dio ci ama. Noi siamo nati per essere amati. Se riceviamo questo annuncio con tutto il cuore troveremo pace semplicemente perché sappiamo che siamo amati. E non ora soltanto, ma per l’eternità. Qualsiasi cosa accada! Io sono amata! Tu sei amato!

E siamo chiamati a dirlo, a viverlo anche noi insieme al giovane Timoteo. Ciascuno con i nostri propri doni. A Timoteo Paolo rivolge un appello e gli dice Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te : perché siamo nati per essere amati e anche per amare a nostra volta e non a tenerci tutto solo per noi stessi. Ravviviamo i doni che lo Spirito ci ha dato e amiamo, amiamo sempre, a tempo e fuor di tempo mettendo a frutto i nostri doni.
Raccogliamo senza più indugi questo testimonio: chiunque tu sia, tu sei Timoteo, ora tocca a te! Proprio a te che ascolti. Siamo stati chiamati a servire Colui che ha distrutto la morte e ha messo in luce la vita e l’immortalità mediante il Vangelo. Non abbiamo ricevuto un spirito di timidezza ma di forza, d’amore, di saggezza. Accogliamo i doni di Dio e annunciamo Cristo con la parola e con la vita!