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Il racconto della storia di Rut, la moabita

Testo: libro di Rut

Nel cammino indietro nel tempo che ci viene offerto dalla genealogia di Gesù troviamo Rut. Ci incamminiamo verso le terre di Moab, territorio dell’entroterra, posto ad Est di Giuda, separato dal Mar Morto. Ci incamminiamo fino a Moab per raccontare la storia di Rut. Un cammino da Giuda a Moab a causa di una carestia di cibo, un cammino da Moab a Giuda a causa della morte di due giovani uomini. Un cammino non dettato da una promessa di futuro, ma un cammino dettato dalla perdita e dal dolore.

Naomi è la prima donna che ci viene presentata: la vedova più anziana, ha appena perso i suoi due figli. È da lei che ha inizio questa storia. È lei che per prima inizia a muoversi, a mettersi n cammino. “Naomi si alzò”a e si mise in cammino perché ha sentito dell’intervento di Dio nel suo paese natale. Dio è intervenuto in favore del suo popolo facendo finalmente terminare quella carestia che tanto tempo fa aveva costretto a partire Naomi e suo marito Elimelec. Saputo questo, Naomi trova il coraggio di alzarsi e mettersi in cammino.

Tre donne, tre vedove: Naomi, Orpa e Rut si incamminano verso Betlemme. Durante il viaggio una sosta voluta da Naomi. “Andate, tornate ciascuna a casa di sua madre”. Nel viaggio della solitudine del dolore, della donna vedova che ha visto la morte di due figli, Naomi ha un momento di lucidità: si rende conto che le due nuore la stanno seguendo, ma verso quale luogo? Ed ecco che vengono presentate le altre due attrici di questa vita dolorosa: le due giovani donne rimaste vedove dei suoi figli. Naomi, nella saggezza della sua autorità materna e di donna più esperta, che ha vissuto più a lungo, pone argomenti validi. Vuole continuare questo cammino da sola. Lei non può più occuparsi di loro: senza un uomo non hanno garanzie giuridiche, non ha la possibilità di prendersi cura di loro e ha a cura il loro benessere; lei non può preoccuparsi di loro, loro sono giovani e possono trovare a Moab una nuova possibilità, lei no. Lei deve da sola continuare a convivere con questo dolore lacerante e nella solitudine della sofferenza.

“È uscita la mano del Signore contro di me”. Tre donne, tre dolori, tre solitudini, tre pianti. E Tre volte Naomi ripete di andare, come una cantilena, come volerle risvegliare dallo stato di incoscienza in cui pone il dolore forte. “Andate, andate, che state a fare qui: andate!”.

E le altre due attrici: Orpa e Rut. Due donne buone. Sono affettuose con la loro suocera, sono state affettuose con i loro mariti: due esempi di amore. Orpa non osa insistere ancora. Dopo che la suocera ribadisce la sua volontà di continuare da sola il cammino del lutto, Orpa prende sul serio quello che chiede e sospetta di diventare un peso più che un aiuto. Così va, perdendo lì anche l’ultimo legame che le rimane con il marito defunto. Orpa rappresenta l’amore che accoglie le parole di Naomi, l’amore capace di lasciare andare. Orpa che piangendo se ne va. 

Rut insiste ancora una volta dicendo che lei sarebbe “tornata” con Naomi. Ma tornata dove? Rut è nata e cresciuta a Moab. Lei in Giudea non ci è mai stata prima. Lei segue Naomi, più che tornare con Naomi. Rut è testarda. Non ascolta la parola della donna più grande di lei, più saggia. Rut vuole restare con Naomi. Un amore coraggioso, caparbio. Un amore non incosciente, però. Rut infatti ha il tempo di mettere in chiaro che lei con questo passo sta entrando nel popolo di Naomi, un popolo dove sarà straniera, sta entrando nelle tradizioni di quel popolo di Naomi, sta entrando nella sfera del Dio di Naomi.

E dopo le parole di Rut, Naomi tace!

Giunte a Betlemme Rut si rimbocca le maniche e va a spigolare. Inizia il progetto di sopravvivenza di Rut. Ma questa forza d’animo non viene tutta da Rut, Rut ha avuto un’altra donna che per prima le ha mostrato la forza di rialzarsi e rimettersi in cammino, Naomi. Due donne affrante, sole e in lutto. Due donne a cui è stato strappato un marito e un figlio, che nell’ironia della sorte significa non solo pianto e solitudine, ma anche che non si ha più la protezione di nessuno nella società. Essere vedove e senza figli significa essere in una condizione di marginalità, essere tra le persone più povere e dover trovare un modo per sopravvivere. L’evoluzione della storia dipende proprio dal modo in cui decidono di agire le due donne. Le due donne che non si abbandonano alla solitudine del dolore, ma che si sforzano di vivere insieme. Rut va a spigolare, porta da mangiare alla suocera, Naomi le dice che quel signore che ha incontrato è un parente, e che forse le può aiutare, Naomi  sente la responsabilità della felicità di questa giovane figlia rimasta vedova troppo presto. Le vite delle due donne sono intrecciate. Sono intrecciate come due mani, nella libertà, non incatenate, perché a legarle è la compassione e non la necessità. Loro stanno patendo insieme un dolore, stanno vivendo insieme questa fase della vita devastante che è il lutto, la perdita di una persona amata. Rut non aiuta soltanto, ma si lascia aiutare. Naomi non aiuta soltanto, ma si lascia aiutare.

Si! Naomi ora si lascia aiutare. Nelle parole iniziali di Rut c’è un punto di svolta per Naomi: “Ho spigolato nel campo di un tale Boaz!” il parente di Elimelec. Lo spirito di Naomi inizia a risollevarsi, a ritrovar fiducia. Naomi dopo aver visto in Dio colui che le aveva procurato tanto dolore, adesso è nella fase della fiducia, vedendo in Lui colui che la sta aiutando a tracciare una via laddove non ce n’era nessuna. Il dolore non è annullato, i morti non possono essere riportati in vita ma se Dio non le ha dimenticate allora il suo rapporto con Dio è diverso da come lo aveva immaginato prima. Qui c’è la riscoperta di come Dio sia Colui che non abbandona nella sofferenza! E Naomi se ne rende conto ascoltando il racconto di Rut. Se Naomi si riapre al rapporto con Dio non è perché Dio è intervenuto con miracoli ed effetti speciali, ma perché nel dolore non è rimasta totalmente sola e ha trovato in Rut una persona con cui condividere il dolore dell’esistenza.

Ed ecco che altre due vite si intrecciano. L’amore che si combina alla legge. Ma sono parole tenere quelle che si scambiano. Boaz dice: “Tu sei una donna virtuosa” e compie gesti di protezione verso questa donna che non deve andare in giro da sola nella notte e che non deve svelare quello che ha fatto ad altri. Boaz a questo punto ha deciso che il suo futuro sarà con Rut. E tutto il racconto che segue mostra come lui si impegni perché questo avvenga e avvenga nel modo più favorevole a Rut, e anche a Naomi. Si precisa che Boaz è ricco, quindi, non ha bisogno di quel campo, del campo di Elimelec. Quello che fa è un gesto che non parte da una sua necessità, ma dalla bontà. Come Rut è buona e viene lodata fin dall’inizio come donna buona verso Malon e poi verso Naomi, così Boaz si rivela da subito persona buona, accogliente e amorevole. Quando Boaz fa tratta con l’altro parente la chiama “moglie di Malon” e non vedova; prende con sé tutta la sua storia di donna. 

Abbiamo ripercorso insieme il cammino di Rut. Lo abbiamo camminato con lei per poter cogliere il senso di questa storia della vita di una donna scelta tra i libri dell’Antico Testamento. La storia di Rut è stata scelta tra i libri dell’Antico Testamento, dunque, c’è qualcosa in questa storia di particolarmente importante, che era importante giungesse fino a noi. Abbiamo raccontato la storia di una donna che soffre, che fa dei sacrifici, una donna dal carattere forte, che raccoglie l’esempio della suocera “che si alza e va”, raccogliendo le energie, quel poco di forze rimaste e reagisce.

Siamo partiti con Naomi che si mette in cammino perché ha sentito dell’intervento di Dio nel suo paese natale. Dio è intervenuto in favore del suo popolo facendo finalmente terminare quella carestia che tanto tempo fa aveva costretto a partire Naomi e suo marito Elimelec. Siamo giunti alla fine del racconto con Dio che dà la grazia di un finale inaspettato a Rut, a Naomi e a Boaz.

Dio appare appena. Viene nominato varie volte da Boaz e da Naomi, ma la sua azione diretta avviene solo due volte ad incorniciare questo racconto. Naomi ritrova la forza di alzarsi in seguito al sapere che Dio è intervenuto in Giuda e che ora non c’è più la carestia. E alla fine Dio interviene facendo concepire un bambino a Rut e Boaz. Dio c’è all’inizio, Dio c’è alla fine; ma Dio è presente nel silenzio assordante del cammino doloroso? Questa la grande domanda del libro di Rut. Dio è il grande presente-assente del libro di Rut, Dio è il grande presente-assente delle nostre vite, incorniciate dalla sua azione che però non è palese e luccicante fatta di effetti speciali che tutti possono notare. Le nostre vite fatte di scelte, di dolori e di legami proprio come quella di Rut, la moabita. Le nostre vite fatte anche di momenti di sacrificio e di domande. Ripercorrendo la vita di Rut vediamo che l’azione di Dio non è slegata dalla azione dei vari attori di questo racconto, dal coraggioso continuare ad agire, ad adoperarsi per loro stessi e per gli altri. L’adoperarsi non è inutile, il muoversi e lo stringere i denti non sono inutili.

Dio non vuole essere primo attore delle nostre vite. Dio vuole che noi siamo attori delle nostre vite. Lui si occupa della regia, se noi attori ci lasciamo guidare dal regista. Ogni tanto ci invia segnali confortanti che le nostre vite non sono un caso, come quando a Rut, a Naomi e a Boaz nasce un bambino, ma sta a noi riconoscere questi momenti come segnali, sta a noi cogliere questi segnali come piccole tracce preziose della sua azione e smettere di aspettare gli effetti speciali.