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Il Regno della penuria e quello della sovrabbondanza

Testo: Giovanni 6, 1-13

Il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci lo troviamo in tutti e quattro i vangeli. Ma in Giovanni ha un significato del tutto particolare. Innanzitutto, non è un miracolo. Il termine che lo definisce è semeia, segno. Esso costituisce il quarto di sette segni che l’evangelista Giovanni racconta per spiegare chi era veramente Gesù, “Parola fatta carne”. Un segno è qualcosa che punta e orienta a qualcos’altro. Non è compiuto in sé. Non ha significato in sé, ma in ciò a cui rimanda. Il miracolo della moltiplicazione dei pani è un segno che punta a Gesù Cristo. Riflettiamo sul fatto che perdendo di vista il SEGNO significa correre seriamente il rischio di mancare il punto, il fulcro del significato del testo.

L’evento si compie in occasione della pasqua dei Giudei. La prossimità con la festa diventa particolarmente importante quando si capisce che il segno indica in Gesù stesso il pane eucaristico sceso dal cielo. Questo è il contenuto della seconda parte del capitolo. Esso allarga l’orizzonte della festa giudaica, memoriale della liberazione di Israele, ad uno della liberazione di ogni persona che in Cristo crede e a lui si affida.

Il nostro contesto, quello nel quale leggiamo l’episodio è evidentemente diverso. Noi viviamo in un mondo che ha la coscienza del proprio limite come mai prima. Sappiamo che le risorse energetiche, minerarie e anche di cibo sono limitate. Sappiamo, per via delle crisi ecologica, che non possiamo allegramente continuare a sprecare le risorse senza che questo conduca ad una pericolosa soglia di non ritorno con cambiamenti drammatici. Pensiamo soltanto ai cambiamenti climatici. Tuttavia questa positiva cultura del limite, sempre più spesso si accompagna con una pericolosa cultura della scarsità. Una cultura ossessiva del “non ce n’è per tutti”, che piuttosto che indurci a comportamenti ecologici più sostenibili, ci induce a diffidenza, xenofobia e perfino razzismo. Ogni persona è sempre più spesso percepita come un attentatore alla nostra libertà di accesso alle risorse. Ogni persona diventa un competitor, un possibile rivale e nemico. Qualcuno ha sostenuto che l’atto sconsiderato di Caino verso Abele fu dovuto al fatto che Caino si sentiva minacciato dal moltiplicarsi del gregge di Abele che sottraeva terra alla sua attività agricola. Era così che la benedizione dell'uno era percepita come maledizione dell'altro. Non c’è terra abbastanza e allora bisogna che qualcuno prevalga, a qualsiasi costo.

Anche in questo senso noi saremmo tutti figli di Caino. Figli della paura. Figli della ossessione della scarsità.

Una ossessione che riusciamo a trasmettere anche alle giovani generazioni. Come spiegare altrimenti quell’atteggiamento capriccioso del bambino che nella scuola materna, piena di giocattoli, cerca, con prepotenza, di trattenerne per sé il maggior numero possibile, timoroso com’è che non ve ne sia abbastanza per tutti? Ed è esattamente per questo stesso comportamento infantile che litigano gli adulti, che competono tra loro gli Stati e che sovente si fanno le guerre.

L’acqua non è abbastanza, o non sarà abbastanza, la terra non è abbastanza, il petrolio non è abbastanza. E sulla base di questo convincimento e di questa ossessione, si costruiscono le premesse per conquiste, ribellioni, risentimenti, e infine guerre. E la guerra, lo sappiamo oramai molto bene, è la più grande fabbrica di scarsità.  Il paradigma della scarsità riceve nella guerra la realizzazione della sua stessa profezia.

Ma torniamo al nostro testo. Qui, diversamente che nei sinottici, è Gesù che prende l’iniziativa. Egli fa la domanda a Filippo, dice il testo, già avendo in mente dove voleva arrivare e “quello che stava per fare”.

Non un miracolo, ma un segno. Teniamolo a mente.

Andrea il fratello di Simon Pietro indica un ragazzo che ha cinque pani e due pesci, ma soltanto per confermare con dati statistici incontrovertibili, il paradigma della scarsità: Non ce n’è per tutti.

Gesù allora dice: “Fateli sedere”. E Giovanni annota che c’era molta erba in quel luogo.

Cosa richiama questa annotazione altrimenti del tutto marginale e irrilevante nella narrazione?

 “Il Signore è il mio pastore, nulla mi mancherà.” Salmo 23

Nulla mi mancherà!

L’erba verde è il primo segno che ci vuole condurre dalla logica e dalla ossessione della scarsità a quella della abbondanza della grazia.

Gesù prese i pani e dopo aver reso grazia li distribuì.

Anche qui abbiamo un’altra piccola ma sostanziale differenza rispetto ai sinottici per comprendere la peculiarità del segno. Egli non ingiunge ai discepoli di “dar voi loro da mangiare”, come avviene nei sinottici. E la moltiplicazione avviene senza la mediazione delle mani dei discepoli. Ma Gesù comincia lui stesso, partendo da quei pochi pani e pesci, a darli a tutti. Egli prende e dà, prende e dà. E’ come se Gesù attingesse da un serbatoio illimitato, nel quale la quantità di pane e di pesci a disposizione non ha limiti.

Il segno, nella persona di Gesù, ci sposta dal paradigma della scarsità e dunque dalla paura a quello della abbondanza, e quindi della gioia.

Per evitare fraintendimenti, consideriamo che quello che abbiamo qui non è una grande abbuffata. Non è uno di quei pasti nuziali da 100 e più euro a coperto, dove una portata si alterna con l’altra in un pasto pantagruelico che spesso è uno schiaffo alla miseria e alla fame.

Qui c’è pane e pesci: carboidrati e proteine. Tutto quel che serve al nutrimento.  Ce n’è in abbondanza, ma non c’è esagerazione. Anzi il testo annota, come fanno i sinottici, che ne avanzarono 12 ceste e che Gesù ingiunge di recuperare ogni cosa perché non vi sia spreco. La sovrabbondanza del Regno è diversa dall’accumulo e dallo spreco del regno della scarsità.

“La Parola è stata fatta carne ed ha abitato per un tempo tra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come da unigenito dal Padre”. 1,14

Il miracolo è un segno, una spiegazione di questo versetto che troviamo nel prologo e che richiama la incarnazione.

Per spiegarmi meglio userò una immagine.

Una clessidra. Qui la sfera di sotto è la terra. E’ l’ambito del finito. Qui è dove vige il paradigma della finitezza e del limite, ma anche dove si annidano le ossessioni della scarsità. L’altra sfera, sono i cieli creati da Dio. Ovviamente il limite di questa immagine è che le due sfere sono eguali. Perciò dobbiamo immaginarci una clessidra con la sfera superiore più grande. Una sfera superiore tanto grande, quanto il cosmo intero. Una sfera infinita. E il forellino che collega la sfera superiore a quella inferiore è Gesù il Cristo. Egli attinge alle infinite possibilità della mano del Padre e riversa queste possibilità di grazia e di abbondanza sui figli. Attraverso Cristo Gesù, fluisce nel mondo finito e limitato la grazia infinita ed eterna di Dio. Nel regno della costrizione irrompe il regno della possibilità. Nel regno della paura fa irruzione il regno della gioia. Nel regno della maledizione, entra, glorioso, il regno della benedizione.

E tutto attraverso Cristo Gesù.

Solo chi ha fede, solo chi guarda a quel piccolo forellino attraverso cui fluisce la benignità di Dio, comprende e riceve la salvezza.

Ora però sia chiara una cosa: tra il paradigma della scarsità e quello della abbondanza non c’è semplicemente un diverso approccio psicologico. E neppure il semplice ostacolo del peccato individuale. Qui a costituire una barriera c’è anche il peccato sistemico. Un peccato che usa  gli stati d’animo psicologici non meno che le leggi della economia, per generare ansia, diffidenza, inimicizia e guerra.

Noi ci siamo concentrati per secoli sul peccato individuale di “egoismo” e accumulo. Ma c’è un peccato di egoismo scritto nei trattati internazionali e nelle leggi della finanza. Non basta cambiare la propria mentalità individuale. Bisogna che ci si converta al paradigma della gioia e della condivisione, anche a livello politico, economico, sociale… E’ quel che solitamente chiamiamo, la ricerca del bene comune.

Tutti ne mangiarono dunque e ne avanzarono 12 ceste. Numero che indica non spreco ma completezza, inclusione, perfezione: tutto Israele, tutta la chiesa, tutto il mondo.

Ma il segno non viene compreso dalla gente. Essi vogliono mettere le mani addosso a Gesù. Vogliono sì farlo re, ma del Regno della potenza umana, del regno dell’accumulo, e quindi secondo il paradigma delle scarsità.

Gesù si sottrae. E quando tornano a lui per avere di nuovo il miracolo della moltiplicazione, egli offre come “segno” questa volta un discorso sul mangiare la sua carne e bere il suo sangue, che scandalizza i giudei. Il segno della moltiplicazione per i cinquemila, è dunque l’annuncio di un diverso paradigma che è quello che regola il Regno di Dio: una nuova mentalità, in tutti gli ambiti della vita.

Adesso vorrei dare la parola ad Anna per ascoltare il suo racconto della sua recente visita in Zimbabwe

Secondo me questa storia conferma quella della moltiplicazione delle risorse: 20 euro al mese per far studiare un bambino in Zimbabwe, da noi non bastano neppure a comprare lo zainetto all’inizio dell’anno scolastico. La nostra condivisione diventa opportunità moltiplicata per molti.

E tuttavia, la storia ricorda, con una certa amarezza, che noi continuiamo a vivere in questo regno della scarsità e della insufficienza, perché c’è un peccato sistemico. La economia del mondo rigenera continuamente separazione e squilibrio, mentre alcuni si prodigano a colmare il gap.

Il punto nel quale l’infinito irrompe nel finito e la grazia sostituisce la miseria, ha un nome e una storia: il nome di Gesù e la sua storia di dono di sé. Abbiamo però ancora molta strada da fare per convertirci a lui, come persone, come Stati, come economia mondiale.