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Piccola resistenza spirituale

Testo: Daniele 1,8

Quando penso al libro di Daniele, ciò che mi viene in mente, prima di ogni cosa, è l’episodio dei suoi tre amici, Sadrac Mesac e Abednego nella forance ardente, o dello stesso Daniele nella fossa dei leoni. Esempi di indomito coraggio della fede, premiati da un miracoloso intervento divino.

Ovviamente, in quanto tali, queste storie sono tanto lontane dalla mia condizione di vita, in cui, grazie a Dio, non sono esposto a simili pericoli.

Alla luce di questi pensieri, si potrebbe sorvolare sul testo di Daniele 1, in cui non è narrato nulla di estremo, né di eroico. Eppure esso non è affatto privo di utili provocazioni per la meditazione:

1.      Daniele e i suoi amici si confrontato con la realtà dell’esilio e dell’Impero. Però, mentre nei capitoli successivi si manifesta apertamente il volto brutale dell’impero Babilonese, qui la situazione si presenta diversamente.

I giovani sono individuati come intelligenti, meritevoli, di buone maniere, e per questo vengono avviati agli studi (minilaurea di tre anni), corso accelerato di lingua caldea,  per poi essere inseriti in un lavoro diplomatico nella casa dell’imperatore. Nel frattempo possono nutrirsi di tutto ciò che si mangia alla mensa del re, vino compreso. 

Viene da pensare che se un imperatore sa prendersi cura così bene di giovani stranieri deportati, in fondo dobbiamo trovarci dinanzi ad un buon impero. Forse meglio integrarsi, lasciarsi assimilare  del tutto. Dimenticare Giuda, il tempio e pure la religione e dedicarsi alla prosperità di Babilonia. Come vita da deportati, quella di Daniele e dei suoi amici non è niente male, non vi pare?

2.      Ogni impero, anche il più brutale, ha un volto persuasivo, convincente, perfino perbene. Esso solitamente, prima di sfoderare le armi della tracotanza, e della prepotenza, sa presentarsi col vestito della domenica, con i discorsi pieni di buon senso e di premura per i sudditi.

3.      L’unica cosa che accade in questo capitolo, che genera una qualche inquietudine nel lettore è il cambiamento dei connotati di questi figli degli israeliti. Viene loro cambiato il nome. E’ bene che non resti niente di quel retaggio e quella cultura di origine. L'integrazione e l'assimilazione coincidono.  Ma in fondo non è quello che facciamo anche noi con tante persone che hanno nomi impronunciabili nella nostra lingua e ai quali diamo nomi più familiari?

4.      Daniele e i suoi amici, non sembrano contrari. Sono ragazzi in gamba e sono contenti che in Babilonia viga la meritocrazia. Con le loro abilità e la loro voglia di farsi valere, faranno sicuramente carriera. E infatti…

Ma ecco il “ma” di tutto il capitolo, sta in quel "Daniele prese una decisione in cuor suo". Cioè, una decisione intima, interiore. Il testo ci fa intendere che questa decisione sia intima ma non intimistica, perché essa viene condivisa dagli amici. Essi decidono di non mangiare altro che legumi e di non bere altro che acqua.

Ora noi sappiamo che la legge ebraica non prescriveva il vegetarianesimo. Anche se probabilmente, onde evitare contaminazioni con la modalità di macellazione della carne (con o senza sangue), era meglio mettersi al riparo. Insomma quel che colpisce qui è che il testo voglia rendere chiaro che la disponibilità alla integrazione di Daniele e dei suoi amici arrivava solo fino ad un certo punto.  Tra integrarsi e diventare conformisti, infatti corre una differenza sostanziale. Daniele e i suoi amici non intendono cedere all'Impero lo spazio della loro interiorità e della loro fede in Dio.

L’ambito della fede e della sottomissione a Dio, unico vero Signore, è esclusivo. Daniele e i suoi amici lo mettono a riparo dalla ingerenza dell’Imperatore che vuole decidere tutto: presente e futuro, cibo e comportamenti.

5.      Siccome il capo degli eunuchi è preoccupato che i ragazzi deperiscano, c’è questa prova di 10 giorni che dimostra che la alimentazione scelta dai giovani è addirittura più salutare della dieta dell’imperatore.

Senza questo capitolo 1 non sarebbe comprensibile il coraggio di Daniele e dei suoi amici che si manifesta in quelli successivi. La resistenza nasce da un comportamento contro-culturale che evita la totale assimilazione. E’ una modalità soprattutto di autodisciplina, mediante la quale riserviamo uno spazio esistenziale soltanto a ciò che crediamo in ultima analisi vero e al di sopra di qualsiasi ideologia dominante.

In questo vedo anche la grande attualità del testo.

Noi viviamo nel cuore dell’impero. E come cristiani sappiamo anche di essere “stranieri” in questo mondo. Tuttavia, molti di noi, non se la passano poi così male. Alcuni godono di una certa agiatezza e si sentono sostanzialmente garantiti nei loro diritti.

E, d’altra parte, questo impero,  mostra spesso il suo abito elegante. Non viviamo in un regime totalitario e brutale e, nutriamo speranze di miglioramento per il prossimo futuro.

E anzi, con sincera simpatia, esortiamo gli stranieri che vivono nelle nostre porte a integrarsi e divenire parte del nostro paese.

Ma mi chiedo, qual è l’equivalente della dieta di Daniele per noi?

Noi non siamo cristiani perseguitati, benché sappiamo che ce ne siano tanti anche nel nostro tempo. Tutto si risolve nell’andare in chiesa la domenica, leggere la Bibbia, pregare, dare aiuto a qualcuno in difficoltà, sostenere economicamente la nostra chiesa. Piccole cose. Niente di eroico, nessun rischio per la nostra incolumità e per il nostro stile di vita.

Eppure, sembra suggerirci il testo di questa mattina, in queste piccole cose c’è la differenza tra integrazione e assimilazione, tra partecipazione a questo mondo e diventare parte acritica del sistema.

Che succede se una domenica non vengo in chiesa? Niente!

Che succede se per un po’ non prego? Niente

Che succede se per un po’ non leggo la Bibbia? Niente!

Eppure nella graduale perdita di questi pochi elementi costitutivi della nostra spiritualità e della nostra fede, c’è un mondo di differenza. E si vede. Certe volte senti parlare i cristiani con lo stesso disprezzo, razzismo, cinismo che caratterizza l’Impero, e ti rendi conto che l’Impero sta vincendo anche dentro i nostri cuori…

Questa mattina, la Parola del Signore, ci sfida a prendere una decisione interiore.

Come protestanti, sappiamo che la nostra salvezza è soltanto per grazia mediante la fede. Noi non siamo migliori degli altri. Ognuno di noi vive alcuni compromessi. A volte ci appaiono più gravosi di altre volte. Non possiamo fare tutto ciò che vorremmo. Il Sistema esercita il suo potere di condizionamento anche sulla nostra vita.

Ma qui, in questa piccola comunità che siamo, il Signore ci offre uno spazio, per poter preservare la nostra libertà. Qui possiamo esercitarci in quella piccola resistenza spirituale che fa la differenza tra l’essere cristiano e il non esserlo più.

Non sottovalutiamo il nostro essere presente la domenica.

Non sottovalutiamo il nostro leggere da soli e insieme agli altri la Parola di Dio.

Non sottovalutiamo il piccolo sacrificio economico che facciamo perché la nostra chiesa continui ad esistere ed essere sostenibile.

Prendi, fratello e sorella, la giusta decisione in cuor tuo. Decidi di non consentire a nessuno di occupare il posto che nella tua vita spetta solamente a Dio e crescerai in bellezza e sapienza. Parola di Daniele! Parola di Dio.