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Il cristiano davanti al frigorifero

Testo: Esodo 16

Viviamo della grazia di Dio. Questa fra le più antiche lezioni che ci viene da questa pagina della Scrittura. Un testo fondativo di significato per la vita di tutti noi. Cos'è? man hu'? E' pane, pane disceso dal cielo.

Ma percorriamo a volo di uccello questa pagina. Comincia con una lamentela. Persone che appena acquistata la libertà rimpiangono i vecchi tempi. Della serie, eravamo schiavi sì, ma sazi. Vecchi tempi, appena trascorsi e già idealizzati. Le pentole piene di carne erano degli egiziani, agli schiavi erano riservati gli avanzi e tuttavia, dal bisogno si creano i miti... E la morale  è, allora come ora, la libertà è impegnativa, ti mette in moto, ti responsabilizza. E dunque qui, nel testo, non c'è ancora un popolo libero ma un orda di ex-schiavi abituati a piangersi addosso, non ancora capaci di cercare insieme soluzioni creative ai problemi, ma pronti a gettare le colpe sugli altri. Il vecchio e sempre attuale meccanismo del capro espiatorio. Mosè ed Aronne, siete voi che ci avete condotto qui per farci morire! Da salvatori della patria ad aspiranti stragisti! Una bella carriera.

A questa prima grossa crisi  risponde la pazienza di Dio, a sua volta, in ultima analisi, l'accusato per eccellenza. "I vostri mormorii non sono contro di noi, dice Mosè giustamente, ma contro il Signore". E allora il Signore dona cibo: quaglie, per una notte, ma soprattutto e per 40 anni, la manna. Cibo che sfama un'intera moltitudine mattina dopo mattina. Pane donato dal cielo.

Prima riflessione, se ci pensiamo tutto il cibo è manna. Tutto il cibo essenziale per la nostra vita, insieme all'acqua,  viene dal cielo, dalla mano generosa di Dio che, con le parole di Gesù "fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti" (Mt 5,45). Non viviamo d'altro che di questa generosità che non viene meno e che è solo da amministrare. Perché da questa antichissima ed esemplare pagina biblica dobbiamo ricevere un altro insegnamento e cioè che quello che proviene dalla generosa costanza di Dio va rispettato, amministrato, non accumulato, non sprecato, lavorato e condiviso. Il pane disceso dal cielo, la manna, va raccolta ogni giorno non secondo la capacità lavorativa di ognuno, ma secondo i bisogni. Non è possibile accumularla pena il suo disfacimento. I giovani e gli anziani possono prenderne diverse quantità secondo le proprie forze lavorative ma poi si condivide fra quelli "della propria tenda". L'autore annota infatti:  nessuno ne ebbe troppo o troppo poco. Ogni giorno si raccoglie. Ogni giorno ci si ricorda della grazia di Dio e questa grazia si attende dal giorno successivo. La manna non può intrinsecamente diventare misura di potenza e superiorità di uno su un altro, la manna è per tutti e per ciascuno, ogni giorno. Ma la manna va anche lavorata e resa pane. Raccolta, impastata, cotta e alla fine condivisa. Ecco la misericordia di Dio che per 40 anni rese vivibile una terra arida ed inospitale, il deserto.

Ma cosa ha da dire a noi una pagina come questa?  Cosa abbiamo in comune noi con questa moltitudine di ex schiavi in fuga? Poco davvero, almeno in apparenza. Se mettiamo una di fronte all'altra una scena di beduini accampati in un deserto e una foto di consumatori occidentali davanti a un frigorifero pieno di ogni ben di Dio, ci chiediamo se possiamo anche noi trarre qualche lezione da questo testo o se per caso sia ormai troppo lontana da noi. La sfida che ci viene dalla Parola di Dio va accettata anche questa volta ma abbiamo da accollarci la responsabilità di colmare il divario storico e culturale che esiste fra quella pagina e quelle dei nostri quotidiani.

Penso di declinare questa parola per noi con alcune brevi tesi:

·   il cibo che è grazia sempre ma anche frutto del lavoro umano va profondamente rispettato;

·   il cibo non va accumulato per ragioni di interesse personale, cioè non si deve perdere di vista lo scopo primario del cibo che è quello di rispondere ai bisogni primari delle creature di Dio;

·   il cibo non va sprecato;

·   il cibo è nutrimento per tutti  e va condiviso secondo i bisogni di ciascuno/a;

·   nella produzione di cibo e quindi nel lavoro deve esserci sempre il diritto al riposo, cioè il riconoscimento della dignità di tutti e cioè il lavoro non deve mai diventare una nuova forma di schiavitù.

Le tesi sono tutte collegate fra loro e forse la parola su cui è indispensabile riflettere in questa parte del mondo è rispetto, rispetto per il cibo e lotta allo spreco. Ogni anno in Italia 5 milioni di tonnellate di alimenti vengono buttati via, 49 chili all'anno per famiglia, pari a 8 miliardi di euro. E questa montagna diventa cinque volte più grande se si aggiungono i prodotti lasciati sul campo (1,4 milioni di tonnellate), lo spreco nella trasformazione industriale (2 milioni di tonnellate) e quello nella distribuzione commerciale (300mila tonnellate).

La storia della manna ci aiuta a riconsiderare il cibo come grazia di Dio indispensabile alla vita che non va sprecato ma è anche un'occasione per ringraziare Dio oggi, proprio nel giorno in cui cerchiamo di ricordare e fare un bilancio della nostra vita e attività comunitaria.

Noi siamo il popolo di coloro che sanno che tutto è grazia a partire dal cibo quotidiano per il quale ogni giorno preghiamo e ringraziamo prima di mangiare. Ma noi siamo anche il popolo dei cristiani per il quale Cristo è il vero pane che è disceso dal cielo. Anche questo pane è pura grazia per noi, ma ricordiamo che per chi lo ha mandato esso è stato un dono prezioso dal valore inestimabile. Siamo chiamati a riconoscere questo immenso dono della grazia e a non considerarlo come scontato.

Questo parallelo fra pane-manna e pane-Gesù, che il Signore stesso ha fatto, non ci turbi. Stiamo attenti a non considerare poca cosa quello che Cristo ha fatto per noi come a volte siamo indotti dalla società in cui viviamo a considerare poca cosa il cibo. Siamo chiamati a non sprecare i doni della grazia così come siamo chiamati a non sprecare il pane.

Il dono della manna per quella moltitudine fu un segno della misericordia di Dio da non dimenticare mai più.

Anche noi siamo chiamati a non dimenticare tutto quello che  il Signore ci ha dato nella vita e anche in questo anno di vita comunitaria. Abbiamo apprezzato la libertà di cui godiamo o abbiamo più spesso trasformato la nostra giornata in un'occasione per lamentarci? Abbiamo considerato il dono immenso della vita che ogni mattina abbiamo ritrovato aprendo gli occhi? Abbiamo rispettato il desiderio di Dio di amministrare i suoi doni con giustizia? Abbiamo tenuto conto delle priorità che l'Evangelo ci ha indicato? Abbiamo vissuto condividendo i nostri doni con gli altri? Abbiamo amministrato bene il nostro tempo, le nostre risorse, le nostre energie, o le abbiamo sprecate? Tutti noi abbiamo da fare davanti a Dio la nostra confessione di peccato, nessuno escluso.

Che Dio ci dia lucidità e nuova consapevolezza. Dal suo perdono si riparte ogni volta. Ancora pura grazia! Grazie Signore!