Questo sito web utilizza cookie per fornirti la migliore esperienza di navigazione.

La scala e la promessa

Testo: Genesi 28,10-21

Qui troviamo Giacobbe fuggiasco.

Fugge certamente dal fratello Esaù, il quale ha espressamente detto che è pronto a fargliela pagare con la vita. E’ stato ingannato due volte dal fratello, ma l’ultima ha avuto proprio il sapore di una beffa.

Fugge, probabilmente, anche da se stesso, dai suoi sensi di colpa. Da quel nome che è divenuto un destino: il soppiantatore!

L’essere fuggiasco lo trasforma in un esule. Lontano dalla sua terra, lontano da Rebecca, sua madre.

“Giunse in un certo luogo…” il luogo di un fuggiasco è un non-luogo. Il fuggiasco scappa via da un posto che ha nome e connotati, ma non sa verso cosa va. Non ha una meta. Non ha un progetto. Non ha altra ambizione, almeno per il momento, che sottrarsi a chi lo vuole acciuffare.

Il fuggiasco è uno spaesato, nel senso letterale: non più un paese, non più un orientamento.

E’ l’effetto di una colpa, è la conseguenza di scelte scellerate, che i luoghi e le persone che potevano essere, ed erano state nostra protezione, adesso sono una minaccia, sono luoghi inospitali.

Chi si è trovato così nella vita sa quanto sia vicina questa posizione al perdersi.

Quando si diventa apolidi, e dunque senza fissa dimora, si è vicini a diventare abusivi, clandestini, ma non più e non semplicemente rispetto ad un paese o città, ma rispetto alla vita stessa.

Questo non è solo uno stato esistenziale, ma anche la condizione politica di milioni di persone nel mondo, la cui vita è minacciata da un passato che non vuole passare o dalle ombre dei propri stessi errori.

Il cuscino di un abusivo è di pietra e le stelle sono la sola sua coperta. La vita si fa dura e l’aria gelida.

Giacobbe si addormenta. Ed ecco un sogno.

Il sogno non è una riflessione. Il sogno non é la lucida conclusione di un ragionamento diuturno.

Al contrario, esso è l’emergere di immagini e parole, mentre le proprie difese si abbassano.

Il sogno in questione è tra i più famosi della Bibbia. Rappresenta una delle esperienze mistiche più intense della Scrittura.

Una scala che collega il cielo con la terra e dei messaggeri di Dio che salgono e scendono da essa.

Dalla cima della scala, poi, una voce, quella di Dio, che conferma, espande e personalizza una promessa.

Ma cominciamo dal sogno. Che significa?

Innanzitutto, il primo e più autorevole esegeta di questo sogno è Giacobbe stesso. Egli riconosce in quel sogno un messaggio davvero rassicurante e inatteso: Dio è in questo luogo. Dunque, Dio è qui con me.

Da questo momento, da questo sogno, Dio non è solo il Dio di Abramo e di Isacco, ma diviene anche il Dio di Giacobbe, e non per il fatto che Giacobbe sia il figlio di Isacco, ma perché egli ne ha fatto esperienza.

“Dio è in questo luogo”. E questo luogo non è più anonimo. Adesso ha una sua riconoscibilità. La dura pietra da cuscino di un improbabile riposo, diviene stele della memoria. Su di essa è impressa la parola che Dio ha pronunciato.

Il cielo non è più senza la terra e la terra non è più senza il cielo.

Se il fuggiasco vive dentro la crepa di una terra che si è aperta e minaccia di inghiottirlo, l’uomo raggiunto dalla promessa, è posto nel luogo della grazia perché quel luogo adesso è “porta del cielo”.

L’immagine è efficacissima.

La scala segna una via dove non c’è via. La scala è ponte che collega una sponda che non ha ancoraggio: il cielo. Il miracolo che il sogno richiama è perfino più grande di quello del Mar Rosso.

Ma attenzione, bisogna che lo si riconosca.

Un sogno, in fondo, cos’è? Un vago pensiero che svanisce sul far del giorno e che spesso ricordiamo solo per qualche momento e poi si dissolve come la nebbia del primo mattino.

Un midrash ebraico racconta di due ebrei che attraversano il Mar Rosso, mentre Dio lo ha aperto per dare una via di fuga ad un popolo di schiavi. Essi hanno lo sguardo basso: sentono il terreno fangoso sotto i piedi e si lamentano per la fatica che fanno a camminare. Non alzano lo sguardo e dunque non vedono i sue muri d’acqua che hanno aperto quella strada. Resta solo il mugugno.

Se si può attraversare il Mar Rosso senza accorgersene, si può sognare una scala che unisce terra e cielo, senza comprenderne il reale senso.

I messaggeri di Dio salgono e scendono: la scala è trafficata. Ma la scala non sta li per una scalata! Essa non è l’ennesimo delirio di Giacobbe a costruirsi una posizione con la sua intelligenza o con la sua scaltrezza.

Qualcuno ha detto che i messaggeri portano al Signore le preghiere degli umani e che Dio consegna ai messaggeri le profezie e le sue volontà per le persone. E’ una lettura suggestiva. In fondo che cos’altro è una preghiera se non un ponte ardito tra la terra e il cielo? E cos’è una preghiera esaudita, se non una briciola di grazia, discesa dal cielo?

Per noi cristiani questo sogno è di pregnanza anche evangelica.

Vi ricordate l’ultimo versetto del primo capitolo di Giovanni?

“In verità, in verità vi dico che vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul figlio dell’Uomo”.

Questa scala non è solo quella che Dio ha usato per mandare i suoi angeli per farci conoscere la sua volontà e per rispondere alle nostre preghiera, ma è la scala discesa da Cristo stesso, che è nella forma più intensa Dio con noi, Emanuele.

Dov’è Dio dunque? Sulla terra, in un santuario? O in cielo, sopra le nuvole? La terra non è il luogo di Dio.

Ma il Dio del cielo, è il luogo della terra. (Oppure: la terra trova il suo vero luogo soltanto in Dio).

Non meno importante della immagine del sogno, sono però le parole del Signore:

Benché Giacobbe non le meriti, le parole sono di grazia, sono una buona notizia:

C’è una conferma: la terra e la progenie. La promessa si rinnova di generazione in generazione. Ma ciascuno ha il bisogno di sentirla nuovamente.

C’è una espansione universalistica: “tutte le famiglie della terra saranno benedette”. Qui sembra esserci una risposta per Isacco. Isacco aveva capito che una benedizione non poteva che essere per uno solo. E che se è data ad uno, non ne rimane per un altro. E’ una maniera molto umana di intendere la benedizione. Ciascuno vorrebbe che la benedizione fosse appagamento del proprio desiderio e, pazienza, se questo va a detrimento di qualcun altro.

Adesso la benedizione è espansa, dilatata.

In Cristo sappiamo che la vera benedizione è soltanto quella per tutti. Come la speranza, la benedizione non si lascia tagliare. La storia è piena di guerre, di scoperte e di vittorie che sono state benedizione per l’uno e maledizione per altri.

Ma in Cristo non è più così. La benedizione è indivisibile, perché Dio “ha così tanto amato il mondo!”

Sarà bene che i cristiani se ne ricordino quando fanno salire al cielo le loro preghiere. Se esse non sono purificate dai nostri egoismi e dalle nostre piccinerie, non si eleveranno oltre il soffitto di casa nostra. Non si troverà un messaggero disposto a portarle!

Ma poi c’è anche una promessa per Giacobbe. Una promessa personale: Sono con te, ti proteggerò e ti ricondurrò.

Parole più dolci del miele per un fuggiasco. Se uno che fugge sa che c’è una via di ritorno, ha già smesso di essere un fuggiasco. E’ trasformato in un pellegrino che tornato a casa potrà ricordare con gratitudine quanto il Signore gli ha elargito.

I meriti di Giacobbe? Nessuno direi. Se non quello di aver riconosciuto che quello non era un sogno qualsiasi. E di esserselo appuntato. Una pietra, un memoriale, per non dimenticare. Un episodio da raccontare a figli e nipoti, da incidere sulla pietra e consegnare alle future generazioni. Perfino la sua promessa finale è qualcosa di imbarazzante, infarcita com’è di tanti “se”. Quale contrasto tra le promesse inaspettate e immeritate di Dio e le nostre condizioni e i nostri personali tornaconto …  La religione degli uomini resta sempre claudicante! “Di tutto quello che mi darai, certamente ti darò la decima…”

E così sappiamo cosa è la decima: la risposta moderata, e non richiesta, al dono inestimabile di Dio. E pensare che noi spesso non siamo capaci neppure di quella!

Se vivi la terra senza il cielo. Se hai dimenticato Dio e sei totalmente assorbito dalle preoccupazioni e dalle tue colpe, ecco un sogno tonificante, ecco un luogo dove trovare te stesso: Bethel. Se vivi la tua spiritualità eludendo la terra e vivi il mondo materiale come una prigione, ricorda che la scala è piantata sulla terra e che non c’è altro modo di essere fedele al cielo che essendo fedele alla terra.

Se fuggi da qualcosa, o fuggi da te stesso, lascia che Dio ti trovi e ti raggiunga nuovamente con la sua Parola, discesa, fatta carne, per la tua salvezza. la tua promessa di fede, ma non dimenticare che non hai alternative ad essere benedizione per tutti, non solo per la tua famiglia, non solo per il tuo paese e non solo per la tua generazione.