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Andate! ... Proprio noi?

Testo: Matteo 28,16-20

Il Vangelo di Matteo fu scritto per  una comunità disorientata, dubbiosa, smarrita. Il suo autore non voleva semplicemente scrivere una storia di Gesù, simile a quella già scritta da Marco integrando nuovo materiale a sua disposizione, ma il suo compito principale fu pastorale e missionario. La sua chiesa era stata molto probabilmente costretta a spostarsi dalla Giudea in Siria in seguito alla  guerra giudaica. In quegli anni tutta la comunità ebraica viveva un’enorme crisi e cercava di riorganizzare la propria vita religiosa senza il proprio centro  di culto che era il tempio di Gerusalemme. E proprio in quegli anni le cose erano complicate per tutte e due le comunità, quella ebraica e quella cristiana, perché per entrambe  si poneva il problema dell’identità confessionale, delle relazioni reciproche e di come impostare il futuro.

La frattura radicale e definitiva fra chiesa e sinagoga avverrà purtroppo intorno all’85dC . Matteo scrive il suo Vangelo qualche anno prima di quella data.

Da quello che scrive e da come lo scrive si capisce che la sua chiesa era in crisi rispetto alla sue radici, si sentiva in difficoltà rispetto agli ebrei non cristiani, e si sentiva piccola ed isolata in un mare di gente di fedi diverse.

Per premura pastorale Matteo scrive il suo Vangelo che rimane poi uno degli scritti più importanti di tutto il Nuovo Testamento. Certo non possiamo qui elencare tutti i punti forti del messaggio lungo, complesso e articolato che a volte può anche apparire contraddittorio che Matteo propone ai suoi, possiamo soltanto prendere il testo che avete scelto per iniziare la vostra riflessione, un testo che ne rappresenta il punto più alto e quello che con più chiarezza indica ai suoi una chiara prospettiva. Ed è quello che molti hanno chiamato  “il grande mandato” . Il testo da dove tutto è partito e da dove tutto è ripartito nella storia delle chiese cristiane. Ma è anche importante che queste parole vengano lette nel contesto dell’intero Vangelo.

Il monte

Queste parole furono pronunciate su un monte della Galilea sul quale Gesù aveva inviato i discepoli. Matteo conosce molto bene il significato simbolico del monte nella Bibbia. Abramo ricevette la conferma della promessa di benedizione proprio su un monte. Mosè ricevette la legge che segnava l’alleanza fra Dio e il suo popolo sul monte. Prima di morire dalla montagna vide la terra promessa anche se non poté entrarvi. Poi c’è il costante richiamo agli alti luoghi, i monti dove fumavano i sacrifici agli dei cananei, quindi monti come luoghi di tentazione e peccato. E tutti questi richiami al monte sono nel vangelo di Matteo molte volte e in momenti cruciali. Nell’ultima delle tentazioni è Satana che porta Gesù sul monte e, cercando di ingannarlo, gli offre potere, fama e ricchezze in cambio del suo ossequio. Gesù rifiuta affermando il primo comandamento: solo a Dio rendi il tuo culto. Poi c’è il discorso che Gesù fa sulla montagna in cui completa, adempie, reinterpreta e radicalizza la legge di Mosè. Poi c’è il monte della trasfigurazione dove Gesù conversa con Mosè ed Elia e Dio pronuncia le parole: “Questo è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto, ascoltatelo!” e il suo viso e i suoi vestiti divennero folgoranti di gloria. Poi c’è il Monte degli ulivi, il monte della notte dell’anima, il monte della solitudine, dell’agonia, della riproposizione drammatica dell’incomprensibile volontà di Dio, la vigilia della croce. Ed ecco ora Gesù risorto che dà appuntamento ai suoi sul monte in Galilea, forse si intende lo stesso monte del suo sermone. Monte come orizzonte ampio di benedizione, come conferma di alleanza, come vittoria sulla tentazione, monte della rivelazione,  monte dell’insegnamento e infine monte dell’invio. Come Mosè, più di Mosè.

Adorazione e dubbio

Nel Vangelo di Matteo la fede, perfino l’adorazione si intreccia sempre con il dubbio e la poca fede. Qui emerge forte la realtà pastorale della chiesa che è spesso divisa. Una chiesa che è tentata dalla severità di chi si sente rigidamente osservante della legge e che quindi tende al giudizio verso chi è più debole. Una chiesa che ha bisogno di sentirsi dire: Non giudicate, affinché non siate giudicati… e anche che ha bisogno di vincere il pericolo di ipocrisia non soltanto dall’esterno (i farisei) ma dall’interno: O come potrai tu dire a tuo fratello: Lascia che io ti tolga la pagliuzza dall’occhio, mentre la trave è nell’occhio tuo? Una chiesa che deve imparare a crescere insieme come un campo di grano mescolato con la zizzania in cui non è possibile operare la divisione senza distruggere l’intero tessuto comunitario. I discepoli adorano e dubitano. Quanto ci somigliano! Questa la comunità nascente, il nucleo “forte” dal quale tutto deve avere inizio. Da questa gente di poca fede, che ha paura quando sente il mare in tempesta, vede Gesù dormire e la barca oscillare pericolosamente. Da questa gente di poca fede che ascolta Gesù risorto parlare, e adora e dubita, Gesù inizia tutto. Matteo sembra dire: quel gruppetto di uomini fuggiaschi e smarriti erano proprio come siete voi ora. Credete e dubitate. Sapete che Gesù è risorto ed è il Signore, avete davanti a voi il mondo intero, guardate a voi stessi e dite: Ma chi, proprio noi?

Gesù avvicinatosi a loro

Prima del sermone sul monte “i discepoli si accostarono a lui”. Qui è l’opposto, è Gesù che si avvicina , che accorcia quella distanza che si era prodotta, fra rinnegamento e perdono, ma anche fra morte e nuova vita. Gesù si avvicina e parla loro E in quelle parole c’è tutto. In quelle parole in Matteo c’è ascensione e pentecoste, c’è vicinanza, c’è presenza, c’è grazia. Tutto semplicemente. Sobriamente. In mezzo a fede mista ad incredulità.

Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra

Queste parole sono scolpite per sempre a contro canto con la proposta che sul monte altissimo Satana gli fece: tutto questo ti do se ti prostri e mi adori. Qui è affermato un potere molto più grande, un potere che dalla terra abbraccia anche  il cielo. E’ quell’autorità di origine e qualità diversa che già chi aveva conosciuto e ascoltato  Gesù prima, conosce e riconosce vedendola divinamente confermata nel Risorto. Gesù riceve un potere che non è stato mai merce di scambio, compravendita di dignità con nessuno. Il potere e l’autorità di figlio gli viene data per la sua obbedienza, perché non di solo pane è vissuto ma di ogni parola che è proceduta dalla bocca di Dio, perché non la sua volontà ha fatto ma la volontà del Padre, anche quando andare fino in fondo senza vendersi mai a nessuno ha comportato umiliazione, sofferenza, tradimento e morte. “Sia fatta la tua volontà anche in terra come è fatta in cielo”. Questa frase del Padre nostro la troviamo soltanto in questo Vangelo e Gesù ha vissuto questa preghiera facendo in terra la volontà di Dio, avvicinando così la terra al cielo. 

Andate dunque…

Ecco l’importanza del monte, lo sguardo che si allarga. La piccola chiesa spaventata e disorientata a cui Matteo scrive è simile a questi undici discepoli che hanno vissuto lo spaesamento, che sono ancora pieni di dubbi misti a gioia. Andate dunque… come Dio disse ad Abramo… Va’… accompagnato dalla mia benedizione e dalla mia promessa. Come Dio disse a Mosè: Va’, hai una missione grande da compiere, va’ perché io sarò con te. Andate… sì voi proprio voi, gente di poca fede. Il mondo è grande, è ostile e deludente, voi siete disorientati su tante questioni e siete anche quattro gatti, eppure io mando proprio voi per fare la differenza nel mondo.

E’ accaduto tutto: Gesù ha operato per amore vostro, è morto per il perdono dei peccati, è risorto per starvi vicino sempre, dunque… ora tocca a voi.

Come discepoli riceviamo tre mandati: fare discepoli, battezzare e insegnare ad osservare tutte le cose che vi ho comandate.

Fare discepoli, rendere anche altri discepoli di Gesù.

Battezzare, non è l’imposizione di un nuovo rito per sostituirne di vecchi, ma la possibilità di un nuovo inizio, nel nome di Gesù risorto, nell’amore di Dio Padre, nella forza, nella creatività, nella direzione dello Spirito.

Non insegnando teorie e dottrine ma insegnando a fare le cose che Gesù ha insegnato.

C’è una concretezza in questa proposta:

C’è da imparare a dire dei sì e dei no, c’è da discernere cosa vale la nostra vita e cosa no, c’è da giudicare cosa viene prima e cosa viene dopo e agire di conseguenza. C’è da fare quello che Dio vuole. Qui c’è il problema dell’obbedienza. Che nel nostro tempo non è una virtù. Ma qui non si propone obbedienza a un’autorità gerarchica, non obbedienza ai cesari che gli imperi in tutti i tempi hanno proposto. Obbedienza a Dio e al nostro Signore, Gesù Cristo. Perché non c’è fede senza obbedienza. Perché la fede senza obbedienza è una caricatura di se stessa. Come diceva Bonhoeffer “Solo chi crede obbedisce, solo chi obbedisce crede!”.

Noi siamo disorientati. C’è un mondo intorno a noi che non riusciamo a capire, che sembra impazzito e oscuro. Noi stessi sembriamo disadattati, siamo ammutoliti, e per questo possiamo rischiare di rinchiuderci in camera nostra protetti dietro ad uno schermo,  possiamo in qualche caso rifugiarci nelle nostre piccole chiese, nei nostri gruppi di appartenenza. E arrenderci.

Ma Gesù ci conduce sul monte, lo stesso che ci ricorda che nella vita ci sono dei sì e dei no che vanno detti, che ci ricorda il manifesto del sermone sul monte che è una sfida a fare la volontà di Dio che è integrità ed amore, anche per il nemico, che è decidere di dare priorità al Regno e la sua giustizia su ogni altro calcolo, su quel monte Gesù si mostra quale è, il Signore, il Figlio di Dio e per questo dobbiamo ascoltarlo, ma non solo ascoltarlo ma fare la volontà di Dio come la fece lui. Abbiamo bisogno di salire su quel monte e aprirci ad una visione grande che abbraccio il mondo intero. Quello è il mondo che Gesù ama e verso quel mondo grande ci manda. Come pecore in mezzo ai lupi, disarmati. E’ ancora valida quella parola? Abbiamo ancora una missione da compiere? Così pochi? Così dubbiosi?

Sì, i cristiani sono cristiani, discepoli, seguaci, quindi seguiamo.

C’è un’ultima parola: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dell’età presente.

Non è una parola consolatoria per quando siamo a casa tristi e scoraggiati, è la promessa di un sostegno nel pericolo e nella solitudine della missione. Questa è una promessa che è legata ai rischi della missione. Io sono con voi, come con Mosè. Io sarò con te, non ti lascerò, non ti abbandonerò. Prendiamo sul serio entrambe le parole, il mandato ad andare e la promessa della sua vicinanza. Gesù ci sfida, la sua parola da allora non si è affievolita, in questo mondo, proprio in questo, Dio in Cristo ci chiama per mandarci. Chi manderò? Chi andrà per noi?

Eccomi – disse Isaia – e poi Pietro, Giovanni, Maddalena, Maria, Tommaso, eccomi manda me!

amen