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Sermone di Pasqua

Testo: Marco 16,8

Esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro, perché erano prese da tremito e da stupore; e non dissero nulla a nessuno, perché avevano paura”.

Sapevate che secondo i più antichi manoscritti, il Vangelo di Marco finisce qui? La maggioranza degli studiosi sostiene che questa non poteva essere la vera conclusione. Nessuno, infatti, concluderebbe uno scritto letteralmente  con: "avevano paura, (le donne), infatti”. Si ipotizza che la vera conclusione sia andata perduta e che la conclusione che abbiamo adesso sia un tentativo successivo di colmare il vuoto.

In verità il Vangelo di Marco non è solo singolare per come finisce, ma anche per come comincia:"Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, figlio di Dio...". Alcuni dicono che questo sia un richiamo all’inizio di Genesi: "Nel principio"; altri, che, per Marco questo sia il titolo all'intera sua opera.

La mia proposta è che in queste parole ci sia un  deliberato teologico che riguarda in particolare la Resurrezione. Lo riassumerei così: Pasqua è il "passaggio" dall'essere spettatori ad essere attori.

Nel lungo racconto della Passione, il lettore è spettatore. E' uno spettatore non solitario, perché è accompagnato da diversi personaggi del Vangelo.

"Le donne guardavano da lontano..." (15,40)

Pietro rinnegandolo aveva preso le distanze da lui, dicendo: "Non conosco quell'uomo di cui parlate!" (14,71)"Allora tutti lasciatolo se ne fuggirono"(14,50).

Tutti, tutti, compreso noi, siamo spettatori. Ma che tipo di spettatori?

Siamo spettatori colpevoli.

Certo nessun magistrato umano e nessun codice penale, avrebbe potuto condannare i discepoli per la morte di Gesù, a maggior ragione nessuno potrebbe condannare noi che siamo lontani nello spazio e nel tempo da quegli avvenimenti!

Ma non essere perseguibili legalmente non diminuisce la colpa che può restare grande.

Come i discepoli, come le donne, come Pietro, anche noi restiamo spesso a guardare.

Essere spettatori del male che si consuma, mancare di intervenire in solidarietà con chi subisce ingiustizia, è una colpa grave. Ed essere spettatori non è soltanto una condizione, ma spesso è anche una scelta. Si arretra nella posizione dello spettatore, proprio per non immischiarsi, per salvare se stessi.

Quando Paolo dice "Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio", parla non di uno stato morale occasionale, ma di questo stato inglorioso, miserevole dell'essere umano, per il quale anche quando non siamo materialmente perpetratori del male, siamo comunque complici rispetto ad esso. Qui c'è qualcosa su cui meditare anche per il nostro tempo. Pensate a quanto siamo spettatori oggi. Potremmo dire che la vita di molti di noi è passare da uno schermo ad un altro; dal telefonino, al computer, alla televisione. Siamo tutti "dietro uno schermo", siamo tutti "schermati", protetti dalla enorme sofferenza che le autostrade telematiche ci rendono presente in tempo reale.

Le parole dell'antico poeta, rendono chiara questa colpa del "salvare se stessi" al di qua dello schermo, come spettatori:

"Bello, quando sul mare si scontrano i venti e la cupa vastità delle acque si turba, 
guardare da terra il naufragio lontano: non ti rallegra lo spettacolo dell'altrui rovina, 
ma la distanza da un simile sorte". (Lucrezio, De rerum natura).

Siamo anche spettatori impotenti

Ma, ed ecco l’obiezione che ci sale dal cuore: dinanzi a tali disastri, a tali atti violenti, a tali guerre, che possiamo fare? L'impotenza ci rattrista, ci deprime. Rischia ogni giorno di trasformarsi in cinismo. Ecco che mandare l'sms di solidarietà, o accogliere le altre proposte che ci vengono dal  “circo della solidarietà televisiva” ci aiuta a placare almeno per un po’ il nostro senso di impotenza.

Ma serve a poco.

Ma stamattina, cari fratelli e sorelle, come risuonò quella mattina per le donne e i discepoli colpevoli e impotenti nel loro “guardare da lontano”  risuona anche per noi l'annuncio della resurrezione di Cristo.

Questo è un annuncio di gioia. Ci vien detto che Dio ha conservato per sé l'ultima parola sulla vita di Cristo e questa parola è vita non morte, nuovo inizio e non fine.

Quando però dobbiamo fare un  passo ulteriore e dire qualcosa in più di questa resurrezione a questa società distratta e scettica, siamo impacciati. Non sappiamo che pesci prendere.

La tomba era vuota e un uomo vestito di bianco annunciò che Gesù era vivo. Ma, sappiamo benissimo che una tomba vuota non è una prova, ma solo un indizio e che un uomo vestito di bianco, non è, necessariamente, una teofania.

Che strano! Il punto su cui convergono tutti i fili narrativi del Vangelo di Marco, non sembra essere un "punto fermo" ma piuttosto “un punto e a capo!". 

E allora mi chiedo: Se la sospensione fosse una deliberata provocazione dello Spirito di Dio, per dirci: "ecco adesso ci vuole un seguito” ... scrivilo tu!". Questo è l'inizio del Vangelo, fatti tu stesso sua conclusione!"

"Inizio del Vangelo di Gesù Cristo", confermerebbe  allora il deliberato che "Marco" è storia aperta”. Esso aspetta che ciascuno di noi vi aggiunga l’annuncio di resurrezione, non più come semplice spettatore di un dramma di dolore e di ingiustizia, ma come attore, come "testimone" di vita nuova che si oppone alla violenza e all’ingiustizia e ne annuncia la sconfitta.

Continua tu il racconto, allora! Tu sei il testimone di resurrezione! Quanto Cristo ha fatto per te, la sua presenza nella tua vita, il tuo cammino col Risorto, costituiscono le prove inconfutabili che non stiamo imbalsamando un cadavere, ma stiamo testimoniando del Vivente.

Nella passione, spettatore colpevole, certo.  Spettatore davanti al quale Cristo si è fatto "spettacolo" per il mondo. Ma adesso, qui, sulla soglia di questo "infatti" non conclusivo può finire la paura e cominciare il coraggio; può finire la tristezza e cominciare la gioia. Qui smettiamo di essere spettatori per diventare attori di evangelizzazione.

Il Vangelo continua in noi e Cristo vive. La prova?  La fine della tristezza passiva dello spettatore, per diventare uomini e donne, senza paura, che vanno incontro al futuro e al mondo nuovo di cui la resurrezione di Gesù è primo atto.

Ecco, allora, il mio augurio pasquale di quest'anno: "Bucate lo schermo!".

Accettiamo di farci attori protagonisti della speranza in questo mondo. Non più spettatori silenziosi e neutrali, non gente spaventata che scappa, ma annunciatori e attivisti di una logica ribaltata. Dalla paura al coraggio. Dalla fine all’inizio. Dalla morte alla vita. Dall’oscurità alla luce. Dal dolore alla gioia. Questa è Resurrezione!