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Essere grandi nel servizio

Testo: Marco 10, 35-45

A quanti di noi pensano che l'inclinazione a occupare le poltrone del potere e a non mollarle mai, sia vizio tutto italiano, questo testo viene a risollevarci. La propensione ad aggrapparsi ai posti di fianco al vincitore ha una sua antica testimonianza già in questa pericope.
"Maestro, desideriamo/vogliamo  che tu faccia per noi quello che ti chiederemo" ...
"Concedici di sedere alla tua destra e alla tua sinistra nella tua gloria!".

Ma i maliziosi non si riescono mai a tacitare! Per cui ecco chi sostiene che Giacomo e Giovanni fossero di origini italiane, almeno per parte materna. E la prova, secondo questi detrattori e maldicenti delle virtù italiche, si troverebbe nella versione, della stessa storia, nel Vangelo di Matteo:

"Allora la madre dei figli di Zebedeo si avvicinò a Gesù, con i suoi figli, prostrandosi per fargli una richiesta. Ed egli le domandò: "Che vuoi?" Ella gli disse: "Di che questi miei due figli siedano l'uno alla destra e l'altro alla tua sinistra, nel tuo regno" (Matteo 20,20s)

A parte gli scherzi,  il racconto testimonia una vicenda che non fa certo onore a questi due discepoli.
Essi dimostrano, in primo luogo, di essere  duri a capire.
Ecco infatti, cosa aveva detto Gesù, pochi versetti prima, per la terza volta,
«Noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell' uomo sarà dato nelle mani dei capi dei sacerdoti e degli scribi. Essi lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, i quali lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e l' uccideranno; ma, dopo tre giorni, egli risusciterà». (Marco 33,34)

Dunque loro ancora parlano di "Gloria" (e Matteo di "Regno"), come qualcosa di definito secondo i canoni del potere umano. Ancora non hanno capito.

Se invece, a questo punto, avessero almeno in parte capito, la loro richiesta, assomiglierebbe ad una cinica domanda di spartizione del potere proprio in vista della morte di Gesù e sarebbe ancora più triste. La richiesta assomiglierebbe, ad esempio, a quella del figlio che dice al proprio genitore di fargli dono di quel tal oggetto prezioso, mentre il padre o la madre stanno lottando con una grave malattia dall'esito incerto.

In ogni caso, dunque, questa richiesta è ritenuta oltraggiosa anche dagli altri discepoli, i quali, riferisce il testo "cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni".
 
E' già tutto scritto qui il copione di mille dissidi ecclesiastici, avvenuti nei secoli;  giustificati talvolta da questioni teologiche, ma riconducibili, molto spesso, ad una lotta per il potere anche dentro la chiesa.

E' molto probabile che Marco, raccontando questa storia, ci dia una anticipazione profetica di quel che capiterà da lì a poco:  Gesù verrà crocifisso in mezzo a due ladroni (a destra e a sinistra) e la soldataglia si  dividerà le sue vesti tirandole a sorte.
Questa è la "gloria" di Gesù. Giacomo e Giovanni pensavano, evidentemente, ad un'altra gloria e ad un altro regno. Ma il gioco delle profezie involontarie che troviamo nel racconto della passione in Marco, non finisce qui. Gesù risponde alla richiesta, spiegando, ancora una volta, che loro non sanno quel che  chiedono.
"Potete voi bere il calice che io bevo o essere battezzati del battesimo del quale io sono battezzato?".

E' evidente che Gesù parli di un calice amaro e di un battesimo di sacrificio. Ma i nostri due eroi, ancora ignari, rispondono baldanzosi "Si. Lo possiamo". Tragica profezia!

In Atti 12, 1,2 è scritto:
In quel periodo, il re Erode cominciò a maltrattare alcuni della chiesa; e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni.

Di Giacomo dunque, sappiamo, con certezza, che fu un discepolo che diede la sua vita  a motivo della sua fede e dunque, alla fine, egli davvero bevve lo stesso calice e fu battezzato dello stesso battesimo.

Quella proposta indecente dei due discepoli, apriva lo scenario della solitudine di Gesù che si realizzerà attraverso tradimenti, rinnegamenti e abbandono dei discepoli e un processo farsa da parte delle autorità giudaiche e romane. Ma questa è anche la maniera con cui Marco predica alla chiesa, avvertendola del carattere particolarmente distruttivo di questa gara a primeggiare, ad avere i posti di riguardo, in sintesi, della corsa al potere dentro la chiesa cristiana.

Gesù, ancora una volta con pazienza, impartisce ai discepoli una lezione fondamentale.

"Egli, chiamatili a sé, disse loro...". Il regno e la gloria di Gesù, la vera grandezza di Gesù e dunque dei suoi discepoli sta in una diversa scala di valori: "Il più grande tra voi sarà come vostro servitore. E chiunque tra voi vorrà essere primo sarà servo di tutti".

Questa è la vera grandezza.

A questo punto lascio volentieri la parola a Martin Luther King, il quale, un mese esatto prima di bere il suo calice amaro, predicò un sermone su questo testo nella sua chiesa di Atlanta,
e ad un certo punto disse:

"Gesù trasformò la situazione dando una nuova definizione di grandezza. E sapete cosa disse? Disse: «Fratelli, io non vi posso dare la grandezza. E a dire il vero io non posso rendervi primi». Questo è ciò che Gesù disse a Giacomo e Giovanni....
La vera grandezza non viene dai favoritismi, ma dall'essere pronti. E la destra e la sinistra non mi appartengono, appartengono a coloro che sono pronti.
Quindi Gesù ci diede una nuova norma di grandezza.
Volete essere importanti... magnifico. Volete essere riconosciuti... magnifico. Volete essere grandi... magnifico. Però riconoscete che colui che è più grande tra tutti voi sarà colui che vi serve. E' questa la nostra nuova definizione di grandezza. E questa mattina, quello che mi piace di questa definizione di grandezza è che questa implica che tutti possono essere grandi. Perché tutti possono servire.
Non è necessario avere una laurea per servire. Non è necessario non fare errori di grammatica per servire. Non è necessario conoscere Platone e Aristotele per servire. Non è necessario conoscere la teoria della relatività di Einstein per servire. Non è necessario conoscere il secondo principio della termodinamica per servire. Basta un cuore ricolmo di grazia. Un'anima rigenerata dall'amore. E si può servire.

Conosco un uomo, -prosegue King- e voglio parlare di lui soltanto per un momento, e scoprirete di chi sto parlando, perché quest'uomo fu un grande.
E la sola cosa che fece fu servire. Nacque in un oscuro villaggio, figlio di una povera contadina. Poi crebbe in un altro oscuro villaggio, dove lavorò come falegname fino ai trent'anni. Poi per tre anni si mise in marcia e fu predicatore itinerante. E allora si mise a dare soccorso alle persone. Non possedeva molto. Non scrisse mai un libro. Non ricoprì mai un incarico importante. Non ebbe mai famiglia. Non possedette mai una casa. Non frequentò mai l'università. Non andò mai a visitare le grandi città. Non si allontanò mai più di 200 miglia da dove era nato. Non fece mai quelle cose solite che il mondo associa alla grandezza. Non aveva altre credenziali che se stesso. Aveva trentatrè anni quando l'opinione pubblica gli si rivoltò contro. Lo chiamarono mestatore. Lo chiamarono sobillatore. Lo chiamarono istigatore di folle.
Ma Lui praticava la disobbedienza civile; eludeva le ingiunzioni. Fu quindi consegnato ai suoi nemici e dovette affrontare la derisione di un processo. E l'ironia di tutto ciò fu che tutti i suoi amici lo consegnarono ai suoi nemici. Uno dei suoi amici più intimi lo rinnegò. Un altro dei suoi amici lo consegnò (letteralmente) ai suoi nemici. E mentre lui moriva, quelli che lo uccidevano tiravano a sorte i suoi vestiti, la sola cosa che possedesse al mondo. Dopo la sua morte fu sepolto in una tomba presa a prestito, per l'atto di pietà di un amico. Sono passati diciannove secoli, e oggi è lui la figura più influente che sia mai entrata nella storia dell'uomo. Tutti gli eserciti, tutte le flotte, tutti i parlamenti e tutti i re messi insieme non hanno influito sulla vita dell'uomo su questa terra quanto la sua vita solitaria. Il nome di quest'uomo vi è forse familiare?
Oggi  sento che parlano di lui; ogni tanto uno dice: «E' lui il re dei re». E poi sento uno che dice: «E' lui il principe dei principi». Altrove un altro dice: «In Cristo non c'è Oriente né Occidente». E continuano a parlare di lui... «In lui non c'è né Nord né Sud, ma una sola grande comunione nell'amore da un capo all'altro del mondo». Non possedeva nulla. Semplicemente andava per il mondo a servire, a fare del bene."

Oggi, cari fratelli e sorelle, chi si ricorda più i nomi dei Faraoni, di tanti Imperatori  del Sacro Romano Impero, e di tanti capi di Stato e dittatori che hanno conservato il potere mediante il terrore?
Ma il nome di Cristo, ancora oggi, dopo tanti secoli, ogni volta che viene nominato e invocato, fa tremare i cuori dalla emozione ai poveri che aspettano il riscatto, e fa tremare le gambe dalla paura a tutti quelli che sono terrorizzati di perdere il potere.

Volete essere grandi? Bene! Ma questa è la vera grandezza. Serviamoci gli uni gli altri, e saremo grandi per il Regno dei Cieli!