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Danzare con l'oceano

Testo: Matteo 9,57-62

Gesù più esigente di Elia e più intransigente del Faraone?

Potrebbe essere questo il titoletto della nostra pericope, invece che il più asettico "Come seguire Gesù"

Infatti, fratelli e sorelle,  vi ricordate l'episodio in cui Elia rivolse ad Eliseo la chiamata a seguirlo?

Bene, Eliseo chiese ad Elia di andare  "a dare un bacio al padre e alla madre, prima di seguirlo". Ed Elia glielo concesse.

E nell'episodio conclusivo del libro della Genesi, in cui si parla di Giuseppe, il patriarca,  chiese al Faraone di poter avere il permesso di andare a seppellire suo padre Giacobbe in terra di Canaan. E il Faraone glielo concesse.

Non così nel nostro testo, in cui la sequela di Gesù, non lascia spazio a nessuna altra attività, anche la più nobile e umana di questo mondo, come seppellire il proprio padre, che si interponga o abbia la pretesa di venire prima del discepolato.

Fateci caso, sembra che le parole di Gesù siano dette di proposito per scoraggiare le persone.

Non c'è nessun discorso seduttivo, o fondato sul magnetismo carismatico, che pure Gesù doveva possedere, per persuadere le persone a mettersi al suo seguito. Ma semmai delle avvertenze: Essere cristiani non è un lavoro per deboli, per indecisi.

I primi ad essere selezionati per l'esclusione, sono quelli che usano espressioni tipo "Tengo famiglia". Si dice così come giustificazione e alibi del proprio disimpegno. Si dice così per disertare dal fare ciò che è giusto e necessario anche a costo personale.

Sicuramente il discepolato cristiano non è cosa da conformisti. Come chi si preoccupa di mimetizzarsi, cercando, come fa il camaleonte, di prendere i colori del ramo su cui si trova. 

I pavidi, che temono di non essere accettati dagli altri, si sforzano, nei comportamenti, nel vestirsi, nel mangiare,  di fare come fan tutti. 

Perciò, alla luce di questi versetti,  non c'è nulla di più paradossale che potesse capitare alla chiesa cristiana che diventare conformista, chiesa di Stato, religione civile di un popolo.

La famiglia è, sì,  molto importante, non vogliamo negarlo, ma il "familismo" è una maniera miope e asfittica di vivere la nostra fede.

Gesù non si illude e non ci illude.

I versetti che abbiamo letto si trovano alla fine del capitolo 9. Ma nello stesso capitolo Gesù comunica ai discepoli che il suo andare verso Gerusalemme è un viaggio verso il respingimento e la morte:

"Bisogna che il Figlio dell'uomo soffra molte cose e sia respinto dagli anziani, dai capi sacerdoti, dagli scribi, sia ucciso e risusciti il terzo giorno". E' cominciata la quaresima!

Ma non è tutto. Nello stesso discorso Gesù dice ai discepoli: "Chi vuol venire dietro a me, rinunzi a se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua".

Ovviamente qui non c'è nessuna esaltazione della sofferenza in quanto tale, ma la semplice constatazione, a tutti nota, che chi si impegna realmente per la pace e la giustizia, in maniera nonviolenta, come ha fatto Gesù, subisce le stesse conseguenze.

Ascoltate questa esperienza fatta da Martin Luther King in una sera del gennaio 1956, durante la campagna di boicottaggio degli autobus di Montgomery. King torna a casa la sera tardi. Tutti dormono e lui prima di andare a letto va a riscaldarsi la cena. Era molto scoraggiato. La sua casa era stata bombardata e solo per una casualità, la moglie ed i figli erano usciti indenni. Più volte al giorno giungevano telefonate minatorie che annunciavano nuove azioni contro di lui e contro la sua famiglia.

"L'atmosfera era densa di dubbi e di pericoli molto reali e King, seduto sfinito nella cucina della sua casa, disse a Dio di non essere in grado di continuare da solo. "Sono qui e prendo posizione per ciò che ritengo essere giusto -disse- ma ora ho paura. La gente mi chiede di guidarla e se io mi presento ad essa senza forza e senza coraggio, anch'essa vacillerà. Sono alla fine delle mie forze. Non mi rimane nulla. Sono al punto di non poter affrontare la situazione da solo"- Nella cucina di King, o comunque a lui parve così, entrò allora "la presenza del Divino", ed egli credette di udire "la tranquilla assicurazione d'una voce interiore che gli diceva: Prendi le difese della giustizia, prendi le difese della verità e Dio sarà al tuo fianco per sempre". Bennett pg 79.

Il discepolato, in certe circostanze della vita, può richiedere sacrificio e a molti cristiani nella storia è costato perfino il sacrificio estremo. Se andiamo al seguito di Gesù, lo seguiamo verso la passione.

Nulla di più contrario alla teologia della prosperità, e a tutti i suoi diversi travestimenti, per la quale diventare seguaci di Gesù ci porterà tanta fortuna, tanta prosperità materiale e tanti riconoscimenti in questo mondo e la vita eterna nel mondo a venire.

L'altro aspetto, a questo collegato, è che il discepolato è rinuncia ad esercitare il totale controllo sulla nostra vita.

Quella del "controllo" è una vera e propria ideologia del nostro tempo, che nella vita di alcune persone diventa sovente una ossessione. Per alcuni avere la propria vita sotto controllo significa, inevitabilmente, controllare anche la vita degli altri, specie dei più vicini.

C'è uno slogan pubblicitario di uno pneumatico che dice: "Il potere non è nulla senza il controllo" ed io aggiungerei "non c'è potere più grande del controllare ogni cosa".

E' quello che Zigmunt Baumann chiama "il regime di sorveglianza".

Una tendenza capillare a spiare gli altri, per essere certi di essere noi stessi protetti da tutte le evenienze.

Ma si tratta di un mito, anzi direi di un idolo che rischia di tiranneggiare e distruggere tutte le nostre relazioni.

Gesù dice a quelli che si candidano alla sequela e a colui che lui stesso chiama, di rinunciare al controllo della propria vita. Sempre al capitolo 9, nei primi versetti, nel mandare i dodici in missione disse loro: "Non prendete nulla per viaggio, né bastone, né sacca, né denaro, e non abbiate tunica di ricambio."

Stabilire una relazione con Gesù significa sapere di non essere garantiti da altro che dalla sua presenza.

Trovo descritta mirabilmente questa condizione della rinuncia al controllo di ogni cosa, in un passaggio del monologo di Alessandro Baricco, intitolato "Novecento", in cui si parla di quest'uomo che è nato e che muore sul "Virginian" un piroscafo che fa la spola tra l'Europa e l'America, per condurvi quelli che emigrano in cerca di una nuova vita.

Così Tim Tooney che suonava la tromba nella band in cui Novecento suonava divinamente il pianoforte descrive il comportamento di Novecento durante una notte di burrasca sull'oceano :

"Nel bel mezzo della burrasca, con quell'aria da signore in vacanza, mi trovò là, perso in un corridoio qualunque, con la faccia di un morto, mi guardò, mi sorrise, e mi disse, "Vieni!".

Ora se uno che su una nave suona la tromba incontra nel bel mezzo di una burrasca uno che gli dice "Vieni", quello che suona la tromba può fare una sola cosa: andare.  Gli andai dietro. Camminava, lui. Io... era un po' diverso, non avevo quella compostezza, ma comunque... arrivammo nella sala da ballo, e poi rimbalzando di qua e di là, io ovviamente, perché lui sembrava che avesse i binari sotto i piedi, arrivammo vicino al pianoforte. Non c'era nessuno in giro. Quasi buio, solo qualche lucina, qua e là. Novecento mi indicò le zampe del pianoforte. "Togli i fermi" disse. La nave ballava che era un piacere, facevi fatica a stare in piedi, era una cosa senza senso sbloccare quelle rotelle.

"Se ti fidi, toglili".

Questo è matto, pensai. E li tolsi.

"E adesso vieni a sederti qua" mi disse allora Novecento.

Non lo capivo dove voleva arrivare, proprio non lo capivo. Stavo li a tenere fermo quel pianoforte che incominciava a scivolare come un enorme sapone nero...

...Se non sali adesso non sali più",  disse il matto sorridendo...

..."E adesso non aver paura".

E si mise a suonare...

...Ora nessuno è costretto a crederlo, e io, a essere precisi, non ci crederei mai se me lo raccontassero, ma la verità dei fatti è che quel pianoforte incominciò a scivolare, sul legno della sala da ballo, e noi dietro a lui, con Novecento che suonava, e non staccava lo sguardo dai tasti, sembrava altrove, e il piano seguiva le onde e andava e tornava, e  si girava su se stesso, puntava diritto verso la vetrata, e quando era arrivato ad un pelo si fermava e scivolava dolcemente indietro....

... E mentre volteggiavamo tra i tavoli, sfiorando lampadari e poltrone, io capii  che in quel momento, quel che stavamo facendo, era danzare con l'Oceano..."

La parola di questa mattina è un invito al coraggio di esistere, al coraggio di credere, al coraggio di mettersi alla sequela di un uomo "armato" solo di compassione e di verità.

Ma questa mattina vorrei che questa parola  raggiungesse i cuori e le vite di quelli tra noi che, in modo particolare, sono ossessionati dal bisogno di controllare ogni cosa. E di quelli che si illudono che sia possibile, perché altro non è che una illusione. Quando siamo così, siamo perennemente indecisi, timorosi, pavidi,  ci guardiamo indietro costantemente, perché temiamo sempre di aver perso qualcosa.

Chi vive così... non vive. E' come ingessato in un sarcofago che vorrebbe fosse la sua protezione, mentre in realtà è solo la sua prigione.

Vorrei che quelli tra noi che si riconoscono in questa descrizione, trovassero questa mattina, nella parola di Gesù, non una conferma alle loro paure, ma il coraggio di osare, lasciando a Cristo il controllo della propria vita.  Se lo faremo, se per una volta almeno ci riusciremo, assaporeremo cosa sia la vita nuova in Cristo e sapremo cosa significa "danzare con l'Oceano".