Questo sito web utilizza cookie per fornirti la migliore esperienza di navigazione.

La colletta per i cristiani di Gerusalemme

Il testo ci parla di una colletta dei cristiani di varie chiese, dalla Macedonia, a Corinto, in favore dei cristiani di Gerusalemme.

Presumibilmente la ragione doveva essere lo stato di bisogno di questa chiesa che è lontana, tanto lontana dai luoghi in cui la colletta viene raccolta. Molto di più non sappiamo. Quello che è chiaro è che questa raccolta si carica anche di un valore simbolico perché è quanto i credenti provenienti dal mondo pagano, di cultura greca e romana, sono chiamati ad offrire a credenti di origine giudaica. Per Paolo dunque essa è anche segno di un reciproco riconoscimento di cristiani molto diversi tra loro anche per spiritualità.

Per la comprensione del testo, ma anche in riferimento alla nostra situazione di oggi, e in particolare di questa mattina, mentre ci apprestiamo a fare una assemblea di consuntivi e preventivi finanziari, mi preme sottolineare alcuni aspetti che mi sembrano rilevanti:

a. Il principio cristologico: svuotamento e dono di sé

Questo è espresso nel versetto 9

"Cristo da ricco si è fatto povero per voi, affinché mediante la sua povertà, voi poteste diventare ricchi".

Quel che qui viene richiamato non sono tanto i racconti della nascita di Gesù, avvenuta, come sappiamo, in condizioni di  povertà, e neppure, principalmente, la vita di uomo semplice, che "non aveva neppure un posto dove posare il capo". Qui il riferimento, a mio avviso, è più chiaramente cristologico: è alla "kenosi" a quello "svuotamento" di cui ci parla l'inno contenuto in Filippesi 2:1-11. Qui ci si riferisce non alla opposizione ricchezza/povertà terrena, ma alla opposizione tra cielo e terra. Cristo lascia il luogo della sua autosufficienza, della sua compiuta ricchezza nei cieli, presso il Padre, per scendere sulla terra, quasi precipitandovi, spinto da un unico movente: incontrare l'umanità e riscattarla.

In questo senso il Ricco per eccellenza si fa Povero. La condizione umana per Gesù è la rinuncia ad ogni certificato di assicurazione, a motivo del rischio ineludibile dell'amore.  Egli lascia quel che gli appartiene in maniera esclusiva, per il bene di tutti noi, per la nostra salvezza.

Se posto in questa cornice, il nostro dare diviene risposta alla grazia e non dovere religioso. Ecco perché poco più avanti, Paolo dirà "Dio ama un donatore gioioso" (2 Cor:9,8). Qualsiasi altra modalità che non sia la gioia per la gratitudine di ciò che il Signore ha fatto per noi, svilisce l'offerta, la rende faticosa e la inscrive in una rubrica diversa che è quella dello scambio. "Io offro un contributo alla chiesa, ma la chiesa cosa mi da' in cambio?" "Pago, dunque mi aspetto di godere di alcuni servizi".

Se, invece, poniamo al centro del nostro dare questo principio cristologico, la nostra offerta sarà sottratta alla logica dello scambio per inscriversi in quella della gratuità. "Gratuitamente e abbondantemente abbiamo ricevuto, gratuitamente diamo."

b. Il principio ecclesiologico: congregazionalismo temperato

La colletta, per i santi di Gerusalemme, dice anche tanto della concezione della chiesa paolina.

Come sappiamo, quasi sempre quando si parla di chiesa nell'epistolario paolino, si fa riferimento ad una comunità concreta, ad una comunità locale. E' quello che noi chiamiamo "elemento ecclesiologico primario" . La chiesa non è una astrazione metafisica, essa si realizza (è un evento) dove ci sono persone concrete che vivono insieme la sfida che ha loro rivolto l'Evangelo. La chiesa è sempre quella definita da un luogo e da un tempo. Però, notiamo bene, che qui la colletta è per una chiesa, quella di Gerusalemme, remota. Si tratta di una chiesa che è molto distante (nello spazio, ma anche nella cultura).  E a quel tempo, inutile sottolinearlo, le distanze apparivano ben maggiori che oggi.

Dunque i credenti di Corinto si saranno potuti chiedere, e non senza ragione: "Questi nostri fratelli e sorelle, tanto lontani da noi, sono poi davvero più nel bisogno di quanto non lo siamo noi?"  Oppure: "Siamo sicuri che queste risorse saranno bene amministrate?", e ancora,  "Non c'è forse il pericolo che per sollevare il bisogno dei credenti che si trovano lì, si crei una condizione di bisogno qui?"

Il testo non ci riferisce di simili obiezioni da parte dei corinzi, ma sembra implicarle, perché nei vv. 20 e 21 si esprime l'impegno a incaricare per  questo compito persone fidate e oneste; persone la cui fiducia è stata verificata in altre circostanze. L'amministrazione è generosa e spontanea, ma è anche controllata e sottoposta a verifica, perché, nei limiti del possibile, si possa essere certi della buona causa a cui è destinato questo sforzo collettivo.

Sebbene la chiesa sia intesa come comunità locale,  non si esaurisce in essa: questa è la lezione ecclesiologica.  Il mondo non finisce col giardino della mia chiesa. La colletta genera un comune piano di cooperazione che costruisce unità, senso di reciproca appartenenza, partecipazione ad un comune progetto di missione.

c. La colletta dei poveri per i poveri: ovvero azionariato popolare

Paolo per incoraggiare i Corinzi a contribuire generosamente, fa notare che le chiese della Macedonia, (Tessalonica, Filippi, ecc) sono chiese "tribolate, provate e di estrema povertà" (v. 2).

Qui Paolo ci sta ricordando che il principio della solidarietà cristiana è fondato non tanto sulla elargizione di importanti offerte di persone abbienti, ma sul sacrificio (gioioso) di tante persone che combattono, a loro volta, ogni giorno, con problemi economici stringenti. Poveri che aiutano altri poveri.

La ricchezza di una comunità non sta, in primo luogo, nelle elargizioni consistenti dei più ricchi, benché queste siano sempre benvenute, ma in questa partecipazione diffusa,  "capillare" da parte  del maggior numero possibile di quanti hanno parte alla comunità: oggi parleremmo  in termini economici di azionariato popolare. 

I cristiani macedoni hanno chiesto loro stessi di partecipare alla colletta, e prima di offrire denaro, hanno dato loro stessi al Signore. Una chiesa che si regge sulle generose elargizioni di alcune persone più agiate,  è sempre in pericolo di entrare in crisi, anche grave, da un momento all'altro, quando queste persone, per qualche ragione, dovessero venire a mancare. Ma una chiesa di persone consacrate, che si sono date al Signore, e che partecipano insieme al sostegno economico della comunità,  possiede una migliore sostenibilità finanziaria

In questo senso è molto importante, cari fratelli e sorelle, aver cura di una buona pedagogia del dare. In alcune famiglie, ad esempio, i genitori insegnano ai figli anche a dare la  "decima" della paghetta che ricevono. Non sottovalutiamo un processo educativo che faccia comprendere alle nuove generazioni, che la libertà delle nostre chiese, di cui siamo fieri, passa anche attraverso lo snodo del loro sostentamento finanziario e di un piano di reciproca cooperazione.

d. Il principio di eguaglianza

Facendo riferimento all'episodio della manna durante l'Esodo, la quale era elargita nella misura del bisogno e non nella logica dell'accumulo, l'apostolo fa riferimento a questo principio di eguaglianza.

Vorrei esortarvi/mi fratelli e sorelle a custodire questa parola: eguaglianza. E' un termine contro corrente perché la cifra del mondo presente è piuttosto "squilibrio". 

Una volta ho letto che se Bill Gates dovesse pagare il biglietto del cinema con una cifra proporzionata al reddito di uno di noi, dovrebbe pagare un milione di euro per un posto a sedere.

Viviamo in un mondo di squilibri enormi, assurdi. Squilibri che riguardano  2,6 miliardi di persone che vivono con meno di due dollari al giorno e 1 miliardo che vive con meno di 1 dollaro al giorno.

Il sacrosanto diritto alla proprietà privata si è trasformato per mezzo delle così dette leggi dell'economia, in una privazione senza diritti per nazioni intere che sono sul lastrico.

Il principio di eguaglianza, cari fratelli e sorelle, ci ricorda che non esiste solo la proprietà di alcuni, privata agli altri, ma anche il bene comune, il mettere insieme le risorse, per compensare gli squilibri, per alleviare le pene, per consentire ad altri di avere qualcosa di quel che abbiamo noi. E nel nostro tempo, a confronto coi macedoni,  noi abbiamo in sovrabbondanza, fino al limite dello spreco.

Così mi viene ricordato, ed io ricordo a voi, che nella nostra chiesa raccogliamo abiti dismessi che possono essere distribuiti a chi è nel bisogno; che raccogliamo medicine non scadute; ma anche che abbiamo la necessità di avviare una dispensa alimentare per famiglie in difficoltà.  E questo solo per parlare dei poveri vicini a noi.

Conclusione

Come avrete già visto, nel bilancio preventivo sottoposto dal Consiglio a questa assemblea, c'è la previsione di un aumento delle entrate: sia delle contribuzioni mensili, che delle collette.

In un momento di crisi economica grave viene da chiedersi se questo non sia un atto temerario e un po' azzardato.  

Ma il Consiglio ha formulato questa proposta  pensando alla generosità dei poveri, della gioiosa donazione di chi da' prima se stesso/a e poi partecipa delle proprie risorse.

Il Consiglio ha seguito una riflessione che privilegia il bene comune al bene "privato". 

Il Consiglio ha voluto essere coraggioso non temerario. Esso non si è illuso con la speranza pusillanime di chi gioca la schedina, pensando di risolvere i problemi con le lotterie. Ma ha inteso puntare su voi, su noi, che siamo la vera risorsa della comunità. Quello che non si potrà per le donazioni dei pochi "ricchi", si potrà forse realizzare per la partecipazione dei molti "poveri".

Il Consiglio ha seguito un ragionamento non contabile, ma teologico e spirituale: se l'obiettivo è stringere legami di fraternità ed amicizia con altri cristiani e se l'obiettivo è la nostra comune impresa missionaria, siamo chiamati ad "osare" e siamo chiamati a credere che "colui che fornisce al seminatore la semenza e il pane da mangiare, fornirà  e moltiplicherà la semenza vostra e accrescerà i frutti della vostra giustizia"  (9,10).  Qui non c'è un comandamento sul dare, ma una promessa sul ricevere.

Focalizziamo la nostra  attenzione su quanto abbiamo ricevuto e riceviamo dal Signore e lasciamo che sia la gratitudine a guidare il nostro offrire.