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Gesù scaccia un demonio a Capernaum

La mia meditazione consta di tre punti:

1.  l’autorità di Gesù e la nostra;

2.  la reazione del demone;

3.  lo stupore degli astanti

L’autorità di Gesù.

La parola viene ripetuta per due volte in pochi versetti. L’evangelista Marco ne fa un motivo che accompagna la reazione nei confronti di Gesù in tutto il suo Vangelo.

Come si manifesta questa autorità? Gesù comanda lo spirito impuro, e questo non può far nient’altro che obbedirgli. Ma il testo sottolinea che anche il suo insegnamento è dato con autorità.

In questo caso è una autorità percepita, riconosciuta da quelli che lo ascoltano. Essi intuiscono che Gesù è uno che fa quel che dice e che dice quel che fa. La parola sulla sua bocca torna ad esser la parola di Dio creatore. Essa realizza quello che chiama. La parola è fattiva.

Altrove l’autorità di Gesù si esprime anche nel perdonare i peccati, come nel guarire malattie fisiche, sia croniche che acute.

L’autorità di Gesù sta a lui, come gli stanno le sue due nature, quella umana e quella divina. Ovvero l’autorità di Gesù gli è peculiare, la possiede in una maniera unica.

L’autorità di Gesù dice il suo messianismo. Rivela la sua natura di figlio di Dio, di Salvatore del mondo.

Nessuno dunque dovrebbe essere biasimato per non avere l’autorità di Gesù. Non è giusto e non è neppure sano nutrire aspettative che qualcuno abbia la sua stessa autorità. Anzi nessuno dovrebbe neppure provarci, perché sarebbe come usurpargli qualcosa che appartiene a lui, e soltanto a lui.

Non dovremmo neppure cercare l’autorità di Gesù in qualcun altro che non sia lui. Giocare a fare il Messia o giocare ad averne trovato uno, l’uomo della provvidenza, è un pericoloso, e talora può finire in tragedia, altre volte, in farsa.

La domanda a questo punto e se tra l’autorità di Gesù e nessuna autorità vi sia qualcosa di mezzo.

Se non possediamo, né possiamo cercare di avere, (poi come, con uno sforzo spirituale?), la sua autorità, possiamo però essere persone “autorizzate”.

Così ad esempio l’apostolo Paolo parla del suo apostolato. Egli non è neppure degno di essere chiamato apostolo, essendo stato un persecutore della chiesa e, secondo quanto gli rimproveravano gli altri, non aveva neppure conosciuto il Gesù storico.

Nondimeno egli rivendica la sua autorità, perché autorizzato dalla chiamata che Cristo gli ha rivolto, e fondata sul fatto che è stato fondatore delle chiese a cui manda le sue missive. Così può arrivare a dire: “Siate miei imitatori, come io lo son di Cristo!”. L’autorità del cristiano è derivata. E’ l’autorità di parlare nel nome di Cristo.

Nelle nostre chiese, credo, siamo molto al chiaro che l’autorità di Gesù non possa e non debba essere ricercata in nessuno. Sarebbe un sequestro. Nessun pastore, vescovo o papa, possono pretendere di avere una autorità uguale, o anche solo avvicinarsi a quella di Gesù. Su quelli che ci provano pende un sospetto. Perché sappiamo e a nostre spese, che in questi casi l’autorità si trasforma presto in autoritarismo, in prepotenza, in arbitrio.

Nelle nostre chiese i ministri sono “autorizzati”, scelti, vagliati, eletti, ma anche sfiduciati, o semplicemente non rieletti, dal popolo di Dio. Dunque la differenza qualitativa tra l’autorità di Gesù con quella di qualsiasi altra persona non può essere rinuncia a qualsiasi forma di autorità.

Non si può vivere senza.

Oggi viviamo una crisi profonda dell'autorità: da quella paterna o genitoriale, a quelle delle istituzioni, ad esempio.

E’  sconcertante vedere certi genitori, che per i loro comportamenti capricciosi, volubili, talvolta regressivi, non ricevono più alcun rispetto da parte dei figli. Viene loro ritirata l’autorizzazione! Questo sovente genera sbandamenti profondi, soprattutto negli adolescenti. Infatti abbiamo bisogno di persone, che per il compito che svolgono, o per le competenze che mettono in campo, siano autorevoli.

Tanto più questo vale per il mondo della politica e delle istituzioni. La pressoché totale sfiducia verso la classe dirigente, genera sospetto e atteggiamenti irriguardosi verso chiunque.  Vien a mancare così, anche nei cittadini il senso dello Stato.  Alla fine le uniche autorità che si riconoscono sono quelle repressive: la polizia, la magistratura. Ma non tanto perché vi si riconosca un valore simbolico, ma perché si teme il potere che esercitano. Non è l’autorità ad essere rispettata, ma il potere ad essere temuto.

Sarebbe importante capire anche come funzioni l’autorità in mezzo a noi: tra i ministri della chiesa, ma anche tra fratelli e sorelle di chiesa.

Siamo chiese formate di tante persone autorevoli, ciascuna per la sua competenza, o per un carisma spirituale ricevuto? Oppure siamo una comunità di persone che demoliscono continuamente l’uno l’autorità dell’altro, e magari ce ne facciamo un vanto, come se questo fosse segno della nostra democrazia?

Teologicamente, sappiamo di essere comunità di “autorizzati” non di autorità. Questa autorizzazione ci viene dall’evangelo. Siamo autorizzati a servire, non a comandare. Siamo autorizzati a renderci onore gli uni gli altri, non a screditarci alle spalle. Senza autorità non si vive bene, neppure in una chiesa, in una comunità di credenti. La buona salute di una chiesa non è che non vi siano autorità, ma che questa sia diffusa, per i diversi doni che lo Spirito elargisce e che ciascuno abbia riguardo al dono dell’altro 

La reazione dello spirito impuro

Lo dico sempre quando commento testi in cui si parla di esorcismi. Ma non importa. La cosa è da ricordare: I demoni sembrano essere nei vangeli quelli che hanno le idee più chiare su chi sia Gesù.

I demoni lo conoscono, lo riconoscono e lo temono. Gesù è il limite del potere dei demoni, come la riva lo è dell’Oceano. Questo può indietreggiare o avanzare un po’, ma oltre quella soglia non può andare. Per quanto sia grande il potere dell’Oceano e alte le sue onde quando è in burrasca, esso non può andare oltre un limite “assegnato”. Gesù è la riva, anzi la deriva dei demoni. Senza Gesù essi hanno un potere immenso nel cuore e nella vita delle persone. Possono lacerarle, straziarle, soggiogarle, possederle.

Ma quando arriva Gesù hanno i minuti contati.

“Sta zitto ed esci da costui!”: l’autorità di Gesù è il limite del potere del male.

I demoni sanno che Gesù è venuto per cacciarli via. Egli non viene a fare compromessi con loro. Né viene a proporre alleanze. Gesù viene a estrometterli. Nessun patto col Nazareno.

Questa, sì, che è una buona notizia. Non c’è nessuno in mezzo a noi, per quanto soggiogato dai demoni, che non possa essere liberato.  Davanti a Gesù, nessuno deve più dire rassegnato:

“Io sono fatto così”. Gesù dice alla potenza demoniaca che ci ha abitato: “Sta zitto ed esci da costui!”

“Sono drogato e quando sono in astinenza divento violento con chiunque. Non posso farci nulla”… “Sta zitto. Esci da costui!”

“Sono impulsivo e quando mi arrabbio pesto chiunque mi fa arrabbiare. Anche mia moglie. Son fatto così. Non posso farci nulla”: “Sta zitto ed esci da costui!”

Gesù mette a tacere il demonio che è in noi e ci libera da esso.

Il testo ci ricorda che questo processo non è indolore. Lo spirito impuro può cercare di straziarci in ogni modo pur di impedirci questa libertà. Egli riconosce l’autorità di Gesù, ma non accetta di buon grado di perdere la sua autorità sulla nostra vita.

Ma l’autorità di Gesù è incontrastabile. Nessun demonio può illudersi di farcela.

Lo stupore degli astanti

L’evangelista Marco sottolinea lo stupore dei presenti. E’ lo stupore per l’insegnamento autorevole di Gesù, è lo stupore per il potere che egli dimostra di avere nei confronti dei demoni.

Non so a voi, ma a me manca un altro stupore in questo testo: essi non si stupiscono che ci sia in mezzo a loro uno affetto da uno spirito impuro.

Vi ricordo che siamo in Sinagoga, di sabato, all’ora del culto. Essi non sembrano stupiti che ci siano in quell’ora, in cui si celebra la sovranità di Dio su tutti gli altri poteri, una persona posseduta.

Come mai?  Mi pare evidente: anche se in quell’uomo le forze di occupazione determinavano strazio e dolore, ognuno di loro doveva saperne qualcosa. Essi non erano sorpresi, perché ognuno di loro, secondo me,  seppure in forme non teatrali e clamorose, doveva sapere qualcosa sull’essere estraniati da sé.

Il quadro che emerge di questa sinagoga è desolante: scribi senza autorità e persone senza libertà.

Ci viene da chiederci: ma allora che ci andavano a fare in Sinagoga? Ci andavano. Ma non si aspettavano granché. Ci andavano, ma continuavano ad essere posseduti dai demoni della cultura dominante dell’epoca. Ci andavano accontentandosi di stare un po’ meglio, senza però credere che le loro malattie spirituali potessero realmente guarire. Si accontentavano di mettere dei fiori alle catene, piuttosto che vederle spezzate.

Il processo di liberazione, cari fratelli e sorelle, non riguarda solamente alcuni, sui quali si manifestano più chiaramente i sintomi del mal di vivere. Ma riguarda le alienazioni di cui siamo affetti tutti.

Domenica mattina, ore 11, chiesa battista: il posto è giusto e anche il momento è opportuno.

Ci conceda il Signore, davanti all'autorità di Gesù, di ritrovare la nostra, per essere uomini e donne liberate e strumenti noi stessi di liberazione.