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Noè camminò con Dio

Il racconto dell'Arca di Noè è caro a tutti noi ed è caro ai nostri bambini. Le ragioni sono tante. Influisce il fatto che i destini di umani e animali siano in questo racconto così strettamente collegati e questa è una sensibilità innata in noi ma che nei bambini è più presente che negli adulti. L'immaginarsi così vicini in una grande nave sbattuta dalle onde per giorni e settimane, la ristrettezza degli spazi, la precarietà del mezzo, la lunga convivenza forzata,  il protrarsi della crisi senza alcuna certezza dei tempi, sono soltanto alcuni elementi che hanno sempre sollecitato la fantasia di narratori ed artisti. E ancor prima del diluvio stesso, la comunicazione da parte di Dio a Noè delle sue intenzioni di giudizio e le istruzioni su come costruire una nave rifugio perché lui si mettesse in salvo con la sua famiglia e le specie animali, forniscono ancora altre suggestioni. La causa del giudizio? Un'umanità malvagia, corrotta e violenta. La via di salvezza, affidata ad una nave. Gli spunti per una riflessione collettiva su questo testo composito sono numerosissimi e troveremo in futuro occasione per tornarci anche nell'ambito dei nostri studi biblici. Ne cito soltanto alcuni: le storie di naufragi di questi mesi, la distruzione dell'ambiente per politiche fondate su violenza, corruzione e avidità; l'interconnessione fra tutte le creature e la responsabilità umana di preservare la biodiversità, il dovere di attrezzarsi per fronteggiare insieme le conseguenze delle azioni dissolute di un'umanità in rivolta contro Dio e contro se stessa...

 

Lungi dall'essere una storia ingenua e primitiva, questo racconto si dimostra essere una miniera di riflessioni su Dio, sull'umanità, sul creato nel suo complesso. Ma soprattutto qui – è parere di tutti i commentatori – è descritto il travaglio che avviene nel cuore stesso di Dio che vede la creatura umana tradire le intenzioni del suo Creatore, e il narratore biblico passare dal gioioso: “Dio vide che questo era buono” al suo contrario: “il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra”. Dio prende atto drammaticamente del fallimento del suo proposito di condividere con l'umanità la cura per il creato, di più, si afferma che “Dio si pentì di aver fatto l'uomo sulla terra” e per questo ne decise la distruzione.  In questo testo è la fede di Israele che dibatte sul tema del rapporto fra giudizio e misericordia. Similmente a quello che fanno i profeti tutti, ma particolarmente  Osea e Ezechiele (vedi ad es. Osea 11). Dio qui giudica e condanna  non a partire dall'ira ma dal dolore del suo cuore. Ma il narratore ci dice che a diluvio compiuto Dio non trovò soddisfazione, al contrario. Il diluvio fu vissuto da Dio come un grandissimo dolore. Dio soffrì insieme alla sua creazione e questo dolore fu così grande che Dio stesso prese la decisione di cui abbiamo accennato all'inizio del nostro culto che è riassunta nei versetti 21 e 22 del capitolo 8. Disse “Io non maledirò più la terra a motivo dell'uomo poiché il cuore dell'uomo concepisce disegni malvagi fin dall'adolescenza; non colpirò più ogni essere vivente come ho fatto. Finché la terra durerà, semina e raccolta, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte non cesseranno mai”. Questo è il patto con la nuova umanità sopravvissuta al diluvio, la decisione di disarmo unilaterale che Dio fece per amore di un'umanità che continuerà a tradire - di questo Dio ormai non ha più dubbi -  il suo mandato originario, la sua stessa natura di creatura. Dio depose per sempre – questo ci dice il testo – il suo arco di guerra nel cielo e questo sarà un segno di ricordo. Dio si ricorderà del suo impegno. E anche l'uomo e la donna, generazione dopo generazione, si ricorderanno che la loro vita dipenderà totalmente dalla misericordia e dalla compassione di Dio.

Dunque non fu per merito di Noè che Dio prese quella solenne decisione. No, questo è chiarissimo nel testo, fu un processo tutto interno al cuore di Dio.

Tuttavia nel racconto Noè resta un esempio e un motivo di incoraggiamento. Di Noè si dice che egli “fu uomo giusto, integro, ai suoi tempi”, e si dice ancora che “Noè camminò con Dio”. E poi che “Noè fece tutto quello che il Signore gli aveva comandato”.

 

Vengo ora a una parola che oggi è a malapena conosciuta che è “perseveranza”. Ho appena finito di leggere un libro scritto dal filosofo Salvatore Natoli proprio su questo termine che egli definisce come virtù. Virtù nel senso etimologico del termine. La  radice della parola greca per virtù (aretê) rimanda ad arte, quindi virtù come arte di vivere, di prendere decisioni e di renderne conto. Natoli della perseveranza fa una trattazione che qui posso soltanto accennare. Afferma che la perseveranza che è costanza, è mantenersi saldi, è durare nel tempo, è continuità nel bene soprattutto a fronte, contro e in mezzo alle difficoltà, è in questa società ignorata e poco valorizzata. Tutto oggi è volatile e precario tanto che sono considerate positivamente la flessibilità, la capacità di adattamento, la volubilità del desiderio (molto congeniale a coloro che su questo fanno affari). La perseveranza, come la fedeltà, è fuori moda, per così dire e la parola non si usa più.

Noè fu uomo integro, “ai suoi tempi”, aggiunge il narratore. Integro in tempi di corruzione e violenza significava proprio essere perseverante nel bene nonostante l'andazzo fosse l'esatto opposto. Fu uomo giusto e integro. E questo implicava altre “virtù” come il coraggio, la forza d'animo e la tempra morale, cioè la forza di carattere. Noè in quei “suoi tempi” difficili camminò non contro Dio, ma con Dio. E camminando fianco a fianco con Dio, Dio gli confidò i suoi piani e gli diede anche la via per salvarsi. Camminò con Dio nei fatti, fece cioè ciò che Dio gli disse di fare. Questo è anche un altro aspetto della perseveranza: non solo stai fermo sulle tue convinzioni ma questo si concretizza giorno per giorno con un “fare” di conseguenza.

Essere perseverante nel bene significa agire ogni giorno per esso.

Ora noi possiamo soltanto immaginare quale pazzia fosse considerata dai contemporanei di Noè la costruzione di un'imbarcazione sulla terra ferma e senza neppure una nuvola in cielo. Qualche  domenica fa abbiamo citato lo slogan di Steve Jobs “Stay hungry and stay foolish” e abbiamo parlato della promessa di Dio di mandare fame e sete della sua parola (stay hungry). Oggi parliamo invece di quella pazzia ostinata che può apparire la fede agli occhi dei nostri contemporanei (stay foolish). Come costruire una nave sulla terra ferma? Da quanta ilarità fu circondato Noè? E quanto tempo durò questa fede operante e perseverante a dispetto dei suoi detrattori? Quale opposizione dovette affrontare che proveniva da fuori?  E quanti dubbi dovette gestire provenendo da dentro? Oggi rimanere fermi nella fede continuando a credere nell'amore e nella cura di Dio e testimoniare della risurrezione, cioè del fatto che a Dio tutto è possibile, anche vincere la morte, mentre tutto sembra dimostrare il contrario è difficile! Ci vuole coraggio e forza d'animo. Oggi vivere la solidarietà mentre la filosofia dilagante è “pensa per te” e “fatti gli affari tuoi” è controcorrente. Bisogna avere una tempra morale per farlo. Oggi essere perseveranti nella fede ed operare scelte conseguenti non soltanto una volta ma ogni giorno è fuori moda. Oggi obbedire a Dio piuttosto che agli uomini quando le due obbedienze sono in contrasto l'una con l'altra è da pazzi. Ti dicono: Ma chi te lo fa fare? Ma ne vale la pena? Entrambe queste espressioni apparentemente banali portano un peso notevole. Chi te lo fa fare? Dovremmo essere pronti a dire che se ce lo fa fare Dio a noi basta.  E se ne vale la pena? Dovremmo dire che se  dobbiamo soffrire (portare una pena) per questa integrità, per questa perseveranza siamo pronti a farlo. Anzi, lo sapevamo, lo avevamo messo in conto, noi andiamo avanti lo stesso. Perseveriamo!

Noè fece tutto quello che il Signore gli aveva comandato. Così dice la parola di Dio. Così. Semplicemente. Si affidò a Dio, alla sua volontà e alla sua parola. Gli bastò.

Noi non siamo cambiati ma Dio ha compassione per noi, cioè soffre con noi e per noi e si è impegnato a preservarci in vita. Per questo lo celebriamo: Ti dirò grazie, ti benedirò!

Ma vogliamo anche prendere esempio da Noè che fu perseverante nonostante fosse controcorrente rispetto ai suoi tempi. Credette in Dio.  Ed agì per la sua fede, affrontando il ridicolo, la stanchezza, sconfiggendo il dubbio. Ogni giorno. Per la sua fede fu salvo.