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Diretta Facebook 21 marzo 2020

Da “Un giorno – Una parola” di oggi (21/03/2020 n.d.r.):

“Io  farò sì che la pace regni nel paese; voi vi coricherete e non vi sarà chi vi spaventi” (Levitico 26, 6)

“La pace di Dio , che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù”. (Filippesi 4, 6-7)

Due promesse che ci arrivano dai testi che “Un giorno una parola” ci dedica stasera. E sono promesse di pace:
Voi vi coricherete e non vi sarà chi vi spaventi.
La pace di Dio custodirà i vostri cuori.
Parole che sono un balsamo per i nostri animi scoraggiati e spaventati in questi giorni. Chi di noi non ha avuto il sonno disturbato dalle preoccupazioni. “Vi coricherete e non vi sarà chi vi spaventi”.
L’epidemia sembra non accennare ad alcun rallentamento e notizie ci raggiungono di persone care che non stanno bene, alcune delle quali sono migliorate e stanno guarendo, grazie a Dio, ma altre sono tutt’ora in condizioni critiche, per non parlare delle situazioni tristissime che ci lasciano senza parole. Quella per esempio di un nostro collega che  ha potuto sostare soltanto 3 minuti nel parcheggio di un ospedale di Genova per accompagnare con una parola e una preghiera un fratello deceduto insieme a pochi familiari presenti a distanza.

Le promesse di Dio sono parole aperte che trovano sempre adempimento ed è e sarà così anche per le promesse che ci sono ricordate in questi due testi.

Mi soffermo brevemente sul contesto del secondo testo. Se leggiamo il versetto immediatamente precedente Paolo scrive: “Non angustiatevi di nulla ma in ogni cosa fate conoscere  le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche , accompagnate da ringraziamenti.  E  la pace di Dio , che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù”.
La promessa di pace è collegata alla preghiera.

Ecco che tocchiamo il tema importante e difficile della preghiera. “Fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche, accompagnate da ringraziamenti”.
Nei momenti di crisi acuta sembra che la preghiera sia ridiventata qualcosa che almeno a parole interpella e forse coinvolge tanti che normalmente non hanno una vita di preghiera.
E in molti casi quello che attrae è riprendere una religiosità antica e caduta in disuso.
In una chat che condivido con i miei antichi compagni di scuola ho saputo che da qualche giorno nel Santuario del Carmine a Piazza Mercato a Napoli hanno tolto il drappo rosso dal Crocifisso lì esposto. E’ il cosiddetto “crocifisso dei miracoli”, lo stesso crocifisso che fu esposto nel 1656 per fermare la pestilenza e nel 1688 dopo un devastante terremoto. E’ un eccezione perché il crocifisso viene esposto solo nel periodo dal 26 dicembre al 2 gennaio. Riporta  il Mattino:  «La Chiesa al mattino è aperta, fino a mezzogiorno - dice uno dei religiosi - qualche fedele viene in preghiera, nonostante si debba rimanere a casa. Sentono il bisogno di raccogliersi in preghiera».
A parte il pericolo evidente di questa devozione che non commento, è chiaro che c’è un bisogno di preghiera che è legata come si vede in questo caso ad antiche credenze.
Per noi ovviamente cose del genere sono abbastanza indigeribili perché legate all’attaccamento a statue e simulacri del divino. Ma è soltanto un esempio di come nei momenti delle grandi paure la preghiera diventa una necessità e ciascuno lo fa come lo sa fare, tornando magari indietro nel tempo a quando erano bambini. Riprendendo preghiere quasi dimenticate, recitando rosari.

Altri vorrebbero pregare ma non sanno come farlo e allora cercano nel web video di persone che dicono parole confortanti o danno consigli spirituali. E spesso acriticamente accolgono qualsiasi cosa possa aiutarli a tenere sotto controllo la loro ansia. La preghiera come un ansiolitico.

Pregare è il mestiere dei credenti – disse Lutero -  ed è così, eppure dobbiamo riconoscere che in questo mestiere siamo e restiamo sempre e solo degli apprendisti.
Ma in questo essere e restare  discepoli/e abbiamo da chi andare: possiamo imparare da Gesù, da quello che ha fatto e da quello che ci ha insegnato.

Gesù visse la preghiera molto nella solitudine appartandosi e cercando nel segreto il dialogo con Dio. Lo faceva spesso. E così insegnò ai suoi nel sermone sul monte. La preghiera dell’incontro intimo e nascosto è la preghiera della cameretta che viene presentata in contrasto con la preghiera della commedia. Solo se siamo soli davanti a Dio ogni maschera cade e ci può essere dialogo vero, vero ascolto.
In quell’insegnamento del sermone sul monte c’è anche la frase che più ci interroga. Gesù dice: “Quando pregate non fate come i pagani che pensano di essere esauditi per la moltitudine delle loro parole, non li assomigliate dunque perché il Padre vostro celeste sa quello che avete bisogno prima ancora che glielo chiediate” (Matteo 6, 7-8). Questa parola così chiara è anche la ragione del nostro interrogarci: ma se Dio sa già quello di cui abbiamo bisogno prima ancora che glielo chiediamo, allora perché dovremmo pregare? Non le sa già le nostre angustie per questa epidemia? Non conosce già il dolore delle persone? Non conosce l’urgenza di trovare dei rimedi al dilagare del virus? Perché dice l’apostolo: “ Fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche”? Dobbiamo fargliele conoscere noi? Non le sa già?
Come dice Culmann un grande conoscitore della Bibbia: Dio non ha bisogno delle nostre preghiere ma le vuole. Questo è un paradosso, se volete, ma non una contraddizione.
Il significato della preghiera dipende completamente dal modo che abbiamo di concepire Dio.  Dipende da quale Dio veramente preghiamo.
Dio non ha bisogno di preghiere lunghe e insistenti perché non è come un sovrano assoluto che ha bisogno di tante parole per essere convinto ad agire. O peggio ha bisogno  di essere conquistato da nostre opere di contrizione.

Il fatto che Dio non dipende dalle nostre preghiere eppure le vuole affonda le sue radici nella concezione biblica del Dio Creatore e Padre, che è al tempo stesso il Santo e il Dio dall’amore sconfinato. E ha creato l’essere umano libero di associarsi alla sua volontà di amore o di non farlo.
La preghiera esprime il nostro desiderio  di riconoscerci come sue creature e associarci alla sua volontà d’amore. La preghiera è chiamare Dio con il Tu, parlare con Lui, ascoltarlo attraverso la risonanza dentro di noi della sua Parola.

Senza preghiera non c’è dialogo con Dio, non c’è rapporto d’amore che si esprime, non c’è senso di dipendenza dalla sua grazia, dal suo amore. Ed è solo il rapporto con Dio in preghiera che ci forma e ci aiuta a ricercare la sua  guida nella vita.

Non disprezziamo il balbettio di persone che in questo tempo cercano parole di preghiera e non le trovano o le trovano in modi per noi inadeguati. Piuttosto viviamo queste settimane e mesi cercando il Signore e la sua guida in preghiera per questi tempi difficilissimi. E poi offriamoci a condividere con altri la nostra preghiera. A me 45 anni fa un’amica chiese: Vuoi pregare? Io risposi: No, prega tu perché io non so nemmeno se qualcuno mi ascolta. Lei quella volta pregò per me. Questo suo pregare per me, e non solo una volta, mi cambiò la vita per sempre. Oggi lo so.