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Battesimo, una proposta

La recente pubblicazione del libro di Paolo Ricca dall’accattivante titolo “Dal battesimo allo sbattezzo” (Claudiana Editrice, 2015), ha cominciato a produrre i suoi primi frutti. Se uno degli scopi del libro era quello di rilanciare la discussione comunitaria sul tema dell’ “apartheid battesimale” ancora presente fra le chiese cristiane, il seminario del 7 novembre scorso a cura dell’Unione Predicatori Locali delle chiese valdesi e metodiste, ne ha costituito un esempio ben riuscito.

Il libro è utilissimo per chiunque voglia affrontare il tema del battesimo cristiano a partire dalle fonti neotestamentarie, passando per  la patristica e proseguendo con le tesi dei riformatori, ivi comprese quelle degli appartenenti all’ala anabattista della Riforma che sul tema del battesimo, e di un modello di chiesa svincolato dal potere politico, puntarono tutto e persero, a migliaia, vita e futuro.  Il libro offre anche una panoramica sulle forme liturgiche dell’amministrazione del battesimo in uso nelle varie chiese. La proposta ecumenica contenuta nell’epilogo è preceduta da due contributi teologici, il primo di Karl Barth con la sua affermazione del battesimo d’acqua come risposta personale all’opera di salvezza operata da Cristo sulla croce,  il secondo del teologo battista Paul Fiddes che propone di considerare il battesimo come un processo di iniziazione della fede cristiana che, anche in tempi sfasati, sia costituito dall’insieme di rito battesimale, catechesi e confessione consapevole della fede.

Ricca propone in conclusione di considerare le due forme battesimali entrambi valide, il battesimo degli infanti come sottolineatura della sola grazia che opera in Cristo prima di qualunque opera umana, e il battesimo dei credenti come espressione di fede confessata pubblicamente e come unica forma attestata con certezza nel Nuovo Testamento. Ricca afferma inoltre categoricamente che il battesimo non debba in nessun caso essere “ripetuto”.

La discussione sul battesimo in Italia ha una sua storia recente nell’ appassionato dialogo fra battisti, metodisti e valdesi che ha lasciato una traccia significativa nel documento sul reciproco riconoscimento del 1990 in cui si dichiarava che la diversa prassi battesimale non doveva costituire un impedimento alla piena comunione fra membri e ministri delle chiese.

Non si trattò, come avrebbe affermato il documento preparatorio all’Assemblea-Sinodo del 1995,  del reciproco riconoscimento dei battesimi, come se il battesimo dei bambini e quello dei credenti fossero considerati come due forme ugualmente legittime del battesimo cristiano. Si affermava invece esplicitamente che, mentre le chiese valdesi e metodiste riconoscevano ovviamente il battesimo dei credenti, le chiese battiste non si sentivano autorizzate a riconoscere la prassi del battesimo dei bambini, lasciando alle chiese valdesi e metodiste questa responsabilità. La questione battesimale dunque non era “né risolta, né accantonata”.

Se così è ancora adesso  non si potrebbe fare ora un passo avanti? I problemi sono sostanzialmente due e sempre gli stessi. Il primo, dei battisti, è il mancato riconoscimento del battesimo impartito agli infanti, il secondo, dei valdesi e metodisti, è il rifiuto della prassi di quello che viene impropriamente (per i battisti) definito come “ribattesimo”, ossia la possibilità che il battesimo sia impartito a credenti confessanti che abbiano ricevuto il battesimo da piccoli e che per varie ragioni non lo riconoscano.

Considerando in premessa che il reciproco riconoscimento abbia di fatto reso impossibile nelle chiese battiste il battesimo di credenti valdesi o metodisti già battezzati da piccoli, da un punto di vista operativo, ci chiediamo se un accordo tra le nostre chiese, non possa seguire le linee seguenti.

I battisti, facendo propria la proposta del teologo Paul Fiddes, che riconosce nella confermazione il compimento del processo di iniziazione alla fede cristiana per coloro che sono stati battezzati da infanti, ritrovandovi tutti gli elementi biblici che caratterizzano il battesimo cristiano (grazia preveniente, catecumenato e confessione della fede), possano riconoscere i confermati in chiese valdesi e metodiste come cristiani battezzati.  Pertanto i battisti si asterrebbero – come già avviene - da ogni forma di pressione perché il battesimo sia ripetuto. Gli stessi battisti italiani potrebbero inoltre impegnarsi a  formulare linee guide per le liturgie battesimali, che sottolineino il carattere preveniente della Grazia di Dio, e l'azione passiva di chi riceve il battesimo come un dono di Dio e non come approdo della propria ricerca religiosa.    

I valdesi e i metodisti, dal canto loro, riconoscendo il fondamento biblico del battesimo dei credenti, possano esplicitamente dichiarare che esso è ancora oggi la forma normale e più aderente ai testi neotestamentari, riprendendo quanto già affermato dal Sinodo del 1970 (45/SI/70). Per questa ragione possano impegnarsi nella catechesi, o quando giunga la richiesta di genitori di battezzare il/la proprio bimbo/a, a prospettare loro la possibilità di rimandare l'evento a quando la persona sarà in grado di richiedere alla chiesa che tale battesimo le sia amministrato. Nel contempo possa richiedersi ai genitori e alla comunità di appartenenza preghiera, buona testimonianza e impegno all’istruzione biblica del piccolo/a accompagnandola/o così nella sua crescita in statura e sapienza.

Questa scelta di privilegiare nella catechesi il battesimo dei credenti non costituirebbe comunque un impedimento all’amministrazione del battesimo ai bambini, qualora questa si confermasse come la scelta dei genitori in presenza di un dichiarato impegno alla educazione cristiana del/la proprio/a figlio/a.

Dinanzi a quei casi pastorali in cui per varie ragioni, come un battesimo impartito di nascosto o un battesimo cui non sia mai seguita alcuna testimonianza cristiana, alcuna catechesi o alcuna memoria significativa, la persona pur essendo stata battezzata da bambina scegliesse di non riconoscere tale battesimo, l'ordine della chiesa dovrebbe fermarsi sulla soglia della coscienza della persona e accogliere la sua eventuale richiesta di essere battezzato. A questo proposito ricordiamo che il Corpo pastorale valdese e metodista in un proprio documento redatto in occasione del Sinodo del 2002, pur affermando che “l’azione dello Spirito e la ‘parola di Dio nell’acqua’ (Lutero), non l’autocoscienza credente fanno il battesimo”,  aveva comunque scritto al punto 4 il seguente paragrafo:  “Come più volte ricordato nel corso della discussione, il battesimo va invece considerato nullo qualora il nome di Dio sia stato pronunciato impropriamente in occasione della sua celebrazione (ad esempio nel caso di un battesimo estorto con la violenza o con l’inganno)”.

In questa affermazione c’è, a nostro parere, spazio per una pastorale attenta e sensibile che consideri la richiesta di battesimo caso per caso senza preclusioni assolute.