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La prudenza

I romani dicevano che la virtù principale di un uomo politico, colui che si occupa della res pubblica, è la prudentia. Vorrei riflettere oggi insieme con voi di questa virtù, commentare il nostro testo e applicarlo alla situazione attuale del nostro paese. Partiamo dal dato unanime della sapienza ebraica, evangelica e della morale greca e romana, che considerano la prudenza una sorta di virtù che è coronamento di tutte le altre virtù. Non mi si dica che occupandoci della prudenza necessaria, in quanto virtù etica, al buon governo, facciamo della politica, non cadiamo nel tranello di pensare che non vi sia una parola da dire evangelicamente parlando a tutti e tutte sui fatti che portano sgomento a tutta la nazione in questi giorni.

Il nostro testo appartiene al tipo dei consigli evangelici di Gesù ad una comunità perseguitata.  Questo è il contesto immediato, la situazione vitale della comunità cristiana incipiente. In questa situazione di grave pericolo è necessario agire con la prudenza del serpente e la semplicità del colombo. Appunto, quando si è perseguitati, inquisiti, in difficoltà occorre conservare la calma. Dice il libro dei Proverbi 17,27 chi ha lo spirito calmo è un uomo prudente. Gesù insegna che la prudenza consiste nel sapere sempre e tenere conto di quali siano le conseguenze delle nostre azioni. La virtù della prudenza insegna questo, a non essere aventati nei propri comportamenti, stolti nelle azioni compiute incuranti dalle loro conseguenze. Il serpente è prudente perché si colloca in modo tale da non essere calpestato. La differenza che notavano i romani tra la prudenza richiesta al normale cittadino e a quelli che si occupano della “res pubblica” è questa: un uomo o una donna normali, sono prudenti per evitare i pericoli che ne derivano delle azioni azzardate. Invece una persona che si occupa del governo di tutti, deve essere prudente perché delle sue azioni derivano delle conseguenze per tutti noi, per l’intera nazione e questo è vero sia da un punto di vista morale, il tipo di comportamento adottato dal nostro presidente del governo, per non girare troppo intorno, riguarda tutti noi perché ne derivano delle conseguenze su tutti i livelli della nostra vita collettiva. Per esempio, per tutti quelli che sono implicati nel processo di formazione ai valori dei nostri figli o figlie, dei giovani e degli adolescenti, dei bambini e delle bambine, è necessario mostrare un esempio di vita, di conformità ai valori in cui si forma una generazione. Ora, cosa possiamo dire ai nostri ragazzi e ragazze sui sacrifici necessari, sullo studio serio e la preparazione del futuro quando si vede fare carriere politiche o sociali meteoriche, con il solo merito del offrirsi “al drago”, al potente di turno? Il risultato pedagogico è devastante e ne risente l’intera nazione. Un presidente che si comporta in modo esemplare porta un beneficio indubbio a tutti, comportamenti scellerati in chi ha una tale responsabilità provoca immediatamente delle conseguenze nefaste e a catena e che ci riguardano tutti e tutta la nazione.

In secondo luogo la prudenza è sinonimo di fedeltà, di attaccamento a valori e principi ritenuti essenziali da un collettivo umano. I romani ritenevano la prudenza la più alta virtù del politico anche perché ritenevano che l’uomo prudente era quello che rimaneva fedele ai principi e ai valori che erano alla base della riuscita di Roma come popolo e nazione. Nella guerra civile tra Ottavio e Marco Antonio fu decisiva l’immagine che Ottavio diede di sé in quanto uomo prudente fedele ai principi repubblicani romani, mentre Marco Antonio sedotto da Cleopatra e dal modo di vivere orientale segnato dall’eccesso, dalla mancanza di sobrietà. Ssiamo di nuovo lì, l’eccesso in ogni cosa è la cifra della personalità di Silvio Berlusconi, non gli bastava essere quello che gli chiedevano i suoi elettori, cioè che fosse un buon amministratore, egli ha preteso di essere il numero uno al mondo e il campione dei 100 metri ostacoli. Marco Antonio tradiva con gli eccessi tipici del satrapa orientale i principi e le tradizioni che avevano fatto grande Roma: la sobrietà, l’austerità, la prudenza. Ecco dunque il significato del secondo termine del nostro parallelismo: prudenti come serpenti e semplici come colombi. Semplici qui significa senza doppiezza, senza inganno, retti ed integri, appunto prudenti perché l’uomo prudente fa attenzione ai suoi passi. L’uomo prudente è guidato dalla fedeltà ai valori, ai principi che rendono forti i popoli, e non fanno di noi oggetto di burla mondiale, in questo sì abbiamo il primato, siamo ora stati trasformati nello zimbello dell’universo, tacciati di popolo che non crede a nulla o peggio, che ha perso ogni valore etico collettivo. Non ci guida più il valore etico ma la convenienza o peggio l’utilità che poi è tutta da vedere ancora dopo 17 anni in questa persona inadeguata sotto ogni profilo a guidare la nostra grande nazione.

In terzo luogo la prudenza significava per i romani lasciarsi guidare dai più saggi, questo è anche un insegnamento costante nella Bibbia e nella sapienza greca e romana. La vittoria dice il testo di Proverbi, “si trova nella moltitudine dei consiglieri”. Un uomo o donna prudente si circonda di saggi e di sagge, di altri uomini o donne migliori di lui. La prudenza è la corona delle scienze dice ancora il libro dei Proverbi al 14,18, questo testo antico della poetica ebraica è importante perché si potrebbe anche tradurre così “la corona del saggio è la prudenza”, e significa che è la virtù delle virtù, il coronamento dell’uomo, della donna saggio/a. Ecco cosa ci fa sgomento, il nostro presidente non si circonda dei migliori tra noi per risolvere i problemi angosciosi di tutti, ma di una corte godereccia di buffoni e di ballerine raccolti per risolvere i “suoi” problemi o delle sue imprese, come i despoti di altri tempi, e qui si sprecano i paragoni. Il problema di fondo è uno solo nell’agire nella res pubblica come si deve condurre il politico, l’uomo o la donna responsabile del governo. Per rispondere a questa domanda consentitemi di chiedere aiuto a Lutero. Nel suo Commento al Magnificat (dedicato al principe di Sassonia Elettorale Filippo il Costante), Lutero afferma che il principio del governo umano è stato posto da Maria, la madre del Signore, nel suo Salmo di lode a Dio e che troviamo nel vangelo di Luca. Ad un certo momento in questo Salmo si dice: ha posto sul trono i poveri e ha mandato i ricchi a mani vuote. Lutero dice che questo è il supremo ordine di governo delle cose del mondo. Il principe deve fare quello che Dio fa, occuparsi anzitutto di quelli di umile condizione perché possano sedere sul trono e non di fare più ricchi chi ricco e potente è già. Detto in termini moderni, Lutero si riferisce al principio costitutivo della democrazia, il potere si legittima in quanto si rende utile al bene comune, il voto popolare non dà una sanzione sacra a chi lo riceve, ma lo investe di una grande responsabilità. Non può più pensare a se stesso e alle sue vicende personali, ma si deve occupare corpo e anima al benessere di tutti, anche quelli che come me mai lo hanno guardato con simpatia ritenendolo  non idoneo per occuparsi di questo nostro, speriamo che ancora dopo di lui, grande paese.