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Ieri il Signore ha nutrito il suo popolo nel deserto, io (Gesù) lo nutro oggi, voi lo nutrirete domani

Lettura del testo di Giovanni 6: 1-15

PRIMA PARTE

Dialogo di apertura:
a. Mi chiedo perché Giovanni abbia voluto lasciarne traccia tra i tanti miracoli che fece Gesù proprio di questo miracolo.
b. è stato un segno che deve aver colpito molto la comunità dei discepoli che seguivano Gesù, pensa che viene citato in tutti e 4 i vangeli, e addirittura ci sono 6 diversi racconti di moltiplicazione di pani e pesci.
a. sono proprio curiosa di capire perché un piccolo miracolo di sussistenza e non un miracolo di guarigione possa aver trovato un posto così d’onore nelle Scritture. Anche la folla che seguiva Gesù cercava i segni miracolosi che faceva sugli infermi e non da mangiare.
b. eppure la storia di Dio che si prende cura del suo popolo nutrendolo viene da lontano. Pensaci, non inizia con Gesù. Ti ricordi della manna nel deserto e di quello che Mosè dice al popolo affamato e preoccupato? Leggiamo in Esodo al capitolo 16
La mattina c'era uno strato di rugiada intorno al campo; 14 e quando lo strato di rugiada fu sparito, ecco sulla superficie del deserto una cosa minuta, tonda, minuta come brina sulla terra. 15 I figli d'Israele, quando l'ebbero vista, si dissero l'un l'altro: «Che cos'è?» perché non sapevano che cosa fosse. Mosè disse loro: «Questo è il pane che il SIGNORE vi dà da mangiare. 16 Ecco quello che il SIGNORE ha comandato: "Ognuno ne raccolga quanto gli basta per il suo nutrimento: un omer a testa, secondo il numero delle persone che vivono con voi; ognuno ne prenda per quelli che sono nella sua tenda"». 17 I figli d'Israele fecero così, ... 31 La casa d'Israele chiamò quel pane manna; esso era simile al seme del coriandolo; era bianco, e aveva il gusto di schiacciata fatta col miele. ... 35 I figli d'Israele mangiarono la manna per quarant'anni, finché arrivarono in terra abitata. Mangiarono la manna finché giunsero ai confini del paese di Canaan.

Piccola riflessione sul passo.

È importante il racconto di quando Mosè si prese cura del popolo affamato e Dio fece scendere la manna dal cielo ed anche delle quaglie. Il ricordo della manna rimase nel popolo come simbolo di cibo spirituale venuto dal cielo, che sarebbe nuovamente riapparso nei giorni del Messia: per questo a Gesù viene domandato un segno di quel genere nel testo successivo al nostro (Giov. 6: 32-35), la nuova manna del tempo messianico.

a. Non solo il Signore si è preso cura della gente nutrendola anche Eliseo, senti cosa è raccontato in II Re al capitolo 4
42 Giunse poi un uomo da Baal-Salisa, che portò all'uomo di Dio del pane delle primizie: venti pani d'orzo, e del grano nuovo nella sua bisaccia. Eliseo disse al suo servo: «Danne alla gente perché mangi». 43 Quegli rispose: «Come faccio a mettere questo davanti a cento persone?» Ma Eliseo disse: «Danne alla gente perché mangi; infatti così dice il SIGNORE: Mangeranno, e ne avanzerà». 44 Così egli mise quelle provviste davanti alla gente, che mangiò e ne lasciò d'avanzo, secondo la parola del SIGNORE.

Piccola riflessione sul passo

Quante analogie nei testi biblici! Così come Gesù provvide al cibo per gli affamati, Dio è intervenuto attraverso Mosè prima e con il profeta Eliseo poi. Eliseo ordinò al suo servo di sfamare 100 persone con venti pani e del grano. Il servo naturalmente rispose: “Come faccio con così poco cibo a sfamare 100 persone?” Ma Eliseo disse che ne sarebbe avanzato ed infatti la gente ne lasciò d’avanzo, secondo le parole del Signore. Anche qui abbiamo una sovrabbondanza del dono del cibo, secondo la parola del Signore, e mi piace pensare che gli avanzi saranno serviti per mangiarne anche nei giorni successivi.

b. Talvolta i profeti hanno operato segni per sfamare moltitudini ma anche sé stessi e contestualmente condividere il pane con una vedova e suo figlio. Vi ricordate di Elia e la vedova di Sarepta?
Elia viene soccorso in un momento di grande bisogno da una vedova così povera da avere solo più un pugno di farina ed un goccio d’olio. La vedova risponde alla richiesta di Elia e condivide con lui il piccolo pane che ne deriva. Questa condivisione le porterà una grande benedizione, perché la farina e l’olio nei recipienti non si esauriranno mai.
Che sia un popolo intero in fuga dall’Egitto, 100 affamati ai piedi di Elia o una sola donna, il Signore non fa mancare il cibo, sì perché senza cibo si muore e il Signore vuole la vita. E la vedova ebbe da mangiare per molto tempo anche quando Elia era già ripartito. Anche qui abbiamo una sovrabbondanza del dono.

Inno CR 4 Come soffio leggero

SECONDA PARTE

Torniamo ora a Giovanni consapevoli che questo gesto di Gesù si inserisce in una lunga tradizione di cura verso i bisogni di sussistenza delle persone che il Signore o i suoi inviati incontrano.

In questo racconto i protagonisti sono tre: la folla, Gesù e i discepoli.

La folla appare un po’ opportunista. Notate i verbi che descrivono le sue azioni: la folla segue, riceve, mangia, si sazia, vuole e alla fine dopo essersi sfamata un po’ egoisticamente desidera rapire Gesù. Segue Gesù perché è attratta dalle guarigioni degli infermi, non ha attenzione o discrezione verso Gesù, lo pressa, lo rincorre fin sopra il monte dove si era ritirato in cerca di solitudine e riposo. C’è qui una certa consonanza con la miopia del popolo che a Chibrot-Attaava si lamenta della manna. La folla è detto che, dopo aver visto il segno miracoloso, riconosce in Gesù un profeta e subito desidera appropriarsene per farne il suo re.

Gesù, è scritto, vede la folla e si rivolge ai discepoli interrogandoli e mettendoli alla prova. Pensiamo che questo segno sia stato fatto soprattutto per i discepoli e per insegnare loro qualcosa. Il dialogo tra Gesù e i discepoli, che precede il segno vero e proprio, è una chiave di lettura. Gesù da buon pedagogo non impartisce la lezioncina ai suoi amici, ma fa loro delle domande e dalle loro risposte trae le argomentazioni e gli insegnamenti cui vuole che arrivino. Il segno è rivolto ai discepoli e li mette alla prova e li invita a prendersi cura dei bisogni materiali delle persone, senza cercarne una ricompensa (Gesù fugge la folla che vuole farlo re).

Ci potremmo domandare perché Gesù è così preoccupato dei bisogni materiali delle persone? Noi che viviamo con la pancia piena forse non ne cogliamo tutta l’importanza. Un sopravvissuto alla tragedia dei lager nazisti ci apre gli occhi sulla connessione tra corpo e spirito: “l’uomo è libero quando la fame non lo degrada e non lo esaspera, non gli impedisce di pensare”.

Siamo qui alla vigilia della festa ebraica di Pasqua, festa della liberazione dalla schiavitù in Egitto. Gesù invita i discepoli e quindi noi a farci carico della liberazione delle persone dalla penuria e dall’ansia di non sapere dove dormire, cosa mangiare, come curarsi, come vivere dignitosamente con un lavoro. Solo se consentiamo ad una persona di liberarsi dal fardello delle preoccupazioni per la sopravvivenza, possiamo poi pensare che sappia accogliere il messaggio di liberazione spirituale del vangelo.

Gesù ci invita quindi a condividere con fiducia i nostri pani e i nostri pesci. Non pretende che condividiamo quello che non abbiamo ma di dividere quello che abbiamo mettendolo insieme. Ciascuno di noi ha da fare la sua parte anche se non cambierà il mondo. L’esempio è fondamentale contro coloro che rubano, defraudano i poveri e derubano i beni del mondo. Con i nostri gesti siamo una testimonianza vivente che accusa il mondo che vive secondo spietate regole volte ad un accaparramento feroce. Perfino la folla, così miope, dopo aver visto il miracolo, capisce o meglio intuisce che qualcosa di straordinario era successo, perché pensa che Gesù è il profeta che doveva venire e desidera farlo proprio re.

Le modalità con le quali prendersi cura di nutrire la gente sono modalità di grande gentilezza, non si tratta di una frettolosa distribuzione di un sacchetto di cibo. Notate i particolari che ci vengono tramandati e che ci danno il gusto e la sensazione di quella giornata. Il pane d’orzo con il suo gusto dolce, il pesce saporito, l’erba morbida sulla quale sedersi, perché si tratta di un vero e proprio pasto e quindi si mangia seduti con il tempo di gustare e parlare. Del resto questo curioso dettaglio dell’erba verde è a detta di molti esegeti un richiamo al bel salmo 23 (Egli mi fa riposare in verdeggianti pascoli). I 200 denari non vengono utilizzati. Gesù preferisce partire dalla generosa offerta di un ragazzo, che si moltiplica con gioia. Immaginiamo anche l’allegria di sentirsi in tanti e partecipi di un evento che si ricorderà (erano in 5000 uomini più le loro famiglie)

Altro elemento importante è il gesto di benedizione di Gesù. È una preghiera, come quella che facciamo prima di mangiare, una preghiera di ringraziamento a Dio. Crediamo ci inviti a riconoscere che quanto condividiamo e facciamo non viene da noi, ma è frutto della nostra conversione. E’ un monito a non inorgoglirci, ma a riconoscere l’opera del Signore. In questo gesto c’è tutta la gratitudine verso Dio che suscita i lavoratori della sua vigna, che non ci lascia soli, ma ci fa essere una comunità di fede.

Infine notiamo il particolare della sovrabbondanza. Questo miracolo rivolto ad una moltitudine non è un miracolo stretto, è esagerato. C’è cibo per tutti, c’è grande abbondanza e generosità tanto che ne avanzano 12 ceste. E non c’è solo il pane, ma anche il pesce, è come nelle nozze di Cana, altro miracolo rivolto non ad un singolo, ma ad una collettività. A Cana era il vino della festa, qui il gusto sapido del pesce che trasforma il nutrimento da semplice gesto per la sopravvivenza a pasto conviviale. Questa abbondanza e questo donare senza badare al solo necessario ci richiama alla grazia piena con cui il Signore ci accoglie. Ma c’è anche un monito a non sprecare la sovrabbondanza, perché se qualcosa avanza ed è di troppo oggi, va conservato per domani. Ci sembra oggi in questo mondo occidentale dove gli sprechi alimentari sono una vergogna un severo monito a non buttare, ma preservare e riutilizzare.

Facciamo attenzione al fatto importante al vero segno che Gesù ci vuole lasciare. Questo miracolo, come del resto tutti gli altri di Gesù, non è importante per il gesto di mirabolante di sfamare una folla. è solo un segno il miracolo, che serve a far ricordare il messaggio per le nostre vite convertite.

Il messaggio da ricordare è che Gesù spezza la logica dell’accaparramento dell’ognuno si tenga stretto quello che ha perché non c’è né per tutti. NO, Gesù ci dice che con l’intervento di Dio è possibile moltiplicare le risorse e per moltiplicarle è necessario condividerle. Il vero miracolo di questo racconto sta nel fatto che oggi le nostre mani possono rinnovarlo. E può essere compiuto da voi e da noi. Ecco perché tra la manna e noi bisogna intercalare la moltiplicazione dei pani che ci permette di capire che d’ora innanzi possiamo dare invece di accontentarci di ricevere (da I miracoli di Gesù di A. Maillot).

Diamo ora concretezza a questo invito: alziamoci e durante le parole dell’inno che richiama la benedizione della pace sul mondo mettiamo nelle ceste qui davanti quello che abbiamo portato da casa. La pace, per la quale oggi tutti stiamo pregando, non può prescindere da gesti di giustizia e condivisione. Nella consapevolezza che nulla è nostro su questa terra.