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UN UNICO RESPIRO

Testo: FILIPPESI 2  - GIOVANNI 1

Filippesi 2
1 Se dunque v'è qualche incoraggiamento in Cristo, se vi è qualche conforto d'amore, se vi è qualche comunione di Spirito, se vi è qualche tenerezza di affetto e qualche compassione, 2 rendete perfetta la mia gioia, avendo un medesimo pensare, un medesimo amore, essendo di un animo solo e di un unico sentimento. 3 Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno, con umiltà, stimi gli altri superiori a se stesso, 4 cercando ciascuno non il proprio interesse, ma anche quello degli altri. 5 Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, 6 il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, 7 ma svuotò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; 8 trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce. 9 Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, 10 affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra, e sotto terra, 11 e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre.
Giovanni 1
14 E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre. 15 Giovanni gli ha reso testimonianza, esclamando: «Era di lui che io dicevo: "Colui che viene dopo di me mi ha preceduto, perché era prima di me. 16 Infatti, dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia"». 17 Poiché la legge è stata data per mezzo di Mosè; la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo. 18 Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito Dio, che è nel seno del Padre, è quello che l'ha fatto conoscere.

Cominciamo da una storia per bambini La scena vede coinvolti 4 ipotetici bambini. Tre gemelline di quattro anni e un fratellino di 7. Si trovano nella loro camera, letteralmente piena di giocattoli. E' un momento un po' critico. Ci sono giocattoli sparsi sul pavimento da ogni parte. E i bambini sono un po' nervosi. Litigano strappandosi le cose da mano, si lamentano l'uno dell'altra, si fanno qualche dispetto. Non capita spesso, ma succede. Il papà appena rientrato dal lavoro percepisce immediatamente l'elettricità che c'è nell'aria. Decide di far qualcosa. Si mette seduto sul tappeto, facendo un po' di spazio, e poi chiama i bambini a venirsi a sedere intorno a lui. “Bambine, esordisce, voglio raccontarvi una storia. Però ho bisogno della vostra collaborazione.“ Riesce a strappare loro un “va bene” non troppo convinto e comincia a raccontare. “Questa è la storia delle cose belle che riempiono la vita. Ci sono tante cose belle, bellissime, essenziali, che ci circondano e rendono possibile la nostra vita. Solo che non sempre ce ne rendiamo conto.” I bambini lo guardano piuttosto straniti. A cosa sta facendo riferimento? C'è qualche momento di silenzio. I bambini non sanno cosa dire. “Ad esempio l'aria”, aggiunge il papà. “L'aria riempie questa stanza e riempie anche i nostri polmoni.” E mentre dice queste parole apre un po' la finestra. “La vedete?” “No!”, rispondono. “La sentite?” “No”, “Eppure guardate quei panni stesi. E' l'aria che li fa muovere!” “Se non ci fosse l'aria, o se ci fosse troppa polvere nell'aria cominceremmo a tossire, e poi il respiro si farebbe affannoso, ci sentiremmo soffocare.” “Fate voi un altro esempio.” Dopo una breve pausa di silenzio, una delle gemelle dice “L'acqua”. “Sì l'acqua. E quanto è importante anche l'acqua! Dite voi, per che cosa?” “Per bere.” “Ma anche pensate se non ci fosse l'acqua non ci si potrebbe fare la doccia. O ancora, se andassimo in spiaggia e non ci fosse il mare, come sarebbe triste... non è vero?”
A questo punto il papà dice, “Adesso questa storia-gioco, continua così che ogni volta che diciamo una cosa bella e importante che abbiamo e ci rallegra la vita, a turno, mettiamo a posto un giocattolo. Non chiedetemi perché. Ve lo dirò alla fine!” E man mano che i bambini dicono, “la mamma”, “le caramelle”, “gli amici e le amiche”, “la scuola” ecc. Si mettono a posto le costruzioni, i libri, i puzzle, i pupazzetti, le pentole da cucina ecc. Dopo un po' di questa favola gioco, è tornato il buon umore. E la stanza è nuovamente abbastanza ordinata. “Ecco, conclude il papà, così fa Gesù nella nostra vita. Mentre lui ci da' cose buone noi mettiamo ordine nella nostra vita e mentre noi mettiamo le cose a posto, c'è più spazio per ricevere le cose buone che lui ci dà”. Ecco, ho provato a dirvi, con una storia per bambini la meditazione di questa mattina. I due testi di Paolo ai Filippesi e di Giovanni nel capitolo 1, parlano di uno stesso evento: l'incarnazione di Dio in Cristo. Ma lo fanno con un linguaggio molto diverso e stanno bene insieme come i due momenti della storia-gioco dei nostri bambini, o se preferite, come i due momenti della nostra respirazione. Infatti il titolo della mia predicazione è “Tutto in un respiro” Innanzitutto la espirazione. Paolo, nel contesto di una esortazione pastorale all'amore reciproco ai credenti della chiesa dei Filippesi, suggerisce un movimento di espirazione. Vale a dire di “svuotamento” spirituale dei polmoni. Egli, riprendendo le parole di un inno della chiesa primitiva, parla della venuta di Cristo come di uno svuotamento del Logos che era presso Dio. Per amore degli esseri umani, Dio in Cristo si svuota (questo significa la parola greca “Kenosi” che troviamo al versetto 7). Dio vuole comunicare, perché l'amore non si da' senza comunicazione. Ma la distanza tra il finito e l'infinito è incolmabile. Dunque l'amore è per Lui una spinta a colmare la distanza, e decide di farsi umano. Ma non si tratta di una messa in scena. Non è una finzione. La fame è fame, la sete è sete e il dolore per il tradimento e per l'abbandono sono propri gli stessi che proviamo noi. “Svuotamento” segna perciò la prima parte di un respiro. Il suo diventare umano è talmente reale e radicale che Gesù patisce anche ciò che c'è di più umano: la morte, e ciò che c'è di più inumano, la condanna fisica alla croce pur essendo innocente. “Svuotamento” “umiliazione” “riduzione a nullità”, in questa descrizione sembra che il suo destino umano soltanto alla fine sia sovvertito quando Dio va in suo soccorso a vendicarlo con la resurrezione, e con il pubblico riconoscimento della sua gloria. Sono parole di grande efficacia, quelle di quest'inno per ricordare il senso dell'amore di Dio. Se Dio fa così, anche noi dobbiamo “svuotarci”. Innanzitutto, dicevano i Padri della Chiesa, dobbiamo svuotarci del nostro peccato. Dunque leggevano nello svuotamento il movimento della conversione. Ma Paolo si riferiva certamente anche allo svuotamento di un certo orgoglio di chi vantava meriti e appartenenza per dichiararsi migliori degli altri. Paolo si riferiva anche a se stesso, e dopo aver enumerato tutte le cose di cui un ebreo come lui poteva andar fiero, sia da un punto di vista morale che rituale, dichiara che tutte “queste cose sono diventate come spazzatura al fine di guadagnare Cristo”. “Lo “svuotamento” di Dio in Cristo è un movimento che toglie ogni possibilità al vanto di genere, di nazionalità, di appartenenza religiosa, e di rango sociale e culturale. Poi volgiamo lo sguardo a Giovanni. Qui si sta parlando dello stesso evento: “La Parola è diventata carne e ha abitato un tempo tra noi”. Ma dobbiamo notare che qui il linguaggio è addirittura opposto:
15 Giovanni gli ha reso testimonianza, esclamando: «Era di lui che io dicevo: "Colui che viene dopo di me mi ha preceduto, perché era prima di me. 16 Infatti, dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia"». La parola chiave in greco qui è “pleromatos” pienezza, abbondanza, sovrabbondanza, essere riempiti. Un termine che indica nella analogia col respiro la fase di inspirazione. La lettura dei due testi è teologicamente importante per definire quelle due nature di Cristo “pienamente umano e pienamente divino”, che la chiesa nei secoli, proprio alla luce delle testimonianze bibliche mise a fuoco nel Concilio di Calcedonia, nel 451 d. C. Cristo uomo, ma anche “pieno della deità”. In lui si incontrano e si intrecciano il finito e l'infinito. Cristo non è semplicemente un “povero Cristo”, deprivato dei poteri di Dio, ma anche un uomo ricco capace di rendere ricchi tutti gli altri. Quando noi pensiamo a questa “pienezza della deità” che abitò in lui, siamo inclini a pensare alle sue capacità di compiere miracoli, e di compiere atti prodigiosi come moltiplicare il pane per migliaia di persone. Ma questi, come vedremo, Giovanni li chiama soltanto “segni”. La manifestazione della sua ricchezza, sta nella sua capacità di amare e di perdonare, e proprio attraverso di questa di dare vita, restituirla ai tanti depredati, uomini e donne. Il versetto 17 parla di noi, come coloro che hanno ricevuto “grazia su grazia”. La grazia di Dio è sovrabbondante. Non è solo quanto basta, sufficiente. Ma fa entrare nei nostri polmoni la dimensione dell'infinito. Perciò Giovanni dice “Chi crede in me ha vita eterna” e ne parla al presente, piuttosto che la futuro. Un cristiano è sempre ricco. E' sempre riempito di ogni benedizione. Ha sempre infinitamente di più di quanto lui stesso potesse sperare. Ma la doppia natura di Gesù, indica anche il pendolarismo del respiro che ossigena il sangue con entrambi i movimenti. Dobbiamo imparare a svuotarci, per riempirci. La prima cosa tocca soprattutto a noi. Nello svuotamento c'è molto della nostra decisione e della nostra responsabilità, se preferite. Nel secondo movimento, invece l'attore principale è Dio. E' lui che ci riempie. La ricchezza non è conquistata ma ricevuta in dono. Se l'umanità imparasse a respirare in questo modo, il mondo sarebbe diverso. Sarebbe già un mondo come Dio lo voleva e ancora lo desidera. Invece noi abbiamo terrore del vuoto e per l'imperante paradigma della “scarsità” siamo sempre indotti a pensare che non ce ne sia abbastanza per tutti. E così pur stando in una stanza piena di giocattoli, lottiamo per appropriarcene di uno di più. Il conflitto per accumulare, è il motore delle guerre e la guerra, a sua volta, è la causa maggiore della “scarsità”. Espirare, inspirare; svuotarsi e lasciarsi riempire: un esercizio vitale, senza il quale non si da' vita alcuna.