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Culto radio del 24 gennaio 2021 a cura di Massimo Aprile in occasione della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani

Invocazione

La grazia del Signore Gesù Cristo; l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti noi. Amen

Stacco musicale

Dice il profeta Isaia: “Voglio cantare una storia: è il canto di un amico e della sua vigna”

Preghiamo:
O Dio dell'unica vigna,tu ti sei preso cura di noi.

Hai vangato la nostra terra, l'hai ripulita dai sassi, vi hai piantato viti scelte, hai scavato un pressoio per pigiare l'uva ed hai pazientemente atteso che noi portassimo tanto frutto.

Noi ti chiediamo perdono perché sappiamo di aver deluso le tue aspettative. Il frutto ancora si fa attendere.

Conferisci alla tua chiesa la fede per affidarsi interamente alla tua cura. Purificaci dai nostri egoismi e dai nostri settarismi e lascia che a tempo debito il nostro frutto sia abbondante e gustoso, affinché tutti possano conoscere le premure del divino Agricoltore.

Amen

Inno
Per la nostra meditazione leggiamo il testo che accompagna la Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani di quest'anno: Dal Vangelo di Giovanni 15:5-9

5 Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete fare nulla. 6 Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. 7 Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto. 8 In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, così sarete miei discepoli.
9 Come il Padre mi ha amato, così anch'io ho amato voi; dimorate nel mio amore.

La metafora della vigna ha una lunga storia. Nelle Scritture ebraiche essa spesso esprime la relazione tra Dio e il suo popolo.
Dio compie ogni azione perché il suo popolo, come una vigna, piantata in buona terra e ben curata, possa crescere e portare frutto a suo tempo. Ma, a volte il divino agricoltore resta deluso e addolorato, perché malgrado tutte le premure, il popolo si rivela ingrato e disobbediente.

L'evangelista Giovanni riprende la metafora, per applicarla al rapporto che i credenti hanno con Gesù. Cristo è la vite. I discepoli, i tralci. Dio, che resta l'agricoltore accorto, non potrà che raccogliere frutto abbondante per il dono del suo unigenito Figlio.
L'immagine rimanda innanzitutto al rapporto di intimità e profonda consonanza che esiste tra il Figlio e il Padre. Ma in questa comunione c'è posto anche per noi: uomini e donne di ogni denominazione e confessione, che credono in Cristo. La nostra vita si sviluppa e prospera, fino a portare un frutto copioso, per l'organico rapporto che abbiamo con la vite.
Più noi restiamo saldi in essa, più ci sarà facile, naturale direi, riconoscerci per quello che siamo: fratelli e sorelle. La nostra condizione deriva dalla vite da cui tutti scaturiamo. Come in una famiglia naturale non scegliamo ma riceviamo la nostra comune appartenenza, così, benché siamo fratelli e sorelle per nascita, dobbiamo poi diventarlo imparando a vivere i nostri giorni in un rapporto di reciproca solidarietà, e amore.

Come abbiamo potuto tanto a lungo essere cristiani distanti e separati gli uni dagli altri? Come abbiamo potuto vivere per tanti secoli questo rapporto nel segno dell'inimicizia o dell'estraneità? Come abbiamo potuto farlo senza sentire di deludere la vite che ci portava?

Tanto più il nostro cammino di fede ci porterà ad essere più vicini e intimi col Signore Gesù, tanto più scopriremo che abbiamo tanti fratelli e sorelle che ci appartengono e a cui apparteniamo.

Tra i tanti, desidero sottolineare due aspetti di questa immagine:
il primo riguarda la nostra reciprocità e eguaglianza.
Può forse un tralcio considerarsi più importante di un altro?
C'è forse la possibilità che un tralcio della stessa vite rivendichi il proprio frutto come di qualità superiore a quella di un altro?
Eppure quanto lontane sono state le nostre vie, e per quanto tempo ci siamo sentiti migliori degli altri! Noi avevamo la giusta dottrina, appartenevano alla vera chiesa, eravamo i soli depositari della giusta teologia.

Ma questo testo non ci consente distinzioni di questo tipo. Se crediamo in Cristo, siamo tralci. Tutti allo stesso modo. Tutti bisognosi di rimanere saldi in Lui. La nostra salvezza, la nostra dignità, la nostra identità sta e cade nel rapporto che abbiamo con la vite. L'Agricoltore, di cui si parla nei versetti 1-4 di questo brano, ci da' appuntamento alla stagione dei frutti. E il frutto è unico e il medesimo: l'amore che abbiamo gli uni per le altre, l'amore che testimoniamo al mondo.

Ma c'è anche una seconda osservazione che l'immagine ci provoca. Si tratta del suo rimando eucaristico.
Come il lungo discorso di Gesù sul pane disceso dal cielo, al capitolo 6, allude, pur senza farvi esplicito riferimento al pane della Cena del Signore, per mezzo del quale egli si rende presente in mezzo ai suoi figli e li nutre, così qui, mediante il frutto della vite, pigiato e fermentato, egli si offre come frutto della festa della comunione. A quando questa festa?

Il tragitto verso la piena comunione fra le chiese cristiane, è ancora lungo, ma non è cominciato oggi. Siamo riconoscenti a pionieri, uomini e donne di fede, che si sono impegnati con passione lungo questo percorso. Però dobbiamo riconoscere che non siamo ancora giunti al traguardo. Questo testo ci dice che il pieno riconoscimento della comunione fra noi non è creato da accordi dottrinali o ecclesiastici, essa sta nel dono comune di essere tralci della stessa vite. Se cresce questa consapevolezza troveremo più facilmente strade nuove d'unità. Prima fra tutte la via della preghiera. Proprio in questo testo Gesù ci dice: “Domandate quello che volete e vi sarà fatto”.

Lungo questa strada non ci sono gerarchie. Qualche versetto più avanti Gesù ci chiama amici e amiche, non più servi.

L'appartenenza alla stessa vite rivela la nostra comune origine, e la comune vocazione: portare molto frutto a beneficio del mondo, che per questa testimonianza troverà di nuovo praticabile la via della fede e del riconoscimento di Cristo.

E infine qual è il segno per eccellenza di questo riconoscimento della nostra unità? La gioia.
Al versetto 11 il nostro testo dice infatti: “Vi ho dette queste cose, affinché la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia completa.”

La piena comunione fra le chiese non sarà tanto il risultato di estenuanti mediazioni tra intransigenti esperti in sottili distinguo. Ma sarà piuttosto simile ad uno spazio giochi di una scuola materna, in cui tanti bambini e bambine si riconoscono amiche e amici in modo del tutto naturale e impegnano il loro tempo a gustare la gioia dello stare assieme.

Inno

Preghiamo
Tu sei il vignaiolo che si prende cura di noi. Lode al tuo nome
Tu sei la vite da cui traiamo nutrimento per il nostro cammino di fede. Vogliamo restare in te.

Tu sei il frutto di vita eterna. Lascia che anche noi portiamo frutti di gioia.

Tu ci hai scelto prima di ogni cosa, e hai dato la tua vita per noi. Ci hai fatto diventare tuoi amici.
Tu ci hai detto di chiederti ogni cosa e noi ti invochiamo: concedi alla tua chiesa la pienezza della comunione per esserti testimone nel mondo per la salvezza di ogni creatura e del creato nel suo insieme.

Per Cristo nostro Signore

Inno o stacco musicale

Benedizione
Possa il Dio della Speranza colmarci di ogni gioia e pace nella fede, così che possiamo abbondare nella speranza per la potenza dello Spirito Santo.
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen