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Predicazione per il Culto della Riforma 2020

Testo: Matteo 23,1-12

1 Allora Gesù parlò alla folla e ai suoi discepoli, 2 dicendo: «Gli scribi e i farisei siedono sulla cattedra di Mosè. 3 Fate dunque e osservate tutte le cose che vi diranno, ma non fate secondo le loro opere; perché dicono e non fanno. 4 Infatti, legano dei fardelli pesanti e li mettono sulle spalle della gente; ma loro non li vogliono muovere neppure con un dito. 5 Tutte le loro opere le fanno per essere osservati dagli uomini; infatti allargano le loro filatterie e allungano le frange dei mantelli; 6 amano i primi posti nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe, 7 i saluti nelle piazze ed essere chiamati dalla gente: "Rabbì!" 8 Ma voi non vi fate chiamare "Rabbì"; perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. 9 Non chiamate nessuno sulla terra vostro padre, perché uno solo è il Padre vostro, quello che è nei cieli. 10 Non vi fate chiamare guide, perché una sola è la vostra Guida, il Cristo; 11 ma il maggiore tra di voi sia vostro servitore. 12 Chiunque si innalzerà sarà abbassato e chiunque si abbasserà sarà innalzato.

DANIELA DI CARLO
“Che cos’è Lutero? La dottrina non è mia. E nemmeno io sono stato crocifisso per alcuno. Come potrei permettere, povero puzzolente sacco di vermi che sono, che i figli di Cristo vengano chiamati col mio miserabile nome? Io non sono e non voglio essere maestro di nessuno”.

Queste le parole del riformatore Lutero quando le persone interessate alle sue lezioni, alle sue idee, alla sua critica alla chiesa e alle indulgenze si moltiplicavano giorno dopo giorno prendendo un po' alla volta l’aspetto di un popolo la cui eco sconfinava le terre tedesche.
“Che cos’è Lutero?”
Con questa domanda semplice e disarmante Lutero si rende conto che non la Parola scatenata, che ha una forza intrinseca irrefrenabile, ma i suoi testimoni, e lui per primo, hanno invece bisogno di almeno tre semplici regole per essere credibili.

1. Pratica ciò che predichi.
Gli scribi e i farisei erano legalisti. Erano in grado di citare ogni sfumatura della legge per guidare la vita dei credenti e dettare ciò che occorre fare e cosa evitare. Proprio loro però erano colpevoli, come tutti gli altri, quando si trattava di rispettare la legge. Per questo Gesù ha messo in dubbio la loro integrità. Erano senza dubbio persone autorevoli, colte e parlavano bene ma non erano in grado di far diventare azione ciò che predicano. Anzi le loro azioni contraddicevano ciò che la legge che insegnavano imponeva.
Le azioni parlano più delle parole e le loro azioni erano corrotte, indicibili, colpevoli perché accompagnate dalla consapevolezza della colpa che compivano.

Al tempo di Lutero gli scribi e i farisei erano identificati con il clero saccente che aveva rubato la bibbia e la spiritualità alla gente facendone un discorso di elite. Parole mosse dal vento incapaci non solo di portare salvezza ma anche gioia a chi arava i campi o serviva nelle case dei ricchi. Il clero, fatto di soli uomini, festeggiava sé stesso dimenticando cosa fosse la fede e l’incontro con le altre e gli altri. Sapevano sedere in cattedra, di certo, solo per chiedere tributi ai semplici in cambio di promesse irrealizzabili che nulla avevano a che fare con Dio. Sapevano far indebitare le persone e anche legarle per la vita alle superstizioni e alle leggi di mercato.

2. Non fare le opere per farti vedere
Gli scribi e i farisei erano assetati di riconoscimento. Amavano fare azioni solo davanti ad una folla oppure in strada facendo notare ai passanti il grande gesto compiuto: una colletta alla vedova, del cibo all’affamato, un nuovo saio al povero. Certi di essersi comprati un po' di strada per arrivare al Padre alla fine dei loro giorni calcolavano quanta strada ancora ne mancasse. Immersi dentro i
numeri perdevano di vista l’essenziale e usavano i loro giorni per quantificare il valore di ciascuna opera barattata con la grazia.

Lutero sa invece che è la fede che sarà operosa. La gioia della grazia ricevuta da Cristo sarà così abbondante, così grande, così generosa da rendere la vita del credente fruttuosa, per gratitudine. Ed è questo che lo renderà certo dell’unico importante riconoscimento che gli è necessario, quello di Cristo.
Opere e azioni non diventano merce di scambio ma trasformano la vita delle e dei credenti. “Se credi hai” diceva Lutero. Hai rifugio in Dio e abiti te stesso. Cammini per mano nella città con Dio e rotoli nelle sue mani, accoglienti, colme di affetto. A che serve farsi vedere quando lo sguardo di Cristo ti radica nel presente?

3. Non fatevi chiamare maestre e maestri
Gli scribi e i farisei amavano i titoli con i quali erano chiamati e in particolare prediligevano rabbì. Letteralmente "grande", "distinto", “maestro”. Lo studioso che si è distinto per i suoi studi e che è un autorevole insegnante della Torah e della legge mosaica. Ma anche la guida della comunità ebraica. Colui che era stato scelto, ordinato, riconosciuto e autorizzato a decidere sulle regole alimentari, rituali, sull’etica e sulla morale. In una parola tenevano in scacco la vita delle persone. “Che cosa è Lutero?”. Un credente in bilico tra il peccato e la salvezza che sa che “mediante Cristo possiedi un Dio che fa grazia, benevolente, che vuole perdonare i tuoi peccati e scordarsene per sempre e ora tu sei una figlia, un figlio dell’eterna gratitudine, una signora su cielo e terra con Cristo, allora tu non hai più nulla da fare, tranne che metterti in cammino e servire il prossimo”.

Né maestri, né padri, né guide. Ma credenti in bilico salvati da Cristo e pronti a servire chi incontrano.

MASSIMO APRILE
Né maestri, né padri, né guide, ma il maggiore tra voi sia servitore di tutti...
Quel che è delineato in queste parole di Gesù, è il profilo di una chiesa orizzontale,
fatta di uomini e donne che si riconoscono uguali.
Le stratificazioni gerarchiche dovute allo status sociale o economico, all' appartenenza di genere, vengono superate in nome della fraternità e della sororità.
Una dimensione tutta da vivere, ancora oggi, dentro e fuori le chiese.
Una comunità di credenti così fatta, anche nella società non cerca posti di dominio e non cerca coi propri simboli religiosi di occupare lo spazio pubblico per averne riconoscimenti, ma si pone al servizio dei più poveri e di tutti coloro, uomini o donne che siano, che subiscono soprusi e discriminazioni.
Ho voluto proporvi queste brevi riflessioni da un posto della città di Milano per me molto significativo, qui nella Loggia dei Mercanti, a due passi da Piazza del Duomo, dove sono incisi in queste lapidi i nomi di tanti uomini e donne che hanno dato la propria vita per la democrazia, combattendo il fascismo.
Tra questi alcuni erano comunisti, altri ebrei, ma alcuni erano anche cristiani. Come Giancarlo Puecher Passavalli, di famiglia borghese, brillante studente di giurisprudenza, divenuto poi partigiano e per questo catturato e condannato a morte dai fascisti. Poco prima di essere fucilato aveva detto parole fortissime dal punto di vista della fede:
“Perdono a coloro che mi giustiziano perché non sanno quello che fanno e non pensano che l'uccidersi tra fratelli non produrrà mai la concordia. I martiri convalidano la fede in una vera idea. Ho sempre creduto in Dio e perciò accetto la sua volontà.”
Quante vite, quanti nomi...
ciascuna, una storia di persone che si sono messe al servizio della democrazia e del futuro, per offrire a noi l'opportunità di una vita migliore.
Viviamo in un tempo di negazionismi: c'è chi non crede nel virus, e azzarda comportamenti anche molto rischiosi per altri. C'è chi nega il fascismo e di conseguenza disprezza la democrazia, perfino c'è chi nega la Shoà e sostiene nuovi razzismi e xenofobie e infine c'è chi nega anche l'esistenza di Dio, più spesso coi fatti che con le parole, con l'ambizione di mettersi al posto suo.
Essere protestanti nel nostro tempo, nel suo risvolto sociale, non è tanto rivendicare la particolarità o la superiorità di una chiesa, ma è un modo di stare al mondo, che nasce non dalla negazione ma da un principio affermativo di eguaglianza e di giustizia per tutti e tutte. Per le donne, per gli uomini, per i bambini, e per le minoranze etniche e sessuali di ogni tipo.

E' una maniera di credere e affermare che in Cristo, finisce ogni protervia, ogni senso di superiorità, ogni prepotenza sociale, culturale ed economica. E comincia la società dei fratelli e delle sorelle, di coloro che si pongono al servizio del bene comune. E' una maniera per continuare a sperare e a lottare con tutti e con tutte per un mondo migliore, più umano, più giusto. In attesa del Regno di Dio che invochiamo, con la preghiera che ci ha insegnato Gesù.
Essere protestanti nel nostro tempo è impegno per una società fondata su una giustizia rigenerativa e non vendicativa, protesa a includere in una comune cittadinanza tutti: residenti e immigrati/e e richiedenti asilo. Una società capace di valori alti, come quello espresso dal giovanissimo Puecher che seppe dare sostanza politica al perdono cristiano.
E se su questo cammino incontreremo, come già accade, altri compagni e compagne di viaggio, fratelli e sorelle di altre chiese e di altre fedi, coi quali potremo sostenerci nei momenti di scoraggiamento e fatica, non staremo certo a innalzare steccati di alcun tipo. Perché colui che ci ispira ha dato la vita per rimuovere le divisioni e abbattere tutti i muri di separazione.
Il nostro unico maestro, infatti è Gesù di Nazareth. Egli si abbassò per amore del mondo fino alla morte della croce. Ma per noi che crediamo in lui, Egli è il Cristo vittorioso sulla morte, innalzato da Dio Padre alla sua destra.
Di questo restiamo convinti, come diceva Martin Luther King, pastore evangelico, “che l'arco dell'universo tende verso la giustizia e verso il bene”. E noi non desideriamo altri che essere una freccia scoccata da questo arco che porta la buona novella dell'amore gratuito di Dio al cuore degli uomini e delle donne di questa città.
Amen