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Attaccati!!!

Testo: Genesi 2, 4b-7

Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo, 5 nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata - perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo 6 e faceva salire dalla terra l'acqua dei canali per irrigare tutto il suolo; 7 allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente. 8 Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l'uomo che aveva plasmato

Questo è considerato il secondo racconto della creazione che si aggiunge al primo. Non so se si può dire così. Le cose non sono molto semplici. Possiamo dire molto in breve che i due racconti hanno origini diverse e hanno anche intenti diversi.

Il poema di Genesi 1 è un poema , una poesia, carica di riflessione teologica e noi guardiamo questa sinfonia meravigliosa mentre ne ascoltiamo la cadenza ordinata. Comprendiamo che la vita si fa spazio per volere e parola di Dio che ordina, separa, fa spazio, mette vita e la possibilità che si diffonda. L'essere umano è creato lo stesso giorno degli animali terrestri, maschio e femmina ad immagine di Dio. E poi c'è il grande sabato della creazione, la contemplazione,il riposo, la gioia del compiuto e del godimento degli occhi e del cuore che apre all’adorazione del Creatore.

In Genesi 2 dalla seconda parte del versetto 4 c’è un'altra storia che porta con sé molte domande.

C'è questo inizio: “Quando Dio fece il cielo e la terra...”, ma se la terra non c'era ancora come poteva esserci un arbusto? E se ancora non c'era la terra come poteva esserci l'erba della campagna? Se ancora non c'era la terra come ci poteva essere qualcuno che la coltivasse? E se non c'era ancora la terra e nulla si dice del mare, come poteva esserci la pioggia? Abbiamo qui una situazione di un qualcosa di primordiale che risulta arido, incompleto, inadatto alla vita: nessun cespuglio, nessuna erba, nessuna pioggia, solo polvere e nebbia. Non è menzionata la luce del sole, né si nominano le montagne e i corsi d’acqua. Se possiamo immaginare lo scenario iniziale immaginiamo un paesaggio desertico ma nebbioso un po’ spettrale

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Effettivamente qui si passa da una descrizione della creazione in forma logica e sequenziale in Genesi 1, ad una di tipo narrativo, in cui le cose appaiono decisamente più intrecciate, interdipendenti e simultanee. Il verbo strategico della architettura di Genesi 1 era "separare", creando quindi delle individualità strappate al caos primordiale, qui invece la regola sembra essere lo sconfinamento: Il cielo sconfina sulla terra mediante la pioggia. La terra sconfina nell'essere umano (ancora indistinto tra maschio e femmina) perché l'Adam è tratto da questa. Dio sconfina nell'Adam mediante il suo respiro (Faccio notare che l'azione del insufflare il respiro da parte di Dio nell'essere umano pone con sé una domanda che di solito non è sollevata dagli esegeti: ma Dio poi continua a respirare da sé, o adesso respira solo mediante l'essere umano? Insomma il legame tra Dio e l'essere umano è intimo, è forte. In questo racconto non è importante ciò che viene prima e ciò che viene dopo, ma l'intreccio tra tutte le cose. La prima creazione la possiamo immaginare come un filo, lineare, la seconda come un telaio, in cui c'è tessitura tra fili diversi. C'è una rinuncia, o se si preferisce un disinteresse a dire cosa viene prima, ma a stabilire che ciascuno è in funzione dell'altro.

Se l'essere umano è posto da subito in una relazione decisamente privilegiata rispetto a Dio, ricevendone il respiro, EGLI/ELLA sembra essere creato in funzione del cespuglio e dell'erba della campagna. L'Adam è funzionale alla fecondità della terra. Prima ancora che la custodia, l'essere umano sembra essere creato in funzione della fecondità della terra.
 D'altra parte, anche se non è esplicitato, tutto quello che respira sembra essere dipendente da quel respiro che Dio ha dato all'ADAM. C'è quindi oltre che una interdipendenza, una intimità del Creato tutto. Nessun filo può essere sfilato dalla trama, senza che questa perda il suo disegno. Ogni cosa è attaccata all'altra. Ed è proprio su questo "attaccamento", anche da un punto di vista psicologico,
 che vogliamo soffermarci al punto successivo.

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La teoria dell'attaccamento nasce in seguito ad attente e ripetute osservazioni effettuate nei confronti dei bambini, più in generale dei mammiferi, durante i primi anni di vita; il più grande sostenitore e studioso di questa teoria è stato John Bowlby, considerato un tra i più grandi psicoanalisti del ventesimo secolo. John Bowlby intuì che l'attaccamento riveste un ruolo centrale nelle relazioni tra gli esseri umani, dalla nascita alla morte. Egli dimostrò come lo sviluppo armonioso della personalità di un individuo dipenda principalmente da un adeguato attaccamento alla figura materna o un suo sostituto. Secondo John Bowlby prendere in braccio il proprio piccolo
 che piange è la risposta più adeguata, da parte della madre, ad un segnale di disagio espresso dal bambino.

John Bowlby, rifiutò il modello di sviluppo di Freud secondo il quale il bambino avanza dalla fase orale a quella anale per giungere a quella genitale, cioè un modello in cui la persona cresce e si
 sviluppa in solitudine, e affermò che il legame madre-bambino non si basa solo sulla necessità di nutrimento del piccolo, ma sul riconoscimento delle emozioni.

Bowlby riteneva che l’ attaccamento si sviluppasse attraverso alcune fasi, e che possa essere di tipo sicuro, quando il bambino sente di avere dalla figura di riferimento protezione, senso di sicurezza, affetto; di tipo insicuro quando il bambino nel rapporto con la figura di attaccamento prevalgono instabilità, eccessiva prudenza, eccessiva dipendenza, paura dell’abbandono.

Il concetto di base sicura è stato elaborato da John Bowlby nel 1969, osservando il comportamento dei macachi e quello dei bambini nei primi mesi in cui notò la presenza di schemi di comportamento identici. In particolare, verificò come la madre, e la relazione con lei, fornisce al bambino la base sicura dalla quale può allontanarsi per esplorare il mondo e farvi
 ritorno. Quando il bambino avverte qualche minaccia da parte del mondo esterno, cessa l’esplorazione per raggiungere prontamente la madre per poter ricevere conforto e sicurezza.
 In questa teoria è chiaro che la relazione è indispensabile e la stabilità della relazione primaria consente uno sviluppo sano della persona. Potremmo dire quindi che noi siamo creati in relazione e per la relazione e quanto più queste relazioni sono solide e durature quanto più impariamo noi stessi a stabilire relazioni solide, fedeli e durature con coloro che incontriamo sul nostro cammino.

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Tra questa teoria dello sviluppo armonioso della personalità e il nostro racconto della creazione, appaiono esserci delle similitudini. Nel principio non fu più tanto la cosa staccata dal caos, ma nel principio sta la relazione. Quella più importante, tra la madre e il bambino, ma anche tra il bambino e via via, tutto l'ambiente che lo circonda. E d'altra parte l'attachment riguarda anche il resto del creato, che oggi scopriamo in relazione allo sviluppo e alle scelte dell'umanità in maniera decisiva per il suo proprio sviluppo.

Dovremmo dunque concludere che la vita, secondo questo racconto non soltanto la vita personale e individuale, ma anche dell'intera specie, è cosmica. C'è una sorta di monito all'individualismo estremo del nostro tempo, che è come se avesse continuato la creazione dei sei giorni in un processo di separazione continua, che ha finito per atomizzarci in una solitudine assoluta. Una solitudine che assomiglia alla morte.

Lo stesso essere umano è un intreccio di diverse lealtà. Una lealtà alla terra: Adam appare sposo di Adamah (Adam: umano – Adamah: terra), tanto quanto Ish, maschio, è in intima relazione con
Ishàh, femmina.

D'altra parte, mediante il respiro, Dio vive nell'essere umano, maschio e femmina.

Chico Mendes, l'ambientalista brasiliano che si è battuto contro il disboscamento dell'Amazzonia e per questo è stato anche ucciso aveva detto che "L'ambientalismo senza lotta di classe è giardinaggio". Aveva cioè posto in evidenza lo stretto legame che esiste tra l'integrità della creazione e il problema della povertà, della giustizia e dell'economia. Aveva ragione perché tutte le cose sono correlate, sono “attaccate” insieme.

Noi che leggiamo Genesi 2 dovremmo dire di più: senza intimità con Dio non solo non c'è ambientalismo, ma neppure più un giardinetto. E senza un rapporto equo, solidale e rispettoso con
la terra, non c'è più neppure il respiro di Dio in mezzo a noi.

L'ambientalismo perciò non è una attività importante del credente, ma è essenziale. Il credente, oggi più che mai, se non è ambientalista, non è neppure credente.

L'"attaccamento sicuro" è quello che genera la vita: dell'essere umano con la terra, di questa con l'essere umano e di tutti in rapporto a Dio che respira in tutte le cose.