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ROMANI 12 – Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male col bene!

ROMANI 12
17 Non rendete a nessuno male per male. Impegnatevi a fare il bene davanti a tutti gli uomini. 18 Se è possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti gli uomini. 19 Non fate le vostre vendette, miei cari, ma cedete il posto
all'ira di Dio; poiché sta scritto: «A me la vendetta; io darò la retribuzione», dice il Signore. 20 Anzi, «se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; poiché, facendo così, tu radunerai dei carboni accesi sul suo capo». 21 Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene

Premessa
Poche parole per dire che questa parte della Lettera ai Romani che comincia col capitolo 12, non è di secondaria importanza, rispetto alla prima che pone il fondamento della predicazione nella giustificazione per grazia mediante la fede.
L'immagine pertinente per illustrare la connessione tra le due parti sta nelle fondamenta di una casa con l'edificio vero e proprio, che ci viene costruito sopra. La connessione è intima tanto da non essere visibile a occhio nudo eppure decisiva.
L'apostolo Paolo esorta all'amore fraterno. Fa riferimento ai rapporti tra membri di chiesa in prima battuta, ma poi anche a quelli esterni, con quei nemici della fede cristiana che manifestano verso la nascente comunità ostilità e, infine, persecuzioni.
E' singolare che qui Paolo non faccia riferimento alle parole di Gesù nel Sermone sul Monte, ma citi il libro dei Proverbi. Nondimeno è chiaro che non siamo davanti ad una generica esortazione alla bontà, ma a un atteggiamento che richiede disciplina spirituale, determinazione e in certi casi vera e propria resistenza.
L'amore per il nemico è talvolta menzionato come un comandamento che indicherebbe la superiorità della fede cristiana
rispetto ad altre religioni. Può darsi. Comunque sarebbe un paradosso farsene un "vanto" che è proprio contro cui parla l'apostolo nella prima parta della lettera. Anche perché i cristiani nella loro lunga storia hanno dimostrato di essere tanto lontani da questo comandamento, quanto quelli che questo comandamento neppure lo conoscono.

1. Amore per i nemici, perché?
Come detto, Paolo qui non cita il Sermone sul monte in cui l'amore per i nemici rappresenta il coronamento di tutto l'insegnamento di Gesù. Quando Gesù ne aveva parlato aveva detto fondamentalmente due cose.

La prima è che questo tipo di amore doveva caratterizzare i suoi discepoli (se amate quelli che vi amano cosa fate di speciale?). C'è cioè un comportamento speciale che si richiede ai discepoli del Regno che è diverso da quelli di questo mondo. Nel Regno non c'è sopraffazione, non c'è odio, non c'è violenza, non ci sono gerarchie di potere. I discepoli del Regno sono avviati in quella direzione.
Essi sono chiamati - e questa è la seconda cosa - ad essere come il Padre celeste che non fa distinzioni "Fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti" (Mt 5, 45). Essi sono chiamati ad essere
immagine di Dio, o come ha detto Paolo, imitatori di Dio. "Siate misericordiosi come il Padre vostro celeste" (Lc 6, 36).

Ma Paolo ha in Cristo, nella sua morte e nella sua risurrezione un motivo in più, o meglio ha in Cristo il motivo
fondante, per esortare all'amore per il nemico. Egli lo esplicita al capitolo 5 di questa stessa epistola quando
scrive: "Mentre noi eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo tempo è morto per gli empi. Difficilmente uno morirebbe per un giusto; ma forse per una persona buona qualcuno avrebbe il coraggio di morire. Dio invece mostra la grandezza
del proprio amore per noi in questo: che mentre eravamo ancora peccatori Cristo è morto per noi. (...) Se
infatti mentre eravamo nemici siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo, tanto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita" (Rom 5, 6-10). Quello che Cristo aveva insegnato, Dio lo aveva
compiuto in lui. Noi, nemici di Dio, siamo stati riconciliati con lui attraverso Cristo. Noi se crediamo in Cristo crocifisso e risorto, siamo chiamati a vivere in Cristo, a vivere l'amore che riconcilia, l'amore che dona, l'amore che non risponde al male per male.

2. La seconda ragione per cui dovremmo amare i nostri nemici sta nel fatto che sovente il nostro nemico più acerrimo si annida dentro di noi.
A posteriori talvolta, ci rendiamo conto che in alcune circostanze agiamo contro i nostri stessi interessi, in maniera autolesiva e, confessiamolo, anche completamente illogica.
E' come se in noi, in certe circostanze, si rivelasse un nemico che abita in noi, che cerca di distruggere quanto abbiamo, con fatica, costruito per la nostra felicità, per il nostro benessere. Così qualcuno si gioca a carte una fortuna accumulata con grande fatica, o si rovina con l'alcol o la droga. Perché lo fa? E’ nemico di se stesso.
Non possiamo nascondere che questo nemico interiore possa condurci a gravi stati patologici della psiche.
Facciamo l'esempio di un giovane cresciuto con una educazione molto severa e secondo gli stereotipi del machismo: ha interiorizzato che un uomo non piange, deve essere un duro, non deve mostrare debolezze, un vero uomo deve sapersi fare giustizia con le proprie mani, ecc.
E prendiamo il caso, ahimè, non infrequente, che questa persona, scopra di avere un diverso orientamento sessuale. Egli non sa perdonarsi questa cosa. Non è in grado di abbracciare se stesso. Si detesta. Sfugge dal confrontarsi con i propri desideri, coi propri pensieri. E dissimula tutto questo in comportamenti machisti e omofobi. Milita contro i diversi con violenza e con furore. E tutto questo perché non sa amarsi. Egli è il peggior nemico di se stesso, e poi lo diventa anche
di molti altri.

Amare il nemico significa in questo caso e in tanti altri casi, riappacificarsi interiormente. E' un cammino che può essere
lungo e difficile, richiede coraggio prima di tutto, poi introspezione, analisi, e soprattutto compassione verso le proprie ferite. Ma la cosa è evidente: amare il nemico che ci abita è una necessità, per giungere alla propria consapevolezza, per potersi guardarsi nello specchio con misericordia e vedersi per quello che si è, senza nutrire disagio e disprezzo di sé. Qualche volta questo percorso lo possiamo fare con l'aiuto di chi ci è amico e sa aiutarci, qualche altra volta questo cammino è invece apertamente ostacolato anche dalle persone alle quali vogliamo più bene: un fratello, un padre, una madre.

3. Ma qui viene in aiuto la comunità dei discepoli del Regno. Noi siamo chiamati ad essere la scuola dell'amore per il nemico sia quando il nemico siamo noi stessi, sia quando è un nemico esterno.

Come detto in premessa, la storia delle chiese – quasi tutte - è una storia spesso fatta di inimicizie, di odii, di intolleranza per le diversità, di persecuzioni. Proprio per questo attenzione a non ritenerci i migliori solo perché il Vangelo ha fra i suoi principi cardini proprio l'amore per i nemici. Non possiamo usare un principio così poco praticato per vantare noi stessi perché se siamo onesti riconosciamo che questo principio cardine è stato sconfessato, violato, mortificato, dimenticato nella nostra storia.

Eppure nella storia delle chiese spesso intolleranti verso le minoranze ci sono anche state belle storie di credenti che hanno preso sul serio questo comandamento e lo hanno riportato al centro della loro vita cristiana. Ci sono stati cristiani che hanno preferito la prigione al prendere le armi per la guerra, per esempio, quando l'obiezione di coscienza non era riconosciuta. C'è stato il grande movimento per i diritti civili capeggiato da Martin Luther King che sosteneva di resistere al male con fierezza ma amare il nemico con la speranza di trasformarlo in amico.

Una bella storia anche quella della piccola Unione Battista della Georgia che è stata a lungo perseguitata dalla maggioranza ortodossa attraverso le sue frange estremiste e violente. Comunità che hanno subito la distruzione e l’incendio dei loro edifici di culto e non nel secolo scorso ma nel 2002-2003. La Società biblica fu data alle fiamme e un attacco violentissimo fu sferrato il 24 gennaio 2003 alla celebrazione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani nella chiesa principale. E' accaduto che quando questi fanatici violenti sono stati alla fine condotti a processo il presidente di questa piccola Unione nonostante gli ingenti danni ricevuti ha detto di non desiderare altro che il loro rilascio, si è alzato ed è andato a dare la mano al nemico e ai suoi amici dietro le sbarre. Questo gesto ha inaugurato un tempo nuovo anche per il gruppo di violenti e le distruzioni sono cessate.
Ama il tuo nemico dunque, perché questa sembra essere l'unica maniera per superare e vincere l'inimicizia.

4. L'amore per il nemico ha dunque la sua declinazione nel Gran Comandamento: l'amore di Dio, l'amore per noi stessi, l'amore per il prossimo.

Ora se io chiedessi a ciascuno di voi se ha dei nemici, sono certo che molti risponderebbero che ci sono state delle circostanze particolari, ma che in linea di massima ciò con cui dobbiamo combattere non sono proprio dei nemici, ma delle piccole ostilità, dei piccoli ostracismi, delle mancanze di rispetto, delle incomprensioni, o dei pregiudizi. Piccole cose. Niente di drammatico.
Da questo, per quanto mi riguarda discendono due conseguenze. La prima, imparare a gestire le piccole cose. Avere la pazienza di chiarirsi, di capire bene l'altro, di chiedere scusa quando necessario, di vivere in pace "per quel che dipende da noi".
Ma poi anche non sottovalutare queste piccole incomprensioni e inimicizie, perché dalla trascuratezza possono nascere, magari per effetto di situazioni inedite, sentimenti forti di inimicizia familiare, etnica o razziale.

La comunità ci è data come una palestra spirituale. Veniamo qui a "scolpire" le nostre anime, tonificare i muscoli dello spirito, esercitarci nella reciproca comprensione.
Questo è il sale della fede cristiana. Così diventiamo piccole luci che brillando nell'oscurità possono illuminare il mondo intorno a noi anche quando non ne siamo pienamente consapevoli.