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MATTEO 10, 40-42 - L’ARTE DEL RICEVERE

Matteo 10
40 Chi riceve voi, riceve me; e chi riceve me, riceve colui che mi ha mandato. 41 Chi riceve un profeta come profeta, riceverà premio di profeta; e chi riceve un giusto come giusto, riceverà premio di giusto. 42 E chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è un mio discepolo, io vi dico in verità che non perderà affatto il suo premio».

Oggi vorrei parlarvi dell'"effetto spugna" in riferimento alla vita della persona umana e dello stesso effetto in riferimento alla vita del credente.

Come esseri umani siamo come delle spugne. Assorbiamo tanto dal contesto in cui siamo immersi. La nostra individualità come persone, e la nostra capacità di mettere in atto risposte anche molto originali rispetto al contesto in cui ci troviamo, non può e non deve tacere l'effetto spugna. Siamo enormemente influenzati dal contesto in cui viviamo. A cominciare dalla famiglia e dalle nostre relazioni fondamentali.
Sviluppiamo la nostra fiducia di fondo verso la vita per il fatto che già nei primi mesi di vita, ogni
volta che piangevamo disperati perché avevamo fame o sete, qualcuno prendendoci tra le braccia ci ha teneramente sfamato o dissetati.
Via via nella nostra crescita abbiamo assorbito insieme all'amore dei nostri genitori, il loro modello educativo. Poi pian piano abbiamo cominciato ad assorbire dal contesto più ampio: le amicizie, la
scuola, la società. Siamo diventati quello che siamo per mezzo di questo effetto spugna. Abbiamo assorbito tanto e metabolizzato psichicamente quanto abbiamo ricevuto.
Ovviamente abbiamo assorbito anche tanti veleni, o se volete tanta indifferenza, o inimicizia, o comunque cose negative. Il nostro effetto spugna non si è limitato al positivo, ma si è esteso anche alle cose negative.
Ed ora, lo sappiamo, che in certi contesti di degrado, di miseria spirituale ancor più che materiale, si finisce anche per assorbire i motivi della disperazione, del male. L'effetto spugna non ha smesso di fare di noi delle persone recipienti di tante cose. Nondimeno a parità di vantaggi o svantaggi dovuti al contesto, persone diverse hanno messo in atto reazioni diverse. Anche questo è vero, senza che questo smentisca, però l' effetto spugna che ci caratterizza come esseri umani. I casi in cui ci si riesce ad opporsi ad un contesto sfavorevole, sono delle eccezioni alla regola. In linea di massima tendiamo a conformarci al contesto. In una società di delatori, sviluppiamo più possibilità di diventarlo. In una società di corrotti, tendiamo ad essere più elastici verso le regole. In una società
autoritaria, tendiamo ad esserlo anche noi. Come il camaleonte tendiamo ad assumere il colore delle foglie su cui si troviamo.

Il nostro testo è consapevole di questo fenomeno, ma ce ne propone una declinazione spirituale, diversa, in riferimento alla fede cristiana.
Esso ci insegna l'arte del ricevere, perché noi non siamo il semplice prodotto della società in cui viviamo, ma perché noi possiamo diventare anche dei filtri, che purificano il contesto, umanizzandolo.

Ci troviamo spesso a riflettere sul tema del dare e dell'arte del dare: Lo sviluppo di una attitudine generosa e di servizio verso gli altri.
Qui l'enfasi è posta sulla parola ricevere. C'è un'arte nel ricevere che è propria dei cristiani.
I cristiani non sono semplicemente quelli che sanno dare, ma anche quelli che sanno ricevere.

Direi che teologicamente questa arte del ricevere addirittura viene prima dell'arte di dare. Perché ci aiuta a porci in una giusta posizione dinanzi alla grazia di Dio. Beato chi sa ricevere!!

La posizione del ricevere è passiva ma può esserlo in una modalità attiva e feconda. È passiva, nel senso che chi riceve, riceve qualcosa che non ha. Ricevere un dono, non richiede particolare merito,
ma riconoscerne il valore è ben altra cosa. Un conto è ospitare in casa tua qualcuno che non conosci e che non hai avuto interesse a conoscere, per pigrizia o per mancanza di tempo. Altro conto è ricevere qualcuno, per quello che egli o ella è. Se ricevi un profeta e sai riconoscerne il dono. Non
ricevi solo la persona, ma ricevi la sua profezia. La sua speranza entra nell'ambito esistenziale della tua vita e mette in circolo la speranza di cui egli/ella è portatore. Se ricevi un giusto come giusto, ovvero sei in grado di riconoscerne la giustizia, quell'atto di ricevimento, fa entrare in circolo qualcosa di molto importante circa il tuo modo di porti dinanzi alla giustizia.
Non è ovvio che sappiamo riconoscere il dono che ci viene offerto. Anzi il più delle volte non ne siamo capaci. La comunità cristiana dovrebbe essere proprio la palestra in cui ci esercitiamo in questo riconoscimento. Una comunità sana è un luogo per talent scout di doni spirituali. In una comunità sana, una persona che la frequenta, impara a riconoscere i propri doni spirituali e quelli altrui proprio mediante l'incoraggiamento che riceve e offre agli altri fratelli e sorelle.
L'effetto spugna non è semplicemente passivo e inconscio ma attivo e creativo. Impariamo a mettere in circolo il bene che riceviamo come energie positive che ci fanno crescere. Da spugne che assorbono qualsiasi cosa diventiamo dei filtri, che lasciano passare il positivo e invece impediscono ai veleni di amareggiare la nostra vita.

Saper ricevere è un'arte.

Ma di cosa si sta parlando in questo testo?
Si sta parlando di quelle persone che sanno offrire ospitalità ai discepoli, che a motivo del loro
discepolato di Cristo, conoscono avversità, persecuzioni e inimicizia da parte dello Stato come anche da parte delle propria famiglia naturale.
In questi casi anche un bicchiere di acqua fresca diviene un dono prezioso.
Dall’autobiografia di un giovane sudafricano Trevor Noah, figlio di uno svizzero e di un’africana Zhosa dal titolo: “Nato fuorilegge”, apprendiamo un episodio della vita di Nelson Mandela che ci ha colpito molto. Nelson Mandela era a quel tempo già presidente della Repubblica Sudafricana, incarico che – ricordiamo – venne dopo la sua carcerazione di 27 anni nel Sudafrica dell’apartheid. Lui era in un ristorante a pranzo con il suo staff quando vide un uomo bianco seduto da solo in un tavolo. Allora Mandela mandò un membro del suo staff ad invitare l’uomo a mangiare al suo tavolo. L’uomo accettò e si sedette al tavolo di Mandela. Poi la sua assistente sussurrò a Mandela che l’uomo secondo lei era molto malato perché percorso da grande tremore. Mandela le disse allora: “Non è malato. Lui era fra i miei carcerieri. E una volta dopo una lunghissima seduta di tortura ero nella mia cella tramortito e dolorante. Ho chiesto proprio a lui un bicchiere d’acqua ma lui mi ha
orinato in testa”. Ecco il senso e l’importanza di un bicchiere di acqua fresca. Anche un piccolo gesto come il dare o il negare un atto di misericordia può restare impresso per sempre nella memoria.

Qui siamo ad uno snodo fondamentale del testo che è tutto sulla missione: il dare e il ricevere sono
un'arte spirituale se diventano semplicemente la stessa cosa vista da un punto di vista diverso. Dai un bicchiere di acqua e nella coscienza di quel che fai ricevi indietro molto di più: speranza, giustizia, amore di Dio. I discepoli non avevano niente, né cibo, né soldi eppure avevano la parola della vita, curavano gli ammalati.
Dare e ricevere sono inseparabili. Chi dà senza essere capace di ricevere, non imparerà mai a dare. Chi riceve senza essere capace di dare non sarà in grado di riconoscere quel che sta ricevendo.

Dare e ricevere come i due momenti di un respiro spirituale completo. La chiesa è quel luogo in cui impariamo a respirare spiritualmente. Diamo e riceviamo. Riceviamo mentre diamo e diamo mentre stiamo ricevendo. Mandela resta per noi un esempio come questo dare ed avere siano
importanti e la grazia di Dio miracolosa. Pur avendo ricevuto il male, lui non assorbì il male ricevuto per restituirlo nella vendetta, ma al bicchiere d’acqua mancato tanto tempo prima, rispose con un gesto di accoglienza e di perdono. Diede pur senza aver ricevuto. O meglio diede quello che non aveva ricevuto dagli umani ma da Dio: la capacità e la forza del perdono e della grazia.