Questo sito web utilizza cookie per fornirti la migliore esperienza di navigazione.

Il Libro della Vita

Il Libro della Vita:
1 «All'angelo della chiesa di Sardi scrivi:
Queste cose dice colui che ha i sette spiriti di Dio e le sette stelle:
"Io conosco le tue opere: tu hai fama di vivere ma sei morto. 2 Sii vigilante e rafforza il resto che sta per morire; poiché non ho trovato le tue opere perfette davanti al mio Dio. 3 Ricordati dunque come hai ricevuto e ascoltato la parola, continua a serbarla e ravvediti. Perché, se non sarai vigilante, io verrò come un ladro, e tu non saprai a che ora verrò a sorprenderti. 4 Tuttavia a Sardi ci sono alcuni che non hanno contaminato le loro vesti; essi cammineranno con me in bianche vesti, perché ne sono degni.
5 Chi vince sarà dunque vestito di vesti bianche, e io non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma confesserò il suo nome davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli.
6 Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese".

La lettera alla chiesa di Sardi presenta una differenza rispetto alle precedenti perché non sembra indicare un nemico particolare dal quale i destinatari della lettera dovrebbero difendersi. Questa volta infatti non viene menzionata né una fazione interna alla chiesa che sta distogliendo la comunità da Dio né tantomeno si parla di pericoli esterni quali potrebbero essere un clima politico e religioso ostile (come per esempio nel caso della lettera indirizzata alla chiesa di Pergamo). Al contrario il monito rivolto da Gesù alla chiesa di Sardi è un monito rivolto alla maggioranza della comunità che sostanzialmente la avverte di guardarsi da sé stessa.
La diagnosi fatta da Gesù è tanto chiara quanto impietosa: la chiesa di Sardi mostra una facciata di salute ma in verità quest’impressione cela l’aridità di una vita interiore che si è spenta e che ormai giace morta. Attenzione però che l’accusa di Gesù non è un’accusa d’ipocrisia: in altre parole non ci troviamo di fronte a un eco delle parole che Cristo rivolge ai farisei e agli scribi chiamandoli “sepolcri imbiancati.” Questo punto è rivelato da due dettagli: prima di tutto dal tono stesso della lettera, che per quanto sia duro e diretto non è altrettanto aggressivo e furioso che nelle ultime lettere e in secondo luogo da ciò che Gesù dice delle opere dei sarditi. Dicendo che esse non sono state trovate perfette davanti a Dio, Cristo non vuole dire che le opere della chiesa di Sardi erano buone ma che si poteva fare meglio. Se guardiamo il testo greco, scopriremo che perfette traduce il vocabolo πεπληρωμένα, il quale racchiude in sé un riferimento al concetto di “pienezza” o di “completezza”. Quindi quello che Gesù vuole esprimere è che i cristiani di Sardi non hanno portato del tutto a compimento il proprio percorso spirituale: essi hanno accettato Cristo come loro Signore, ma non sono maturati nella fede, o perlomeno non quanto sarebbe stato nelle loro possibilità.
Quindi i destinatari della lettera alla chiesa di Sardi non sono dei nicolaiti o dei discepoli della falsa profetessa Jezebel, ossia non sono in altre parole dei credenti che hanno stravolto e pervertito l’Evangelo con pratiche pagane e per servire i loro interessi peccaminosi. La comunità di Sardi è invece abitata da quelli che saremmo tentati di chiamare “brava gente”, ossia persone che vivono attivamente la vita della chiesa e che in qualche misura prendono anche sul serio la fede evangelica, ma che per qualche motivo non sono andati “fino in fondo”, sicché Gesù è costretto ad ammonirli: le vostre opere, il che significa in definitiva le vostre vite, non sono complete alle opere di Dio; i cristiani di Sardi si sono convertiti ma dopo aver cambiato la direzione in cui puntava la loro vita hanno a un certo punto smesso di camminare lungo quella direzione, rimanendo invece fermi sul posto. Ma in questo caso rimanere fermi significa rimanere lontani da Dio e non importa quanta strada abbiamo già fatto, perché in ogni caso rimanendo fermi non riusciremo a raggiungerlo e questo inevitabilmente farà sì che le nostre vite rimangano incomplete.
Il fatto che il linguaggio della lettera sia relativamente più mite delle precedenti sembra suggerirci un altro dettaglio, ossia che i cristiani di Sardi ignorano di trovarsi in questa situazione. Quest’impressione è rafforzata dal richiamo di Gesù alla memoria e alla veglia: alla memoria di come la parola dell’Evangelo venne accolta la prima volta dai sarditi e alla veglia in attesa del ritorno del Signore. Anche in questo caso come nelle precedenti lettere il ravvedimento diventa quindi una profonda chiamata al ritorno del cuore di Dio attraverso Gesù e il suo messaggio. Questo ritorno si può effettuare solamente riscoprendo ancora una volta la freschezza di quel momento nella nostra vita in cui la grazia di Dio ha fatto irruzione cambiandoci per sempre e riscoprendo ancora una volta l’effetto liberatore di questa grazia, che ci schiude la presenza del Signore donandoci la speranza del suo ritorno, una speranza e una fede che ci fanno vivere come pellegrini in questo mondo e proietta il nostro sguardo verso l’orizzonte del Regno di Dio.
Pentirsi significa quindi riscoprire la libertà di cui ci è fatta dono nell’evangelo e riprendere a vivere la propria vita come persone pronte in ogni istante a ricevere la visita inaspettata del Signore Gesù Cristo.
Fratelli e sorelle di fronte a queste parole non possiamo evitare di porci in tutta onestà la domanda se non siamo forse anche noi tra i destinatari di questa lettera. Abbandoniamo per un momento ogni nostro giudizio su di noi e sulla nostra fede, sia esso positivo e negativo e ascoltiamo quello che il Signore ha da dirci. Queste parole di Gesù c’invitano a diffidare delle nostre intuizioni e ad affidarci invece a lui come unico e saggio Giudice. Chi si affida veramente a Dio ed è maturo nella propria fede al punto di poter dire di aver vinto sé stesso è anche colui il quale è in grado di smettere di cercare di dare una valutazione alla propria vita. Chi è giunto in questa posizione lascia che sia Dio a parlare su di lui e si conforma a questo giudizio, non come un’imposizione tirannica, ma come una parola che indica la strada verso la completezza della sua vita.
Potremmo allora chiedere come sia possibile per noi capire quale sia il giudizio di Dio nei nostri confronti e dove potremmo cercare di comprendere il modo in cui possiamo procedere verso la perfezione della nostra vita. Le prime risposte che potrebbero affiorarci alla mente sono la Scrittura e lo Spirito Santo: non è forse scritto che le prima ‘è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia’ (2Timoteo 3:16) e che il secondo è stato inviato per guidarci in tutta la verità (Giovanni 16:13)? Queste senz’altro sarebbero due riposte giustissime, ma limitandoci ad esse potremmo rischiare di perdere un punto fondamentale, ossia che spesso e volentieri Scrittura e Spirito Santo ci vengono mediate da altre persone; del resto come minimo la prima ha richiesto che degli esseri umani venisse messa per iscritto e oggi ci viene trasmessa con migliaia di traduzioni, commenti, spiegazioni, etc., mentre il secondo non potrebbe mai insegnarci o portarci a fare qualcosa di contrario a ciò che Gesù fece o insegnò, il che significa che per comprendere se una certa intuizione provenga dallo Spirito Santo dobbiamo sempre misurarla rispetto alla figura e alla vita di Gesù.
Questo quindi significa che spesso la volontà di Dio per noi è molto vicina a noi ed è resa evidente dalle persone che ci circondano e prima di tutto dai nostri fratelli e dalle nostre sorelle di chiesa. Spesso e volentieri l’azione dello Spirito Santo e gli insegnamenti delle scritture diventano vivi nelle persone che fanno insieme a noi il cammino di Gesù ed è a queste persone che dobbiamo guardare se vogliamo capire quale sia la volontà di Dio per noi. Non a caso, per ritornare alle parole della lettera alla chiesa di Sardi, Gesù invita coloro che sono spiritualmente deboli a cercare nella loro comunità quei pochi nei quali invece l’apparenza corrisponde con la sostanza, ossia quelle persone che hanno continuato a camminare in direzione di Dio senza fermarsi o distogliere lo sguardo. Se crediamo alle parole di Gesù dobbiamo concludere che persone di questo tipo esistono e che sono tra noi in questo momento, nelle nostre chiese. Forse noi stessi siamo una di quelle persone. In ogni caso siamo chiamati a cercarle per poter capire in che cosa essi assomiglino a Dio: ecco, quella sarà la volontà di Dio per noi, che noi diventiamo più simili a lui secondo l’esempio dei nostri fratelli e delle nostre sorelle che sono più maturi di noi nella fede.
A chi vince e mantiene puro il mantello bianco del Regno dei Cieli che si è ricevuto al momento della propria conversione – un mantello che pur essendo macchiato dal peccato può diventare nuovamente bianco qualora il peccatore si ravveda – Gesù assicura che il suo nome non verrà cancellato dal Libro della Vita. Questo libro non è un libro dei bravi ragazzi a cui si opporrebbe un libro della morte con i nomi di quelli che si sono comportati male (e infatti da nessuna parte nella Bibbia si parla di un libro della morte), ma è il libro della vita di Dio, lui che infatti è la vita stessa; meglio ancora, è il libro che racconta delle azioni e dell’operare di Dio in terra e che include in esso una menzione specifica, per nome e cognome, di chiunque abbia camminato con Dio, nello Spirito Santo, in questa vita. Di costui, Gesù che non accusa ma solo confessa il bene, Cristo parlerà a suo Padre, come un sacerdote che conduce nel santuario il popolo di Dio.

Questa settimana anziché volervi consigliare delle letture vi consiglio un ascolto, che spesso mi accompagna prima dei culti e che tocca profondamente il tema del sermone di oggi: “I am” di Kirk Franklin – un piccolo trattato di teologia, però cantato e suonato.