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Eravate tenebre, ora siete luce

Non è facile trovare la chiave di lettura del testo che oggi ci occupa. Il tema dell’intera sezione sembra essere la vita o esistenza del cristiano/a nel tempo presente che contiene il passato, eravamo e siete, ma che contiene allo stesso tempo la promessa del futuro, della risoluzione escatologica del paradosso del presente: essere luce ma allo stesso vivere in un mondo circondato da tenebre, che erano pure in noi, essere giustificati e allo stesso tempo peccatori redenti per grazia. Essere cristiani/e vivendo questo immenso paradosso irrisolvibile nel presente, e che solo si risolverà escatologicamente l’ultimo giorno, è dunque il tema e ci aiuta a cogliere la chiave di lettura del nostro testo.
Ma procediamo con ordine, in primo luogo diremo che in passato, ma spesso ancora oggi, si è cercato come chiave di lettura del testo il moralismo ascetico del divieto e dell’astensione di certi vizi e lo sforzo per raggiungere determinate virtù. In questa lettura sono individuati tre elementi, i vizi che contaminano l’anima, che dobbiamo evitare, di cui fuggire – non se ne dovrebbe nemmeno parlare fra di voi -. Il primo colpevole è il sesso, il secondo le parole oziose, il terzo l’avidità, ossia gli appetiti eccessivi  o fuori regola. Si è pertanto interpretato il testo nella logica dei testi stoici, si è ipotizzata la relazione stretta tra l’autore di Efesini e i moralisti stoici redattore di elenchi di vizi e di virtù, in questa prospettiva, il testo era e è letto come la descrizione della via alla santità personale attraverso l’astensione dai vizi e la pratica delle virtù. L’altra chiave di lettura prive ligia una lettura ebraica di Efesini, un rapporto con l’ebraismo rabbinico e dunque troviamo nel testo un invito ad astenersi da ciò che rende impuri nei confronti di Dio, di ciò che ci macchia dai peccati idolatrici o che non ci preserva puri i santi nei confronti di Dio. La logica sarebbe quella ebraica dell’astensione dei cibi impuri, delle azioni impure che contaminano. Certo, il linguaggio è quello, così sembra, ma il significato che ha in Efesini questo tipo di linguaggio è quello stoico o ebraico? Rifaccio la domanda: cosa ha a che vedere la logica stoica o ebraica con il cristianesimo? L’autore di Efesini non è uno stoico che ci voglie convincere della via alla santità attraverso l’ascesi filosofica della rinuncia, né un rabbino che ci insegna la via alla santità come un astenersi da mangiare o da fare questo o l’altro. No, questo non sarebbe cristianesimo.
Riprendiamo il tema della chiave di lettura tutta da trovare ancora. Ecco la prima: la santità cristiana del singolo credente e della chiesa, che sono già santi, che sono già ora luce mentre prima erano tenebre, non consiste nelle azioni compiute (astenersi da certi cibi, agonica lotta per compiere certe virtù che fanno di noi dei santi. Ma la santità della chiesa è un dono divino della grazia, come dono non è il risultato dei nostri ottenimenti, ma consiste nella santità di Cristo che ci è donata, o se volete, imputata, puro dono a ciascuno e a ciascuna di noi. Non è la meta dell’atleta olimpionico della fede, del muscolato dell’ascesi, ma è un dono. A noi fa sorridere l’orrore vacuis di chi si sente smarrito per il ritardo nella canonizzazione di GPII. Noi invece siamo già santi ma allo stesso tempo siamo peccatori, lo sappiamo perdonati per grazia e accolti impuri come eravamo per un atto di misericordia di Dio in Cristo. Prima chiave dunque, cosa hai che tu non abbia ricevuto? La seconda chiave di lettura: vediamo nello schema logico stoico dei vizi e delle virtù quale sarebbe la virtù da perseguire e sulla quale fondare la vita. Notate, quello che deve abbondare è l’azione di grazie. Non funziona lo schema moralistico dei vizi e delle virtù, rendere grazie sempre, ma se questa è la via alla santità in contrasto con la vita peccaminosa, quale virtù è il rendimento di grazie come via sanctificationis? Quante volte al giorno, all’ora dobbiamo rendere grazie, dobbiamo abbandonare i nostri mestieri e occupazioni chiuderci tutti in convento per rendere grazie la mattina il pomeriggio e la sera? Non è logico, non funziona perché non è questa la chiave di lettura. Certamente l’autore avverte contro una vita consumata compiendo azioni che non sono in quel tempo considerate giuste da nessuno. Ma non è questo il centro della predicazione cristiana Né della via alla salvezza.
Rendere grazie o azione di grazie eucaristia, facciamoci una domanda semplice, come deve reagire alla grazia colui/colei che è stato aggraziato, su quale base rifondare la propria vita chi prima era tenebre e ora per grazia è luce? Vive per grazia e dunque vive per rendere grazie a colui che l’ha salvato. La vita cristiana consiste dunque in un dono della grazia accettato per fede e per il quale rendiamo costantemente grazie a Dio in Gesù Cristo, attraverso lo Spirito Santo. Infine, terza chiave di lettura, più breve. Vediamo il testo di nuovo: eravate tenebre ma ora siete luce, vivete dunque come figli della luce. Qui abbiamo due tempi e un terzo tempo che si insinua tra il passato (eravate tenebre) e il presente (ora siete luce), questo tempo mescolato è vissuto nella luce ma è segnato dal fatto che eravamo tenebre e viviamo circondati dalle tenebre, questo ci segna, questo è vero in ogni momento della nostra esistenza, oggi, domani e fra vent’anni, sempre, mentre vivremo eravamo in ogni istante della nostra vita tenebre, ma ora nel momento che viviamo siamo luce per la grazia divina che ci chiama e sorregge, che mantiene la sua promessa di fare di noi luce malgrado tutte le nostre tenebre. Nell’oggi si alternano luce e tenebre, ma la promessa divina è che prevarrà la luce, che la grazia è sufficiente perché chi crede in lui vivrà. Si insinua dunque l’esjaton in questa condizione del cristiano/a che vive ora e vivrà sempre questo tempo del paradosso e della contraddizione. Questo è il paradosso descritto da Lutero, il cristiano/a non è colui che lotta per la propria santità ma che è sempre peccatore giustificato e santificato dalla giustizia e santità altrui, quelle di Cristo. Non sarà grazie ai tuoi sforzi ed ascesi che diventerai santo e sarai salvato, non per te stesso e il tuo sforzo, questo è illusione, hebel, vanità della carne e sminuire la grazia,  ma ora sei luce. Il paradosso non si risolve se non alla fine, nell’esjaton che non consiste nei nostri progressi verso la santità, che non consiste in cose che si otterranno alla fine, premi per i giusti, condanne per i peccatori, ma è il ritorno di Gesù, della luce del mondo a riprendersi tutte la luci fragili che ha acceso in noi attraverso la fede.