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Non giudicate!

Testo: Matteo 7:1-6

Matteo 7:1-6
=Lu 6:37-38, 41-42
1 «Non giudicate, affinché non siate giudicati; 2 perché con il giudizio con il quale giudicate, sarete giudicati; e con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi. 3 Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell'occhio tuo? 4 O, come potrai tu dire a tuo fratello: "Lascia che io ti tolga dall'occhio la pagliuzza", mentre la trave è nell'occhio tuo? 5 Ipocrita, togli prima dal tuo occhio la trave, e allora ci vedrai bene per trarre la pagliuzza dall'occhio di tuo fratello.
6 Non date ciò che è santo ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le pestino con le zampe e rivolti contro di voi non vi sbranino.
1.      “Non giudicate!
E si intende non giudicate le persone, anzi “non giudicate i fratelli e le sorelle della comunità.
“Non giudicate!” ma si dovrebbe meglio tradurre, anche alla luce del testo parallelo di Luca, “Non emettete sentenze di condanna nei confronti dei vostri fratelli e sorelle in fede”.
La chiesa è il luogo per annunciare il perdono di Dio ed esercitarsi al perdono reciproco, non al giudizio e alla condanna degli uni contro gli altri.
Gesù era seguito da tante persone che accorrevano a lui. Spesso perché avevano qualche urgenza da portare, per le loro sofferenze. Ma spesso correvano da lui perché riconoscevano in lui un maestro diverso da altri personaggi religiosi, perché Gesù non li giudicava. Egli era venuto a salvare. I pubblicani e gli esattori delle tasse, le donne di strada e ogni sorta di gente di malaffare, venivano attratti dalla sua parola di misericordia.
“No giudicate!”, siate come Gesù.
Lasciate che vengano quelli che hanno vissuto una vita sbagliata e accoglieteli con un abbraccio come ha fatto il vostro maestro.
Annunciate la “liberazione ai prigionieri”, non solo a quelli che sono in carcere per sentenze ingiuste, ma anche a quelli che vi si trovano a causa dei crimini che hanno commesso. Vuol, forse dire che Gesù non ha in considerazione il dolore e quindi il rispetto delle vittime? Certamente no. La giustizia che egli invita i discepoli a ricercare, non è quella retributiva dell’occhio per occhio, dente per dente, ma è giustizia rigenerativa. Essa crea e ristabilisce nuove relazioni mediante l’amore di Dio palesato in Cristo Gesù.
“Non giudicate!” perché questo compito non spetta voi, ma a Dio.
Non giudicate perché voi giudicate sempre e solo sulla base di quel che sapete che è solo una parte e spesso è una parte infima rispetto a tutta la verità.. I vostri giudizi umani sono superficiali. Voi non conoscete cosa ci sia a monte, voi non conoscete in profondità, e in verità non potete neppure dire se voi stessi, in certe particolari condizioni, non avreste potuto commettere un crimine simile.
“Non giudicate!”.
Liberatevi anche da questa sollecitudine ansiosa: quella di dover sempre emettere una sentenza. Abbiate una naturale e istintiva ritrosia a farlo. Non giudicate. Non condannate il vostro fratello e la vostra sorella. (Questo fece Gesù in difesa della donna adultera)
“Non giudicate, affinché non siate giudicati” Infatti voi siete il popolo dei graziati. A voi è stato rimesso un debito molto grande, che non avreste mai potuto estinguere da soli. Questo significa che siete stati salvati per grazia. Perciò “Non giudicate!”.
Questo è lo stile del credente, e questa dovrebbe anche essere la caratteristica principale di una chiesa cristiana. Una comunità umana e spirituale, dove non ci si giudica, ma ci si accoglie nel nome del Dio che perdona!
2.       “Perché con il giudizio con il quale giudicate, sarete giudicati; e con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi.”
Ma se proprio ci siete costretti…
Che significa? Gesù si sta già contraddicendo?
Si perché, solo un poco più avanti Gesù ammonisce di guardarsi dal falsi profeti, ”i quali vengono da voi, in vesti di pecore, ma dentro sono lupi rapaci”.
Bisogna proteggere il piccolo gregge da alcuni che sono rapaci.                                                    Non siate giudicanti, ma siate giudiziosi, potremmo dire.
Fatemi fare un solo esempio, valido per tutte le altre circostanze: pensate a quelle persone che approfittando del clima di fiducia che c’è in una chiesa  si sono introdotte nella comunità e hanno molestato o violentato dei bambini… Cosa c’è di più minaccioso alla fede della chiesa che la tolleranza, o anche solo la copertura di casi simili.
Ci sono delle circostanze in cui il giudizio è necessario, anzi doveroso.
Anche l’apostolo Paolo conosce circostanze simili, quando chiese, ad esempio, l’allontanamento dalla chiesa di Corinto di una persona che aveva commesso un incesto. (1 Corinzi 5)
“Non giudicare, dunque” ma se proprio lo devi fare, sii equo. Usa una sola misura.               Sapete qual è la parola greca per “misura”? E’ la parola “metro”. “Col metro che usate, sarete “metrizzati” voi stessi”. Vale a dire, aggiungo io, che il metro deve essere sempre quello di 100 centimetri. Non può essere una volta di 50, quando si tratta di voi stessi, e una volta 100 quando si tratta degli altri.
3.      Se devi giudicare tieni presente che se una persona ha una trave in un occhio, l’unico che non può vedere quella trave è chi la tiene.
Immaginate una persona che ha un occhio trapassato da una trave che cerchi con la lente di ingrandimento di vedere la pagliuzza dell’occhio del fratello. E’ ridicola. Tutti riderebbero di lui/lei. E’ come un elefante in un negozio di cristalleria. Il suo comportamento assomiglia a quello degli ipocriti, di cui quelli per eccellenza sono certi farisei, i quali colano i moscerini degli altri, e ingoiano enormi cammelli propri.
Questi ipocriti sono come attori. Recitano una parte. Non sono autentici. Anzi sono goffissimi nella loro doppiezza.
4.      Il detto sul bruscolo e la trave mette alla berlina quelli che si comportano in questo modo. Perché sono così bravi a riconoscere il bruscolo del fratello? Perché evidentemente, si sentono gratificati e giustificati dagli errori altrui rispetto ai propri. Questi li aiutano a sentirsi giusti, superiori: io ho rubato, ma non sono come quello che ha ucciso. Io ho ucciso, ma non sono come quello che ha violentato una donna. Io ho commesso violenza contro una donna, ma non ho abusato di un bambino ecc. Essi pensano al detto citato da Gesù come se il loro fosse il bruscolo e quello degli altri la trave. 
Quando si prende l’aereo, prima della partenza ci sono le indicazioni di routine di cosa fare in caso di avaria. Solitamente le frasi e i gesti passano del tutto inascoltate da quelli che prendono l’aereo spesso. Tra le altre cose viene ripetuto che in caso di mancata pressurizzazione della cabina, allo scendere delle maschere, se si ha a fianco un bambino, prima la persona deve indossare la propria maschera e poi può dare aiuto a chi ha vicino. Non è un insegnamento all’egoismo, ma monito che se non si è nella condizioni di aiutare gli altri, si finisce solo di arrecare maggior danno.
5.      Uno potrebbe dire: “Ma non è forse cosa nobile provare a togliere il bruscolo dall’occhio altrui?”, non è anche questo l’obiettivo di una genuina azione di fraterna riprensione? Vero. Non giudicare, ma se lo devi fare, fallo per il bene altrui e non per mettere a posto la tua coscienza.
Non c’è cosa più difficile che una riprensione fraterna. 
Mia madre, quando poco più che ventenne le annunciai che avrei smesso di frequentare la facoltà di ingegneria, perché avevo deciso di diventare protestante (io che ero di famiglia cattolica), perché mi sentivo chiamato a fare il pastore, lei che mi amava più della sua vita, e aveva per me una immensa considerazione, mi disse che era preoccupata che stavo diventando un fanatico. Ci rimasi molto male. Dico la verità sul momento fui profondamente rattristato da quelle parole. Ma quelle parole entrarono in me, anche se mi diedero molto dolore, perché io sapevo che mia madre mi amava e mi stava dicendo qualcosa per il mio bene. Certe volte bisogna confrontare i propri figli, quando si crede in perfetta buona fede che stanno facendo qualcosa di sbagliato. Niente di più penoso che quei genitori che intervengono a difendere i figli sempre e comunque, anche quando hanno commesso qualcosa di profondamente sbagliato.
Naturalmente mia madre, in quella severa riprensione, aveva torto. Io non ero un fanatico. Ma vi confesso una cosa che forse vi potrà sorprendere: avrei potuto diventarlo. Ho visto persone che hanno fatto una genuina esperienza di fede che poi sono diventati dei fanatici, o se preferite, degli ipocriti. Quella parola di mia madre, benché inappropriata al mio caso, mi ha aiutato costantemente a sventare, almeno spero, un pericolo sempre incombente in  chi vuole essere discepolo del Signore e magari farlo in maniera radicale. Mia madre ha potuto svolgere quel ruolo così benefico per la mia vita, pur sbagliando, per una ragione molto semplice: non avevo alcun dubbio sul movente: ella mi amava e voleva il mio bene.
Ecco la riprensione fraterna, il rilievo sul bruscolo dovrebbe venire all’interno di una relazione in cui chiaramente chi fa l’osservazione  sul bruscolo innanzitutto ha lavorato sulla sua trave e poi appare agli occhi della persona che la riceve come autenticamente mossa dall’amore e non da altro.
Quando eravamo pastori a Napoli e andavamo a portare da mangiare a persone senza fissa dimora e tossico-dipendenti, veniva con noi anche Elia, un ragazzo che era stato eroinomane per lungo tempo, e che a seguito della sua conversione era venuto fuori da quella vita che lo aveva a lungo degradato. Elia era un uomo di grande compassione. Ed io ricordo che quando questi ragazzi per estorcerci denaro ci raccontavano ogni sorta di bugia, Elia era molto diretto, non si faceva abbindolare ma li smascherava senza troppi giri di parole. Con lui non reagivano, come avrebbero fatto con noi. Lo ascoltavano. Essi sapevano che quello che Elia  diceva loro veniva da uno che aveva lavorato con impegno con la sua “trave”, e che lui era lì non per giudicarli, ma per aiutarli a cominciare una vita nuova, nel segno della verità e dell’affrancamento dalla schiavitù della droga.
6  Un’ultima parola sul versetto finale, di non facile interpretazione. Ovviamente non possiamo interpretarlo nel senso di un disprezzo verso “cani e porci”. Questo contraddirebbe palesemente tutto quanto abbiamo detto finora. L’unico significato plausibile è che se il nostro intervento non è fatto “giudiziosamente” può addirittura causare un meccanismo di reazione peggiore della situazione di partenza. Bisogna aspettare il momento propizio perché il giudizio abbia il suo effetto costruttivo e non demolitivo, e questo può avvenire solo quando è riconosciuto il suo prezioso valore.
 
Conclusione:
Fratelli e sorelle,
vogliamo essere una chiesa che davvero annuncia il Vangelo della grazia?
Non giudichiamo!
Facciamo vedere a coloro che vengono qui anche solo per una visita, che nella nostra comunità non c’è gossip, non c’è pettegolezzo. Mostriamo che qui ciascuno di noi è alle prese con la propria trave, per diventare una persona migliore, e che non abbiamo tempo per dedicarci a fare l’analisi cavillosa del comportamento degli altri.
Mostriamo che qui siamo una comunità di giusti, solo perché siamo stati toccati dal perdono di Dio.
Ma se proprio dovessimo essere costretti a farlo, a causa di un motivo grave  facciamolo con equità, con equilibrio, dando il buon esempio, e soprattutto mossi dal bene altrui e non dai nostri scrupoli religiosi.
Aiutiamoci a crescere nella fede l’uno con l’altro, incoraggiandoci ed esortandoci a vicenda.
Abbiamo pazienza l’uno con l’altro, perché Dio ne ha avuta tanta con noi tutti.