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Ma ora…

Una meditazione in occasione della Veglia per il superamento dell’omo e transfobia 2019
Chiesa Cristiana Evangelica Battista di Milano- Pinamonte

 
1 Ma ora così parla il SIGNORE, il tuo Creatore, o Giacobbe,
colui che ti ha formato, o Israele!
Non temere, perché io ti ho riscattato,
ti ho chiamato per nome; tu sei mio!
2 Quando dovrai attraversare le acque, io sarò con te;
quando attraverserai i fiumi, essi non ti sommergeranno;
quando camminerai nel fuoco non sarai bruciato
e la fiamma non ti consumerà,
3 perché io sono il SIGNORE, il tuo Dio,
il Santo d'Israele, il tuo salvatore;
io ho dato l'Egitto come tuo riscatto,
l'Etiopia e Seba al tuo posto.
4 Perché tu sei prezioso ai miei occhi,
sei stimato e io ti amo,
io do degli uomini al tuo posto,
e dei popoli in cambio della tua vita.
5 Non temere, perché io sono con te;
io ricondurrò la tua discendenza da oriente,
e ti raccoglierò da occidente.
6 Dirò al settentrione: «Da'!»
E al mezzogiorno: «Non trattenere»;
fa' venire i miei figli da lontano
e le mie figlie dalle estremità della terra:
7 tutti quelli cioè che portano il mio nome,
che io ho creati per la mia gloria,
che ho formati, che ho fatti.

C’è un “Ma ora…” che può essere compreso soltanto se sappiamo che c’era un prima, un passato che ancora stende la sua ombra sul presente: E’ stato così – dice il profeta - forse per molti di voi è ancora così, “Ma ora…” tutto cambia.
Ma cosa cambia? Cosa voleva annunciare al popolo d’Israele il profeta?

L’intenzione del profeta chiamato ad essere una voce che grida nel deserto – deserto di fedeltà, deserto di speranza, deserto di coscienza di sé, deserto di autostima – era di riportare all’attenzione di un popolo prostrato e umiliato la buona notizia che Dio non lo aveva abbandonato. Abbiamo detto “popolo” ma Israele viveva come deportato in Babilonia ormai da molti decenni e possiamo dire che forse non sentiva più neppure di essere un popolo tanto le persone erano disperse, divise, avvilite, la propria identità collettiva frammentata e confusa.
In effetti la prima difficile sfida del profeta era proprio quella di chiamare a raccolta un popolo che non era più tale, chiamarlo per nome, restituendolo a se stesso. L’operazione nuova che fa questo profeta è questa: lui, che conosceva molto bene i salmi, usa un linguaggio in seconda persona singolare, cioè un linguaggio scritto da una persona singola e per un individuo e lo trasforma in un messaggio per il popolo intero. Attraverso il profeta Dio parlava al popolo-non-più-popolo come a una persona sola e una persona cara! E parlando in questo modo gli individui diventavano gradualmente di nuovo popolo. E’ così che succede. E’ la magia della lingua. Tu puoi parlare ad una persona sola e usi il plurale e nel cuore di chi ascolta lui o lei non è più solo/a ma insieme agli altri. Come la preghiera che Gesù insegnò ai suoi, il Padre nostro. Tu preghi da solo davanti a Dio nella tua cameretta, la porta chiusa, ma il tuo orizzonte è collettivo, tu sei parte di un grande popolo che prega come te e con te.
E poi c’è l’operazione opposta: tu parli a più persone ma parli loro con il tu, usi un linguaggio confidenziale che ti entra nel cuore. E chi ascolta non è più una somma di individui isolati ma diventa quel popolo di cui Dio collettivamente si prende cura.
In realtà il profeta di questa pagina, fa tutte e due le operazioni insieme, parla agli individui al plurale e li fa sentire parte di un popolo unico e a più persone insieme parla al singolare offrendo loro un’unità che sembrava ormai definitivamente persa.
Ma cosa dice il profeta che si sente parte integrante del popolo a cui si rivolge e riceve da Dio la stessa parola che annuncia? Gli racconta di nuovo la loro storia e raccontandola mette in luce che Dio è sovrano, sovrano della Creazione - diversamente dagli idoli delle nazioni – e sovrano anche della storia nel giudizio in cui Israele è stato sordo e cieco.
Questa era la parte più difficile del messaggio del profeta. La sua gente si era lamentata per essere stata preda dei babilonesi e oggetto della loro violenza imperiale. Dio non si è curato di noi, ci ha svenduto per due soldi, erano le accuse. La vita di un popolo come di un individuo può essere attraversata molte volte da questi pensieri e il profeta lo sa. Difficile dunque far comprendere che le vicende storiche di cui Israele è stata vittima sono state frutto delle sue scelte sbagliate, conseguenza del suo stesso peccato. Eppure era proprio così.

Faccio un esempio. Rileggendo testi che parlano della distruzione di ebrei, rom, omosessuali, malati di mente, sotto il regime nazista e fascista in Europa, si capisce bene che c’erano stati segnali molto forti di antisemitismo e intolleranza violenta verso tutte quelle le categorie che furono poi mandate nei campi di sterminio, ben prima delle leggi razziali e delle deportazioni. La storia insegna che se un popolo non reagisce e si oppone subito e compatto contro i processi di disumanizzazione di gruppi sociali all’interno di una comunità, se non reagisce all’autoritarismo e alla tirannide e pensa solo al proprio piccolo orticello poi diventa sempre più difficile farlo quando i violenti prendono il sopravvento e il completo controllo della situazione.
Così si può dire che il popolo tedesco  che non si è opposto alla violenza prima solo verbale e poi sempre più fisica e poi divenuta violenza di regime, legittimata dalle leggi razziali, è divenuto pienamente complice dei crimini di regime. Direbbe l’antico profeta che le tragedie storiche che sono avvenute sono avvenute a causa di questi peccati collettivi.

Ma dire queste cose al popolo non era mortificarlo ancora di più, colpevolizzarlo inesorabilmente?
No. Lo scopo era quello di aiutare il popolo-non-più-popolo ad  imparare dai suoi errori.

Questo è molto importante oggi per noi. Imparando dalla storia dei nostri errori come popolo dobbiamo resistere agli idoli del nostro tempo e opporci al processo di disumanizzazione di alcuni gruppi umani, processo che si sta di nuovo verificando proprio sotto i nostri occhi. Se si calpesta il pane destinato ai poveri come è successo a Torre Maura a Roma perché Rom si toglie simbolicamente e fisicamente il diritto di vivere a delle persone umane come noi. Se si bullizza un uomo con fragilità psichiche e lo si uccide scambiandosi video e ridendo del dolore inferto e, come comunità, si fa finta di niente o si minimizza, noi come società  abdichiamo al dovere di proteggere i più deboli. Se si toglie a una famiglia il diritto a un’abitazione dignitosa legalmente assegnata perché straniera, si calpestano le leggi che ci siamo dati. Se si pensa che non sia niente di grave ridicolizzare o picchiare qualcuno perché gay, si semina intolleranza e si legittima un’idea di superiorità di un tipo umano sull’altro che è contraria alla costituzione italiana e al Vangelo di Cristo. Se si condannano esseri umani a morire annegati mettendo una taglia su ogni persona salvata come fossero schiavi e in vari modi si impedisce il loro salvataggio ci si macchia collettivamente più volte del crimine di strage.
Imparare dal passato ci aiuterà a non voltarci dall’altra parte e lasciar correre prima che sia troppo tardi. Imparare dal passato abbatte gli aspiranti idoli del presente.

Quindi, dice il profeta, nel passato è stato così, è accaduto quello che è accaduto, siete stati sordi e ciechi, non avete testimoniato di me come mio popolo presso gli altri popoli, avete imboccato una strada di autodistruzione, MA ORA……. Ma ora Dio parla al tuo cuore e ti dice: “Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome; tu sei mio!”  “Tu sei prezioso ai miei occhi, sei stimato e io ti amo”, “Non temere, perché io sono con te”.

E ascolta: il Dio che ti dice di imparare dai tuoi errori del passato è lo stesso Dio che ti dice oggi “Quando dovrai attraversare le acque, io sarò con te”. Cioè è lo stesso Dio che nel tuo passato di popolo rese possibile l’attraversamento del Mar Rosso a un popolo schiavo in fuga verso la sua libertà.
E’ lo stesso Dio che nel passato ha liberato un popolo-non-popolo umiliato, come sei tu oggi, e gli ha dato un futuro che sembrava impossibile, è lo stesso Di che ha ascoltato il grido degli oppressi e che li ha raccolti dall’abisso della loro sofferenza.
Dunque una parola ci è data per ricordarci in quale Dio abbiamo creduto. Un Dio che ascolta il grido dei sofferenti, un Dio che prende posizione accanto a loro, un Dio che non si rimangia la promessa di benedizione, un Dio che non ci lascia per sempre alle conseguenze dei nostri torti ma perdona e chiama a nuova vita.

Ecco cosa dice il nostro Dio a chi oggi è oppresso e solo:

Non temere! Ce lo dice due volte in 7 versetti. C’è speranza, c’è una possibilità di vita nuova per le persone e per i popoli ma questa vita nuova non può essere una vita dominata dalla paura.
Alla base della discriminazione e della sopraffazione di un gruppo su un altro non c’è solo la cattiveria e il disprezzo, c’è anche sempre la paura. E oggi anche noi come popolo siamo spesso immobilizzati dalla paura, anzi dalle paure che qualcuno semina in mezzo a noi per dominarci: paura dell’invasione, paura dell’islamizzazione, paura del terrorismo e paura di ogni diversità vista come destabilizzante.
Dio ci ripete: non aver paura!
Anche Gesù pur nel turbine che stava per inghiottirlo osò dire ai suoi: “Vi lascio pace, vi do la mia pace. Io non vi do come il mondo dà. Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti” (Giov 14, 27). E nel bel mezzo  della tempesta con la barca che stava  affondando Gesù disse ai suoi: “Perché avete paura, gente di poca fede!”
Non può essere la semina della paura a guidare i nostri destini. La paura è cattiva consigliera. Per paura si tace, per paura si scappa dalle proprie responsabilità, per paura ci si arma e ci  si difende attaccando irrazionalmente.
Non temere, disse ancora Gesù al piccolo gruppo dei suoi discepoli: “Non temere, piccolo gregge; perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il regno”.

Dio ci dice “Non temere!” E la ragione? “Tu sei prezioso ai miei occhi, sei stimato, io ti amo!”.
La paura è vinta dall’amore di Dio che non ci svende per pochi soldi come pensavano i deportati in Babilonia, ma anzi sconfigge nazioni potenti per salvare i piccoli. “Tu sei stimato”. Questa è la buona notizia e io ti amo.

Dio ama chi pentito dei suoi errori torna a lui! Singolarmente e collettivamente. Dio ama i disprezzati, quelli che il mondo considera nulla, quelli che il mondo emargina e caccia via, quelli che bullizza e ridicolizza. Dio sta dalla loro parte. Sempre!!!!
Ecco la buona notizia di oggi! Essa è una buona notizia per chi accetta tutte e due gli aspetti di questa pagina mirabile: Impara dai tuoi errori e non aver paura! Dio ti sceglie e ti ama insieme a tutti coloro che il mondo disprezza. Tu sei nel cuore di Dio per salvarti e donarti una futuro di grazia libero da ogni violenza.
Ecco il “Ma ora…” che segna la cesura, che segna il passaggio fra un prima di solitudine e un dopo di speranza e di futuro riscattato.
La prossima settimana avremo un momento molto importante per 5 persone in particolare e per tutta la comunità. La prossima domenica 5 persone scenderanno nelle acque battesimali. Dice il Signore: “Quando attraverserai le acque Io sarò con te!”.  Ecco l’illustrazione più bella e più vera di quanto questa pagina di Isaia ci dice.