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Pace a voi! Pasqua 2019

La sera di quello stesso giorno, che era il primo giorno della settimana, mentre erano chiuse e porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, Gesù venne e si presentò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. E detto questo mostrò loro le mani e il costato.

La sera del primo giorno della settimana, troviamo i discepoli raccolti. Maria Maddalena aveva raccontato loro del suo incontro con Cristo e questo annuncio era già riuscito a raccogliere i discepoli dispersi. Ma questa comunità è ancora a porte chiuse dominata dalla paura.
Le porte chiuse richiamano l'idea di un sepolcro chiuso, la paura ha un acre odore di morte.
Confrontati con l'annuncio della Maddalena, i discepoli devono ancora capire cosa è davvero accaduto. Pietro e il discepolo amato erano stati alla tomba ma "non avevano ancora capito la Scrittura, secondo la quale Gesù doveva risuscitare  dai morti".
Ma Gesù appare ai discepoli. La tomba non ha potuto trattenere la nuova vita ricevuta dal Padre così il luogo chiuso in cui si trovano i discepoli non poté impedire l’ingresso del Risorto. Gesù per farsi riconoscere  mostra il segno delle mani e del costato. La croce è la sua carta di identità. Si avrà certezza della sua identità, ripartendo sempre dai segni indelebili che la croce ha lasciato. La prima parola che Gesù consegna ai discepoli è "Pace a voi". E' molto di più di un saluto, è una ricucitura.
Quando Gesù era andato incontro alla sua ora, aveva mostrato una tenera premura per i discepoli. Temeva lo sbando, la disgregazione, lo scoraggiamento. Aveva detto: "Io vi lascio pace. Vi do la mia pace. Io non vi do come il mondo dà. Il vostro cuore non si turbi e non siate sgomenti".
E così, il Signore riscattato dai legami della morte, pensa subito di confermare nella pace i suoi discepoli. E' come la corsa della madre, attardata da importanti faccende, nella stanza del bambino che piange perché ha fame. Gesù ritrova Maria Maddalena e poi gli altri discepoli e consegna loro quella pace esistenziale di cui hanno bisogno, come il latte per il neonato.
Sgomento e turbamento sono gravi pericoli per una fragile cristianità che si riconosce impotente in un mondo dominato dall'ingiustizia. I cristiani sono oggi considerati degli illusi, dei velleitari, dei perdenti. Il pericolo è che essi stessi si convincano della loro impotenza e irrilevanza. Il mondo è governato da potenze incontrastabili. Oggi il controllo sfugge perfino ai governi e alle Nazioni Unite. Passa attraverso l'enorme potere economico delle multinazionali, e la gestione delle banche dati, con le quali si governano i consumatori e le loro coscienze e il loro modo di pensare. I centri del potere si sono smaterializzati, è proprio per questo che sono divenuti sfuggenti. C'è il pericolo che i cristiani cadano in uno stato depressivo di sgomento e di turbamento. "Pace a voi" è il primo atto di resurrezione. La vostra pace non viene da questo mondo, ma dal legame che abbiamo col risorto. La pace è condizione che riceviamo dalla parola del Risorto. E in quanto creature pacificate, possiamo aprirci a qualcosa di nuovo. Possiamo spezzare il cerchio magico e diabolico, di una creazione chiusa, condannata all'assurdo.
La pace che riceviamo è il primo frutto della resurrezione. Essa ci restituisce il Crocifisso, non più come lo sconfitto dal potere schiacciante di questo mondo, ma come Colui che ha vinto per mezzo della forza dell'amore. Mettete il vostro cuore in pace, ma non per rassegnarvi, come solitamente si dice, ma per aspettarvi cose inedite che vengono da Dio.

I discepoli dunque veduto il Signore si rallegrarono. Allora Gesù disse allora di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre mi ha mandato, anche io mando voi”
Dopo il dono della pace che crea immediatamente un’ incontenibile gioia nel cuore di chi lo riceve, il dono della pace – quella pace che il mondo non può dare di cui Gesù aveva parlato prima  di soffrire – diventa subito dono la condividere. Se Gesù, spirando l’ultimo respiro, aveva compiuto la volontà di pace e di salvezza di Dio Padre donando se stesso, ora coinvolge i suoi immediatamente in questa volontà di pace e di salvezza: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi!”.   La pace è missionaria potremmo dire!
La pace, radicata nella gioia di aver ritrovato il Signore, non è un bene privato da amministrare all’interno di una cerchia chiusa, soddisfatta di sé, un élite autosufficiente che canta le lodi di un Dio personale e privatizzato. La pace è compito mondiale.
Come il Padre ha mandato me, io mando voi! E’ incredibile, se ci pensate, che un gruppo di pavidi, paurosi, per molti aspetti inconcludenti e inconsapevoli individui possano immediatamente essere inviati al mondo a portare il bene messianico della pace! Che spropositata fiducia mostra Gesù verso queste piccole persone ancora chiuse a chiave per paura del mondo lì di fuori! Ricordavano gli sputi, le cattiverie, le frustate, le calunnie, le torture... Ma era proprio rivolto a loro quell’invito?
Come il Padre mi ha mandato, anche io mando voi! La parola missione viene da questa parola: mandare.  Nella storia ci sono state le missioni, tante e diverse. Alcune missioni, specie nei primissimi secoli, sono state portate avanti da uomini e donne disarmate, povere, ripiene soltanto di tanta traboccante gioia da andare e rischiare tutto per portare il dono della pace, l’annuncio di fratellanza oltre ogni pregiudizio e barriera, l’annuncio del Regno di Dio avvicinatosi in Cristo, la speranza della vita eterna. Altre missioni sono nei secoli a più riprese invece partite al seguito di eserciti invasori, portando la parola di un dio prepotente che si imponeva con la forza della legge promulgata dai vincitori. Questo è avvenuto tante volte e non solo nei tempi passati. Ci sono state vecchie ma anche nuove e nuovissime crociate. Per questo la parola missione ha oggi un suono ambiguo e spesso settario.
Ma il Risorto appena incontrato i suoi ha detto: Come il Padre mi ha mandato, anche io mando voi!  E in questa frase c’è tutto! La missione non è la nostra, non è la missione battista… protestante… cattolica… ortodossa… NO! E’ la missione di Dio: come il Padre mi ha mandato, io mando voi. Siamo invitati a partecipare nella missione di Cristo, di Dio. Come Lui anche noi! La vita di Gesù è il programma della nostra missione. La sua parola di umanizzazione dell’umano è la nostra parola. La sua comunione con i dimenticati, la nostra comunione. La radicale nonviolenza nelle relazioni, la nostra nonviolenza.
Avanti! Questa non è la nostra missione ma la missione di Cristo. La sua forza è la gioia. Il dono da portare è la pace. Il suo metodo, l’amore per il nemico.

"Detto questo, soffiò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo"
La resurrezione di Cristo è realtà dinamica. Non può essere dimostrata, ma sperimentata accettando la sfida ad andare incontro al mondo col cuore pieno dell'amore ricevuto dal Signore.
La resurrezione non ammette una statica e pigra contemplazione, ma è entrare nella dinamica di Dio che rinnova tutte le cose a cominciare dai credenti.
Alitare sui discepoli per conferire loro lo Spirito Santo, richiama l'atto creativo di Dio all'origine. I discepoli e le discepole, nella esperienza della resurrezione, vengono rigenerati: la paura si trasforma in coraggio, l'amore per se stessi diviene slancio per l'altra, la rassegnazione alle strutture ingiuste del mondo è mutata in profondo convincimento che un altro mondo sia possibile, il mondo di Dio.

Lo Spirito viene a conferire ai discepoli e alle discepole il potere di una nuova creatività. Non si tratta di vedere e valutare il mondo solo per ciò che è stato, ma per ciò che sarà nel piano di Dio. La planimetria della città di Dio si sovrappone alla città degli uomini e in trasparenza mostra nuove strade, un nuovo assetto urbanistico, una nuova modalità per vivere il bene comune. Lo Spirito spinge i discepoli e le discepole verso il futuro. Ma questo è il futuro di Dio, non il semplice prolungamento dell'esistente.
Lo Spirito segna una cesura: non è lo spirito degli esseri umani, ma quello di Dio, è forma della presenza di Cristo che ora non è solo consolazione per i discepoli turbati, ma vero e proprio sogno di un mondo riscattato. Senza la realtà dello Spirito la resurrezione perderebbe presto la sua spinta innovatrice, finirebbe per divenire celebrazione liturgica con la quale ci si vuole esortare, senza troppa convinzione, a non mollare.
Ma lo Spirito conferisce, forza, autorità, creatività a delle persone altrimenti inadeguate.
Lo Spirito ti dice che c'è sempre un altro modo di fare le cose, quello di Dio. C'è un altro modo di risolvere i conflitti, un altro modo di organizzare l'economia, un altro modo di vivere le relazioni d'amore, un altro modo di essere chiesa. Lo Spirito come aria fresca viene a cambiare le stagnanti situazioni di ingiustizia, per le quali immancabilmente i poveri sono fatti oggetto di manovre, manipolazioni e ulteriori sfruttamenti.
Se il Padre è Dio sopra di noi, e il Figlio è Dio al nostro fianco, lo Spirito è Dio è in noi, e riattiva le nostre energie e le nostre risorse, facendo "sorgere" in noi, nuovamente,entusiasmo e voglia di vivere.
Impariamo così dal teologo Giovanni che Pasqua e Pentecoste sono due facce della stessa e unica medaglia: la realtà della resurrezione.

Gesù disse poi: “A chi perdonerete i peccati saranno perdonati; a chi li riterrete saranno ritenuti”.
Ecco che si specifica meglio cos’è questa pace da portare. La pace è riconciliazione e non c’è riconciliazione senza perdono. Questa è la chiave dell’Ades che la chiesa aveva ricevuto quando Pietro per la prima volta aveva confessato la sua fede in Cristo. Ricordate, aveva detto a Gesù: “Tu sei il Cristo, figlio di Dio vivente!”. Poi non aveva capito lui stesso in quel momento che cosa significava che Gesù era il Cristo e cinque minuti dopo Gesù aveva dovuto rimandare al mittente la sua interpretazione degli eventi (vedi Matteo 16, 13-23). Pietro non aveva capito la imminente sofferenza e morte di Gesù e con le sue parole aveva costituito per Gesù non un incoraggiamento ma piuttosto una tentazione.
Ma ora sappiamo che la chiave della porta dell’Ades promessa alla chiesa è il perdono. Solo a questo punto le cose potevano essere comprese. Gesù risorto fu l’esegeta di se stesso. La porta che apre il soggiorno dei morti è in mano ai discepoli: “A chi perdonerete i peccati saranno perdonati”. I discepoli e le discepole hanno loro stessi per primi ricevuto il perdono, la pace messianica, la pace che Gesù solo può dare, la parola della riconciliazione fra Dio e umani avvenuta attraverso la croce di Gesù, da annunciare  al mondo. Questa parola, l’annuncio di Cristo crocifisso apre la porta del soggiorno dei morti. Questa parola del perdono conduce noi e gli altri dalla morte alla vita, dalla condanna al perdono, dalla vita vecchia alla vita nuova, dalla religione dei nostri sforzi alla fede gioiosa nell’amore gratuito di Dio. Avrebbe detto Paolo: “Oh morte dov’è la tua vittoria? O morte dov’è il tuo dardo?”(I Cor 15, 55)
Noi, piccole persone, inutili servi, incerti credenti, persone che capiscono tutto a metà, noi siamo portatori di questa riconciliazione al mondo intero!!!! Perché noi sappiamo che significa essere perdonati in Cristo e da Cristo, e possiamo indicare la via agli altri. Lo Spirito ci fornirà la forza e il coraggio della testimonianza e ci indicherà la via migliore per portare agli altri questo annuncio.
Questo testo è purtroppo stato interpretato nella storia come un potere clericale, cioè il potere dato solo ai sacerdoti di dare l’assoluzione o in casi particolari non darla ad alcune persone nel vincolo del sacramento della confessione. Era ed è il potere della comunione e della scomunica. Noi riteniamo che questo testo dica che tutti noi che siamo discepoli e discepole siamo annunciatori e testimoni dell’amore di Cristo, che sia la chiesa intera che attraverso l’annuncio di Cristo Crocifisso e risorto offra nello Spirito la possibilità del pentimento, del perdono e della riconciliazione. E’ un grande compito portato avanti da piccole persone.
Ci sono tanti che vivono nell’Ades, cioè nell’inferno di relazioni malate e hanno bisogno di pace e altre che vivono sotto il peso insopportabile dei sensi di colpa a volte giustificati, altre volte pesi immensi per colpe inesistenti.
Chi vive così è come morto, appesantito e immobile, incapace di stabilire nuove e libere relazioni di amicizia fondate sulla fiducia. Se ci sentiamo proprio così, andiamo a Cristo che ci offre perdono e vie di uscita dal vicolo cieco delle nostre colpe vere o presunte. Ascoltiamo questo annuncio, è anche per noi: “Pace a voi!”.
Se invece conosciamo persone che vivono appesantite da pesi immensi che loro stessi o altri hanno messo sulle loro spalle abbiamo un grande compito. E’ un compito pasquale, un compito di risurrezione. Portare loro la pace, la riconciliazione e il perdono di Cristo. Apriamo per loro la porta dell’Ades come Dio l’ha aperta al Cristo crocifisso. Cristo è risorto: Pace a te!