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Signore, insegnaci a pregare

Testo: Luca 11, 1-13 e Matteo 6. 1-13

Discepoli e discepole. Non diventiamo mai maestri. Siamo solo e sempre discepole e discepoli e abbiamo quindi
bisogno di aiuto, di guida, di incoraggiamento. Abbiamo bisogno di andare alla scuola di Gesù. La preghiera che cos'è
per noi? Come la viviamo? Abbiamo una relazione serena, naturale con l'atto del pregare o a tratti sentiamo di viverla
in maniera inadeguata, abbiamo più dubbi che certezze? E ' il luogo dove noi ci riveliamo a noi stessi e ci troviamo
credenti mediocri, pigri, inadeguati?
"Signore, insegnaci a pregare! " chiedono i discepoli e le discepole di Gesù e facendo questo, pregano essi stessi,
senza neppure accorgersene! Signore, insegnaci a pregare! E ' la preghiera della preghiera che possiamo pregare
anche noi, qui oggi. E vogliamo farlo confessando la nostra inadeguatezza, la nostra insufficienza, la nostra
insoddisfazione.
Ma partiamo proprio da questa difficoltà che comporta la preghiera per alcuni o per molti di noi.
Ci sono difficoltà legate al tipo di vita che viviamo e alla gestione del tempo. Ci sono difficoltà legate alla
preghiera come abitudine. C'è il ragionamento di chi dice: "tanto Dio già lo sa quello che ho in cuore, a che serve
dirglielo!". E poi c'è l'esperienza che molti di noi hanno fatto, forse più di una volta, cioè l'esperienza della
preghiera non esaudita. Questa esperienza si porta con sé tante domande fra le quali una radicale: a che serve
pregare se poi quello che chiediamo non avviene nonostante abbiamo pregato incessantemente e con fede come ci ha
insegnato Gesù? La delusione della preghiera non esaudita può condurre a una critica radicale della preghiera, ad una
graduale disaffezione, una cosciente svogliatezza, una protesta non dichiarata, una piccola vendetta strisciante contro
un Dio che ci appare muto e lontano: Tu non ascohi e io non ti parlo.
Poi ci sono difficoltà e critiche a certi tipi di preghiera. Sappiamo che nella Bibbia c'è la preghiera di
ringraziamento e di lode, quella di confessione di peccato, quella di richiesta, e quella di intercessione. Allora
possiamo, a partire dalla nostra esperienza spirituale e le nostre personali riflessioni, limitare la nostra preghiera
soltanto al ringraziamento, per esempio, ed eliminare quella di richiesta, considerata troppo infantile oppure magari
inutile, dato che comunque "Dio fa quello che vuole!"? Ma è giusto fare così?
Questo argomento è molto vasto ed ha certo bisogno di uno studio approfondito che faremo. Noi oggi possiamo
soltanto fare alcune riflessioni a partire dai due brani che abbiamo letto e accettare che questa meditazione possa o
anzi debba accompagnarci per tutta la vita.
Oggi diremo poche cose basate su quello che Gesù insegnò e visse e accenneremo anche al problema della
preghiera non esaudita.
Dai brani che abbiamo letto comprendiamo che la preghiera può mantenere la forma della preghiera ma essere
nella realtà un'altra cosa.
C'è - dice Gesù - la preghiera dei teatranti, cioè c'è chi fa della preghiera un'esibizione di pietà per ottenerne
vantaggi personali. Dio conosce i cuori, cioè la parte più nascosta di noi e ci smaschera. La preghiera come esibizione
è volontà di accreditarsi nella società o anche nella comunità religiosa, e cercare vantaggi e prestigio per sé, è in
ultima analisi il tentativo di usare il nome di Dio per i propri scopi. Quindi nella sua essenza essa è falsa.
Gesù poi indica anche un altro tipo di falsa preghiera, è la preghiera deiradorazìone di se stessi. E ' la
preghiera di ringraziamento che pronunciò nel suo cuore per esempio quell'uomo in piedi nel tempio (Luca 18, 11-
12): "O Dio, io ti ringrazio che io non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, neppure come questo
pubblicano. Io digiuno due volte la settimana; pago la decima su tutto quel che possiedo ". Una preghiera che esprime
un atteggiamento di autocompiacimento. Avrebbe detto l'apostolo Paolo, ricordando se stesso quando era ancora
Saulo da Tarso, un atteggiamento di vanto davanti a Dio e davanti agli altri. Nel segreto del cuore che Dio legge, tutto
lo spazio è occupato dall'io ipertrofico del religioso. In quel cuore non c'è Dio e non c'è il prossimo. Non c'entrano.
Quella non è preghiera.
La terza preghiera-non-preghiera è la preghiera delle parole inutili, la preghiera dei pagani, degli uomini e delle
donne dai tanti dèi: "Non fate come i pagani che pensano di essere esauditi per la moltitudine delle loro parole ".
Questa è la pietà del "dio che non ha capito bene e io glielo spiego meglio". L a pietà delle mie buone ragioni e del dio
che se non fa quello che chiedo non mi capisce. Un tipo di preghiera non falsa ma infantile, per la quale sperimentiamo un dio a nostra immagine e al nostro livello con cui abbiane) relazione perché ci serve, col quale
apriamo una trattativa fra pari.
Cosa ci insegna Gesù rispetto a queste preghiere-non-preghiere? Quella dei teatranti, quella
dell'autocompiacimento e quella delle parole inutili?
Prima di tutto la preghiera "nel segreto". "Ma quando preghi entra nella tua cameretta e chiusa la porta rivolgi
la tua preghiera al Padre tuo che è nel segreto'". Dio è nel segreto e vede nel segreto. E la preghiera è prima di tutto
intimità con Dio. E ' ricerca di Dio nel segreto: "Cercatemi e vìvrete " (Amos 5, 4b), "Dimorate in me e io dimorerò
in voi" (Giov 15, 4). La preghiera è stare a casa con Dio, farsi una capanna dove non vogliamo essere disturbati
perché abbiamo un colloquio con la Persona piìi importante della nostra vita. Se è così, c'è bisogno che creiamo uno
spazio e un tempo per questo colloquio con Dio nell'intimità. Non è una cosa che "capita" quando capita, accade solo
se vogliamo che sia così.
Alla preghiera dell'io ipertrofico che snocciola a Dio i propri successi spirituaH Gesù contrappone la preghiera
del cuore che si apre davanti a Dio. Non è facile aprire il cuore davanti a Dio perché nel nostro cuore ci sono spesso
caverne oscure e sigillate. Aprire questi angoli bui del nostro cuore significa avere piena fiducia in Colui che ci
accoglie con le nostre mancanze e i nostri fallimenti, con le nostre ferite e il nostro dolore che a volte nascondiamo
anche a noi stessi. Questa preghiera ha bisogno di una fiducia piena, ha bisogno di coraggio. Solo una lunga
frequentazione, una lunga intimità, un lungo "stare in silenzio davanti al Signore e aspettarlo" (Salmo 37, 7) può
aiutarci ad aprirci così senza paura, superando la vergogna e il senso di indegnità.
Alla preghiera un po' pagana delle parole inutili. Gesù quindi contrappone la preghiera del cuore che si apre al
Dio di misericordia e si fida del Dio sovrano al quale non abbiamo bisogno di spiegare le nostre buone ragioni.
Arriviamo all'obiezione che spesso sta alla base della critica radicale della preghiera. Questo Dio che nelle parole
di Gesù ci dice "Chiedete e vi sarà dato. Cercate e troverete, picchiate e vi sarà aperto " (Mat 7, 7) o, ancora "Quello
che chiederete nel mio nome lo farò " (Giov 14, 13) è anche il Dio nascosto che lascia a volte inesaudite le nostre
preghiere. Certo, non sempre. Dio ci esaudisce molto molto più spesso di quanto noi riusciamo a riconoscere. Spesso
Dio ci esaudisce e come quei lebbrosi guariti da Gesù, non ci prendiamo neanche la briga di andare a ringraziare il
Signore per quello che ha fatto per noi ma lo ignoriamo e andiamo per la nostra strada. Ma è vero che ci sono
occasioni in cui la nostra preghiera non è stata esaudita. E allora la contraddizione esplode, la domanda brucia: perché
Signore? L'esperienza del silenzio di Dio davanti al grido della nostra anima è un'esperienza dura. E ' la stessa
esperienza durissima che fece Gesù e prima di lui tanti credenti che leggevano il salmo 22 trovandovi espresso il
proprio dolore e chiedevano a Dio: "Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato? ". Già, perché?
E ' il silenzio di Dio, la preghiera non esaudita.
Eppure se ci pensiamo bene la nostra salvezza è fondata proprio nel mistero di quella preghiera non
esaudita, in quel silenzio di Dio che non allontanò da Gesù il calice amaro che lui non voleva bere, che non strappò
Gesù dalle mani dei suoi aguzzini, nel mistero di quel Dio che soffrì Egli stesso in silenzio l'umiliazione, la
sofferenza, la morte del suo figliuolo.
Noi possiamo imparare da Gesù la dura lezione della preghiera non esaudita, un'esperienza che l'Epistola agli
ebrei riassume così: "Benché fosse figlio, imparò l'ubbidienza dalle cose che soffrì e, reso perfetto, divenne per tutti
quelli che gli obbediscono autore di salvezza eterna" (5, 8-9).
La preghiera non esaudita nel caso di Gesù rientrò essa stessa nel piano di salvezza di Dio. Questo può
aiutarci. Riconoscere che Dio resta un mistero insondabile per noi e ciò nonostante possiamo fidarci di Lui sempre,
anche quando non capiamo, non sentiamo la sua risposta, perfino quando ci sentiamo abbandonati. Anche questo
misteriosamente rientra nel piano di salvezza di Dio!
La preghiera è una scuola che dura tutta la vita ed è il mestiere di noi credenti.
Non trascuriamo la preghiera perché essa è il legame con Dio che alimenta il pozzo del nostro amore.
Signore, ti preghiamo, insegnaci a pregare!