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Slow faith

Testo: Giacomo 1, 22-27

Immaginate una persona che si trova davanti ad un piatto succulento, tra quelli che ama più di qualsiasi altro. Una pietanza tipo linguine ai frutti di mare, o un ottimo risotto o, quello che più vi piace.
Immaginate che se lo gusti accompagnandolo con un ottimo calice di un vino adatto e lo mangi in ottima compagnia. Egli/ella assapora con gusto ogni boccone apprezzandone l'aroma, e la freschezza degli ingredienti e il cibo sapientemente cucinato.
Adesso immaginate un'altra persona che ha gli stessi gusti e si trova davanti il medesimo piatto ben cucinato. Ma immaginate che lo ingurgiti rapidamente, divorandolo in una successione rapida di bocconi che mastica poco e che ingoia in fulmineamente.
Mi chiedo, che differenza c'è nei due casi?
Nel primo  il cibo viene esaltato o apprezzato nella sua bontà da una persona che sa dedicarvi il tempo giusto. Nel secondo caso la persona, forse perché ha una gran fretta, o forse perché non è capace di controllare la sua voracità, mangia quel cibo come fosse un hamburger di un qualsiasi fast food, in una qualsiasi pausa pranzo. Il cibo è lo stesso ciò che cambia è la velocità del consumo ma la velocità non è solo una questione di quantità di cibo assunto nella unità di tempo, ma, alla fine anche di qualità del pasto. La qualità del cibo è lo stesso, ma la diversa velocità con cui viene consumato, fa la differenza rispetto alla capacità di gustarne il sapore.
La società ci vuole rapidi consumatori. La società ci vuole voraci. Per poter consumare tanto, è necessario consumare rapidamente. E questo vale per tutto: per il cibo, ma anche per altri beni di consumo e perfino nelle relazioni siamo spinti ad essere frettolosi.
Credo che questo modello di rapido consumo si affermi anche nell'ambito della fede.
Inconsciamente siamo portati a consumare anche gli eventi della fede con eccessiva velocità. Momenti di preghiera, di partecipazione eucaristica o anche di ascolto della sua Parola, vengono consumati in rapida sequenza, senza darci il tempo di mettere a fuoco la nostra faccia riflessa sullo specchio.
La velocità sembra essere il valore principale della società consumistica e tende a invadere tutti gli ambiti della vita. Tutto risponde ad un unico imperativo: "be fast!".
Domenica scorsa, il pastore Ivano De Gasperis ci ha illustrato molto bene il testo di Naaman il Siro.
Qualcuno di voi lo ha riletto durante la settimana?
Qualcuno ha fatto una riflessione aggiuntiva che vuole condividere?
Qualcuno si ricorda dove è contenuta questa storia?
Alla fine di quella predicazione abbiamo vissuto un momento importante perché c'è stato un appello a prendere una decisione. In qualche modo ci siamo sentiti tutti  Naaman e abbiamo dovuto decidere se eravamo pronti a eseguire quelle "istruzioni per l'uso", cioè andarci a bagnare per sette volte nel fiume Giordano.  Siamo stati tutti sfidati a compiere un gesto che dava credito a chi ci rivolgeva una richiesta per il nostro bene e per la nostra guarigione.
Alcuni, rispondendo all'appello, sono venuti avanti per una preghiera speciale. Altri no. Sarebbe interessante sapere cosa è accaduto a chi non ha compiuto quel gesto richiesto. Abbiamo semplicemente rifiutato l'invito? Abbiamo avuto vergogna? Abbiamo preso una decisione interiore? Siamo tornati poi a casa con gioia o con tristezza per non essere riusciti a superare la nostra ritrosia?
E a coloro che hanno compiuto quel gesto, cosa è accaduto? In settimana hanno avuto  ripensamenti? Qualcuno si è pentito? Oppure è stato un gesto che ha conferito energia e nuovo entusiasmo al nostro cammino di fede?
Ogni minuto è di 60 secondi, ogni giorno è di 24 ore e ogni anno di 365 giorni. E' così per tutti. Eppure sappiamo benissimo che la velocità del tempo non è affatto eguale per tutti noi e in tutte le circostanze della vita. Ci sono i brutti quarti d'ora che non passano mai. E poi ci sono giornate e stagioni della vita che volano via. Solitamente ci pare che la sofferenza rallenti il tempo e la gioia l'acceleri.
Tutto questo è generato da tante cause, sovente a noi esterne. Una malattia, come il Parkinson, ad esempio può rallentare di molto i nostri movimenti e la percezione che abbiamo del tempo. Oppure certi stati emotivi molto forti posso velocizzare di molto i nostri sentori. Ci sono esperimenti e studi a riguardo anche molto interessanti. Oliver Sacks è tra quegli studiosi che ha scritto molto a riguardo. Tra questi "Il fiume della coscienza" è una raccolta di suoi saggi, in cui c'è proprio una suggestiva riflessione sulla velocità
I fattori che variano la percezione del tempo possono, però,  anche essere "interni". Vale a dire che siamo capaci, quando lo vogliamo, di rallentare il tempo. Siamo capaci, quando abbiamo un buon allenamento di scattare maggiori fotogrammi in un momento di densità, per ricordarne maggiormente i dettagli.
Imparare a dare al tempo un valore di qualità, trasforma il kronos (cioè la mera successione di secondi e minuti a intervalli regolari) in kairos (il tempo vuoto, il minuto fatto di sessanta secondi, nel tempo pieno, in cui accade qualcosa di significativo per la nostra vita. Il tempo è "compiuto" quando acquista un significato e quando si imprime nella coscienza.
Se ci pensiamo, cosa c'è di più "fast" nelle nostre liturgie che la Cena del Signore? In un atto che dura pochi minuti, mangiamo un po' di pane e beviamo un sorso di vino. Poi, però, per secoli, le chiese hanno trovato tanto tempo per litigare sulla "presenza reale" di Cristo in quell'atto. Eppure quella Cena, se noi sapessimo viverla spiritualmente come si deve, ha la capacità di dilatare il tempo al punto di farci assaporare qualcosa dell'eternità. Chi mangia e beve riconoscendo il corpo e il sangue di Cristo, diventa contemporaneo di Gesù! Egli abita un tempo in cui non era ancora nato! Ma anche Gesù stesso diventa nostro contemporaneo e viene nuovamente a stare in mezzo a noi in vista della sua parusia.
Quel che sto cercando di dire è che se noi fossimo capaci di non "consumare" la Santa Cena come mero atto liturgico, oggettivo, scopriremmo cosa è capace di fare quel memoriale. Potremmo ricordarcele le nostre celebrazioni se ad esse avessimo associato una riconciliazione, un nuovo incontro. Se in una delle nostre Sante Cene avessimo ritrovato il padre o il fratello perduto, un amico  o un speranza tramontata, ci ricorderemmo della presenza "reale" di Cristo in quell'atto. Il tempo sarebbe lo stesso, il gesto lirugico identico, il formulario lo stesso, ma questo sarebbe divenuto pieno di significato e carico di opportunità positive, anticipazione di VITA ETERNA.
Adesso, pensate alla vostra vita come ad un film su pellicola, su una bobina.
Ora questa potrebbe essere rivista a velocità normale nello stesso tempo di durata della vostra età. Ma la si potrebbe rivedere in accelerazione in un tempo più breve e in estrema accelerazione la si potrebbe rivisitare in pochi minuti. Non solo, ma avremmo anche la possibilità di fermarci su alcuni momenti per rivisitare quelle circostanze altamente significative della nostra esistenza: il giorno in cui dicemmo quel "sì", oppure quel giorno in cui ci innamorammo, o se preferite, il giorno del nostro battesimo. Tutto questo sarebbe la riprova che non tutti i minuti sono di sessanta secondi per la nostra coscienza. Alcuni sono caparra di speciale intensità e densità. Questo è il tempo di qualità.
Impariamo a valutare il tempo e le cose che ci accadono. Impariamo ad applicare una  moviola spirituale almeno ad alcuni momenti del nostro vivere. Sappiamo riconoscere le circostanze  che vogliamo restino salienti. Lo so che non possiamo farlo sempre. Inevitabilmente delle cose importanti ci sfuggiranno. Ma proviamo almeno ad opporci al fatto che la velocità sia il valore fagocitante di tutto: della nostra salute, del modo in cui consumiamo il cibo, dei nostri affetti, della nostra creatività e della nostra fede.
Quando la Bibbia ci offre quei momenti "magici" in cui guardiamo  noi stessi come in uno specchio e, per grazia, ci viene offerta l'occasione per vederci per quel che siamo: figliuoli e figliole di Dio, da lui amati e amate,fatti a sua immagine, non scappiamo subito via dimenticandoci il nostro volto, come fa quello sprecone della metafora usata da Giacomo.
Soffermiamoci. Per una volta possiamo vederci come siamo. Sottraendoci al pericolo del narcisismo che vuole farci innamorare anche delle nostre brutture, ma anche rifuggendo la superficialità che lascia scivolare la vita senza che niente le conferisca "senso". Guardiamo la nostra faccia e scopriamo il nostro volto umano, che ci è stato donato da Cristo. Imprimiamone l'immagine nella nostra coscienza e lasciamo che lo Spirito trasformi in  kairos della sua presenza il kronos della nostra solitudine.
Si, ma come si fa?
Quali esercizi spirituali dobbiamo imparare?
Ci vuole una laurea?
Esiste un master per specializzarsi?
Che ne pensi degli esercizi yoga o della meditazione trascendentale?
 
Sarebbe bello ascoltare le vostre strategie.
Qualcuno tiene un diario. Magari scritto a mano. Non è necessario annotare le cose ogni giorno. Ma avere un diario delle impressioni, dove fermare dei ricordi che si vuole restino impressi.
Giacomo l'apostolo ci offre un'altra strategia.
Egli dice che per fissare l'immagine, per vivere una fede slow e di qualità, per gustare le esperienze spirituali, c'è una via maestra: mettere in pratica quel che ci insegna il Signore. Proprio come fece Naaman il Siro.
Spendere la nostra settimana come un banco di prova per vivere nelle nostre relazioni, quanto abbiamo sperimentato la domenica durante il culto. Andare oltre l'emozione passeggera, ma puntare all'azione concreta. Il "fissatore" nella coscienza della nostra vita di fede e di qualità, è "soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni, e conservarsi puri dal mondo." Tutto qui: semplice ed essenziale.
 
Fratelli e sorelle, non lasciamoci trasformare in consumatori voraci della nostra stessa vita anche negli aspetti che vogliamo siano più importanti. Cerchiamo di imparare la disciplina del tempo di qualità. Diamo significato alle cose. Sforziamoci di tenere una "attenzione indivisa" quando siamo davanti a qualcuno che ci sta aprendo il suo cuore. Se non possiamo farlo sempre, proviamo a farlo qualche volta. Applichiamoci ad una autodisciplina spirituale.
 
Vivere slow. Mangiare slow. Adesso è ora  anche di provare ad avere una fede "slow" capace di mettere armonia nel nostro vivere concitato.


 

22 Mettete in pratica la parola e non ascoltatela soltanto, illudendo voi stessi.
 23 Perché, se uno è ascoltatore della parola e non esecutore, è simile a un uomo che guarda la sua faccia naturale in uno specchio; 24 e quando si è guardato se ne va, e subito dimentica com' era.
 25 Ma chi guarda attentamente nella legge perfetta, cioè nella legge della libertà, e in essa persevera, non sarà un ascoltatore smemorato ma uno che la mette in pratica; egli sarà felice nel suo operare.
 26 Se uno pensa di essere religioso, ma poi non tiene a freno la sua lingua e inganna sé stesso, la sua religione è vana.
 27 La religione pura e senza macchia davanti a Dio e Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni, e conservarsi puri dal mondo.