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Il sussurro dell’angelo

Testo: Matteo 1, 18-25

Qualche giorno fa una persona mi ha chiesto: “Ma come posso essere sicura che è proprio Dio che mi chiama?”. La domanda era intrigante. Come ci parla il Signore? Come si fa spazio nella nostra vita interiore e comunica con noi? Nella Bibbia ci sono tanti esempi, tutti diversi e se ognuno e ognuna di noi potesse raccontare la propria storia di fede certo l’insieme rappresenterebbe un coro mirabile di voci distinte eppure unite in un unico canto armonioso. Eppure ognuno di noi farebbe fatica a trovare le parole per questo racconto perché ci sono sensazioni, emozioni, sentimenti, intuizioni che non si possono esprimere compiutamente a parole.  Paolo parla della impossibilità di trovare parole adeguate per la preghiera per esempio e di come lo Spirito per questo ci sostiene e intercede per noi presso Dio in sospiri intraducibili a parole.
Oggi entriamo in questo campo parzialmente velato di mistero e lo facciamo in due modi, con un testo della Bibbia e con il racconto della scena di un film.
Cominciamo da quest’ultimo. Il film è Hook – Capitan Uncino, di Spielberg del 1991. Abbiamo per prima cosa bisogno di contestualizzare la scena. Il film è in continuità ideale con la storia di Peter Pan, il bambino trovatello che non voleva crescere perché tutti quelli che crescono poi devono morire e allora scappa e va  nell’isola-che-non-c’è e la sua vita è fatta di avventure insieme agli altri bimbi orfani come lui. Fra le avventure c’era la continua battaglia fra lui, Peter e il feroce pirata, Capitan Uncino.
Nel film Hook, Peter Pan era invece ormai cresciuto, si era sposato e aveva avuto due bambini. Era diventato un avvocato di successo, uomo spregiudicato negli affari, in un certo senso era diventato un pirata egli stesso come a un certo punto gli viene detto. Per i figli non ha mai tempo perché ha sempre cose più importanti e urgenti da fare. Comunque la famiglia da New York parte per qualche giorno per andare a Londra a trovare la nonna dei bimbi Wendy e ritorna nella casa dove era stato allevato. Della sua infanzia ormai non ricordava più quasi niente. Ma la storia si sviluppa così:  una notte Capitan Uncino riesce a rapire i suoi bambini. E lui per liberarli – la faccio breve – torna con l’aiuto della fatina Trilli all’isola-che-non-c’è  per cercarli. Ma per sconfiggere Uncino egli deve tornare in un certo senso ad essere bambino, deve lasciare libera la sua immaginazione e soprattutto deve reimparare a volare.
Ma l’unico modo per riuscire di nuovo a volare era ritrovare un pensiero felice e tenerselo stretto.
La fatina lo incoraggia a trovare un pensiero felice e alla fine lui lo trova. E ricorda che la ragione per la quale lui aveva deciso di crescere e diventare grande era che voleva diventare un papà. Ecco il link per ritrovare la scena: https://www.youtube.com/watch?v=HRRaQgcAQL4
La fatina dice una verità quando afferma che Peter non riusciva a trovare un pensiero felice perché la sua mente era piena di brutti ricordi. Succede tante volte anche a noi. E allora  pensiamoci un attimo e facciamo anche noi la prova di trovare un pensiero felice che ci faccia volare………………………..

Ma ora guardiamo al testo della Bibbia che abbiamo letto prima.
La situazione dei rapporti fra Giuseppe e la sua promessa sposa Maria è molto molto difficile.
Prima del matrimonio Giuseppe si accorge che la sua promessa sposa aspetta un bambino ma lui sa per certo che quel bambino non è suo. E questo gli fa venire alla mente tanti pensieri brutti. Pensa che la sua amatissima fidanzata l’ha tradito con un altro uomo e questo lo fa soffrire moltissimo. Non c’è niente di peggio che sentirsi tradito e umiliato in questo modo dalla persona più amata. Giuseppe era offeso e il suo cuore spezzato. E poi tutto il sogno di una vita era svanito nel nulla in un attimo. Se poi allargava lo sguardo un po’ di più questa situazione era ancora più complicata. Cosa avrebbe detto la sua famiglia di lui? E di lei? Cosa avrebbe detto il villaggio di questa situazione? Che vergogna! Per non pensare che i più fanatici del paese avrebbero potuto accusare Maria pubblicamente di adulterio. Che ne sarebbe stato di lei? Sarebbe stata lapidata? No, no, lapidata no! La sua famiglia avrebbe certamente deciso di mandarla via. Dio che dilemma, che strazio nel cuore, che situazione complicata! Che incubo in cui era piombato! Certo non poteva tenerla con sé, con quel bimbo non suo.
Con questa confusione nei sentimenti, nella mente, nel cuore Giuseppe cerca di dormire.
Ed è a questo punto che interviene il nostro racconto quando dice:
9 Giuseppe, suo marito, che era uomo giusto e non voleva esporla a infamia, si propose di lasciarla segretamente. 20 Ma mentre aveva queste cose nell'animo, un angelo del Signore gli apparve in sogno, dicendo: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua moglie; perché ciò che in lei è generato, viene dallo Spirito Santo. 21 Ella partorirà un figlio, e tu gli porrai nome Gesù, perché è lui che salverà il suo popolo dai loro peccati».

Il dipinto di Georges De La Tour ferma su tela proprio questo momento.  Ecco Giuseppe, lo troviamo assopito, forse a lungo insonne, nella luce calda e tenue di una candela, ed ecco l’angelo che gli sussurra in sogno una completamente diversa lettura degli stessi eventi.
Tua moglie è sì incinta ma non ti ha tradito e quello che porta in grembo è un bimbo veramente speciale. E’ Dio in persona nel suo Spirito Creatore che lo ha concepito e lo farà nascere e sarà luminoso in questo mondo buio e pieno di contraddizioni. Il suo nome sarà Gesù che significa che Dio salva perché porterà la salvezza dal peccato, dall’odio, dal senso di vendetta. Non temere quindi Giuseppe, di accogliere l’amata Maria a casa tua insieme al bimbo che porta in grembo. Se ci pensi, non aveva anche il profeta Isaia parlato di un bimbo partorito da una giovane il cui nome sarà per sempre Emmanuele, Dio con noi? Ti dico io, Giuseppe, quel bimbo è Gesù e tu sarai suo padre. Altro che vergogna! Sarai ricordato per sempre come il papà del figlio di Dio! Tu darai il tuo nome a lui, gli insegnerai il mestiere, sarà la luce dei tuoi occhi e di tanti, tantissimi altri dopo di te.
Ed ecco che Giuseppe si sveglia dal suo bellissimo sogno, non è più angosciato, appesantito da “cosa penserà la gente di me”, non è più neppure arrabbiato, anzi! E’ felice! E’ un’idea bellissima che gli ha dato l’angelo, un modo tanto diverso di vedere le cose. Il modo di vedere le cose  di Dio in persona. Un modo di vedere le cose dettato dall’amore.
Il racconto prosegue con questa breve sobria frase: 24 Giuseppe, destatosi dal sonno, fece come l'angelo del Signore gli aveva comandato e prese con sé sua moglie; 25 e non ebbe con lei rapporti coniugali finché ella non ebbe partorito un figlio; e gli pose nome Gesù.
Giuseppe aveva trovato il pensiero felice che cancellava la sua amarezza, lo sollevava da terra e lo faceva volare. Volare verso una vita d’amore in cui sarebbe stato lo strumento di Dio per proteggere, accompagnare alla crescita, guidare alla vita suo figlio Gesù. Quella volta bastò dare ascolto al sussurro di un angelo e cambiò tutto. Non è bellissimo?
Oggi è la vigilia di Natale e questa pagina del Vangelo ci sussurra nel cuore un pensiero felice, una parola bella che trasforma l’amarezza in gioia, rimargina le ferite del cuore e ci offre un futuro tutto nuovo a vivere. Gesù è il figlio di Dio venuto nel mondo per restare per sempre con noi! Lo accoglieremo?
Il Vangelo è il pensiero felice che ci risolleva da ciò che ci appesantisce e ci fa volare.
Questa storia ci ricorda un altro testo caro al nostro cuore, anch’esso tratto dal libro del profeta Isaia (40, 30-31):
30 I giovani si affaticano e si stancano;
i più forti vacillano e cadono;
31 ma quelli che sperano nel SIGNORE acquistano nuove forze,
si alzano a volo come aquile,
corrono e non si stancano,
camminano e non si affaticano