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La Bibbia di Gerusalemme

Testo: Luca 16, 1

Gesù diceva ancora ai suoi discepoli: «Un uomo ricco aveva un fattore, il quale fu accusato davanti a lui di sperperare i suoi beni.
 2 Egli lo chiamò e gli disse: "Che cos' è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché tu non puoi più essere mio fattore".
 3 Il fattore disse fra sé: "Che farò, ora che il padrone mi toglie l' amministrazione? Di zappare non sono capace; di mendicare mi vergogno.
 4 So quello che farò, perché qualcuno mi riceva in casa sua quando dovrò lasciare l' amministrazione".
 5 Fece venire uno per uno i debitori del suo padrone, e disse al primo:
 6 "Quanto devi al mio padrone?" Quello rispose: "Cento bati d' olio". Egli disse: "Prendi la tua scritta, siedi, e scrivi presto: cinquanta".
 7 Poi disse a un altro: "E tu, quanto devi?" Quello rispose: "Cento cori di grano". Egli disse: "Prendi la tua scritta, e scrivi: ottanta".
 8 E il padrone lodò il fattore disonesto perché aveva agito con "FRONIMOS"; poiché i figli di questo mondo, nelle relazioni con quelli della loro generazione, sono più avveduti dei figli della luce.
 Altre traduzioni del versetto 8
La Bibbia di Gerusalemme
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce”.
Traduzione interconfessionale
8«Ebbene, il padrone ammirò l’amministratore disonesto, perché aveva agito con molta furbizia. Così, gli uomini di questo mondo, nei loro rapporti con gli altri, sono più astuti dei figli della luce».
E' un terreno particolarmente scivoloso questa parabola, sul quale potrei scivolare anche io.
Siete avvertiti. Se cado, mi raccomando, aiutatemi a rialzarmi.
Come premessa, mi limito a leggere e commentare solo i primi 8 versetti, lasciando da parte quelli successivi che tendono a ridurre il significato della parabola ad un insegnamento sulla amministrazione delle ricchezze.
Volendo dichiarare subito quale sia, a parer mio, la maggiore  difficoltà della parabola, direi che il dilemma ermeneutico sta nel nome che le vogliamo dare:
La parabola del fattore infedele?
La parabola del fattore disonesto?
La parabola del fattore astuto?
 La parabola del fattore scaltro?
La parabola del fattore avveduto? (RIV)
Ecco alcuni dei titoli per niente equivalenti l'uno con l'altro.
Andiamo per gradi.
Un amministratore viene accusato di sperperare i beni del padrone.
Il suo padrone sembra dare credito a queste accuse, perché non solo lo chiama a rendere conto ma anche gli annuncia la sua intenzione di licenziarlo.
Questo amministratore è un incapace o un disonesto? O magari è un incapace divenuto poi anche disonesto?
La storia resta sul vago. Non precisa.
 Ma Gesù ci rende partecipi del dialogo interiore dell'uomo il cui status sta per mutare bruscamente.
Se egli viene licenziato, anche con una  sola di queste motivazioni tra essere incapace e/o disonesto,  basterà a dichiarare chiusa la sua carriera. Chi altri lo prenderà a servizio?
Nel suo riflettere tra sé e sé,  è resa manifesta la sua totale incapacità a guadagnarsi da vivere in altro modo. La situazione è davvero grave perché egli non si riconosce abile neppure a mendicare.
 E senza troppi amletici lambiccamenti, egli arriva alla ri-soluzione:  ingraziarsi i creditori del suo padrone, perché per uno strano caso della vita, essi potranno fare per lui, più di quanto lui possa fare per loro. Questo è l'obiettivo: costruire le premesse di una futura sicurezza (una sorta di vitalizio?)
E cosa fa?
Condona un parte dei debiti!
Attenzione però, la frase va completata: condona una parte dei debiti che i debitori hanno verso il suo padrone.
Alcuni commentatori dicono che lo sconto che applica è pari alla quota del suo guadagno,  alludendo al fatto che egli ci rimetta del proprio.  Altri ancora suggeriscono che il padrone era un usuraio e che dunque lui compia un atto di "giustizia", di restituzione del maltolto. 
Non sono d'accordo.
 Infatti se uno solo di questi due dettagli fosse stato vero, sicuramente lo avremmo trovato nel racconto, Gesù avrebbe speso qualche parola su questo. Non possiamo, sulla base del non detto trasformare la parabola di un amministratore disonesto in quella di un padrone disonesto e di un amministratore pentito. A mio avviso non è questo il punto.
Il punto è che questo amministratore si conferma come "disinvolto",  il testo biblico dice "ingiusto"..
 E arriviamo così al versetto 8. davvero sconcertante.
v. 8 E il padrone lodò il fattore disonesto perché aveva agito con avvedutezza (?) (greco: fronimos); poiché i figli di questo mondo, nelle relazioni con quelli della loro generazione, sono più avveduti dei figli della luce.
"Il padrone lodò il fattore".
Come è possibile? Non aveva avuto, con quel comportamento la riprova di quanto fosse disonesto? Non c'erano ora gli estremi per denunciarlo e fargli scontare una pena?
E poi, chi veramente loda questo amministratore, il padrone della parabola o Gesù stesso?
 Non solo, ma il testo rincara la dose: "Il padrone lodò il fattore disonesto".  Dunque non c'è nessuna approvazione del suo agire etico. Le cose stanno come stanno: questo amministratore è proprio uno scellerato.
Ma allora dov'è il motivo della lode?
Lo loda per la risolutezza, per la scaltrezza, per quella intelligenza pratica che lo induce a reagire con determinazione e rapidità alla crisi in vista di una soluzione.
 Ecco, a mio avviso, il titolo della parabola: L'amministratore risoluto o se preferite, "Storia di un amministratore audace"
 C'è un insegnamento importante in questa parabola, ma questa volta non è morale, ma sta in un atteggiamento di vita: essere determinati, creativi, risoluti, forniti di una intelligenza pratica.
 Cercherò di spiegare il punto con  due illustrazioni. La prima illustra parzialmente.
 Un mio amico di adolescenza era molto timido.
Lui si innamorava perdutamente di una ragazza, una volta alla settimana.
Stargli dietro come amico confidente era una fatica perché in quella settimana non esisteva altro argomento per lui. Ora, essendo timido, non  dichiarava mai il suo amore. E quindi accadeva che qualche amico del gruppo, più audace, si facesse avanti e gli soffiasse l'amore al suo nascere.
Se lo incoraggiavo a buttarsi, mi spiegava di temere di non essere corrisposto. Insomma questo mio amico era il contrario dell'audacia. 
 Cosa intendo dire con questo,  che essere timidi è un difetto o che è contrario allo spirito evangelico? Non di certo!
 Il punto vero della parabola non è che siamo timidi,
ma che quando agiamo come figli di questo mondo, siamo audaci, abbiamo intelligenza, risolutezza, ma quando agiamo come figli della luce, siamo timorosi, pavidi, prudenti.
Credo che questa parabola, unica del materiale di Luca, vada letta in maniera speculare con quella dei talenti di Matteo.
Qui si loda l'audacia, come lì si rimprovera la codardia.
 Mi si permetta allora una seconda illustrazione, spero più calzante..
 La chiesa ha il compito di manifestare le compassioni di Dio verso gli esuli, rifugiati e richiedenti asilo che scappano da guerre e carestie. Giusto?
Ma non basta fare la carità. Non può bastare fare la raccolta di qualche bene di prima necessità.
Il piccolo aiuto è già qualcosa, ma non è sufficiente. Noi dobbiamo sempre  provare a scardinare i sistemi che generano la miseria, risalendo il più possibile alle cause.
Bisogna che nelle faccende del Regno, ci mettiamo la medesima intelligenza, risolutezza, disponibilità al rischio che mettiamo nelle altre faccende della vita dove è in gioco semplicemente il nostro personale interesse.
E così, nelle pieghe del trattato di Shegen, qualcuno, (intelligente, sveglio, audace, o più semplicemente ispirato da Dio), ha trovato un codicillo (l'articolo 25) che consente agli Stati, in alcuni casi, di trovare una via di immigrazione che non comporti l'alto rischio di morte durante una traversata affidata a scafisti e trafficanti senza scrupoli. Quello dei corridoi umanitari, a mio avviso, è un bellissimo progetto, che non si limita "a mettere dei fiori alle catene", ma si fa "provocazione politica" perché altri possano allargare la piccola breccia dell'accoglienza che questo progetto apre, e questo sia in Italia, quanto in altri paesi europei.
 Ecco un esempio di audacia, intelligenza, scaltrezza che, a mio avviso, ben illustra la parabola.
 (L'articolo prevede la possibilità che ogni stato dell'UE possa rilasciare dei visti "a territorialità limitata" per motivi umanitari, di interesse nazionali o internazionali)
 Cari fratelli e sorelle,
spesso nel sentire come il male e la violenza divampano, ci chiediamo perché questo non accada in egual misura anche per il bene.
Certo, è vero il detto che "fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce".  Ma c'è dell'altro.
I figli della luce spesso marciano due velocità.
Capaci di arrischiare la vita quando si tratta di faccende personali, prudenti e passivi fino allo spasimo, quando si tratta della testimonianza cristiana, o della giustizia. Forse per questo alcuni pensano che "fare del bene" ed "essere un po' sciocchi" sia un'equazione. Nel fare del bene siamo  "aristocratici", e non vogliamo che nulla contamini la purezza del nostro agire. Invece, come dice Franco Cassano c'è una "Umiltà del male" capace di arruolare tanti altri in operazioni scellerate .
 
Caro fratello e sorella, io so che sei una brava persona. Ma la domanda della parabola, di oggi è: Cosa sei pronto a rischiare per il bene? Sei abbastanza audace da dichiarare il tuo amore per l'evangelo e perseguirlo con risolutezza?
Hai mai OSATO qualcosa, (non parlo di azioni eroiche), che fosse finalizzato al raggiungimento di un risultato  positivo concreto?
 King, in un suo famoso sermone, aveva parlato della "sindrome del tamburo maggiore", per dire di quell'istinto di tutti gli esseri umani a primeggiare.  Secondo lui i neri dovevano imparare ad essere "ambiziosi" per il bene tanto quanto altri lo erano solo per i propri interessi sociali o razziali.
L'ambizione ad essere il tamburo principale che apre la parata, non deve essere repressa (come molti ler neri insegnavano agli altri neri), ma solo usata per il fine giusto.
 Accogliamo la provocazione della parola di Dio, a diventare cristiani audaci!