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Seguire Gesù

Testo: Marco 1, 16-20 e Matteo 28,16-20

Se dovessimo riassumere in una sola frase il maggiore contributo (tra i tanti) dato dagli anabattisti del XVI° secolo alla storia comune del cristianesimo, forse direi che esso sia la riscoperta del discepolato cristiani, che essere cristiani fosse camminare, percorrere la vita e le parole di Gesù. La situazione in quel tempo era questa più o meno: il cristianesimo che è “via da percorrere”, era religione dello stato, tutti in un territorio era cristiani. Poi alcuni avevano costruito delle cattedrali all’entrata del cammino e le ammiravano appagati nel loro senso estetico del bello, ma nessuno vi camminava se non talvolta qualche santo ogni tanto. Altri ne parlavano e descrivevano il cammino, i continenti, le foreste, i fiumi che attraversava condensando poi in dogmi, confessioni, dichiarazioni di fede le loro opinioni riguardanti il cammino, ma pochi erano poi quelli che vi camminavano. Allora arrivarono gli anabattisti e dissero che essere cristiani era proprio camminare, percorrere il cammino e che essere cristiani significacava camminare seguendo le orme di Gesù (che era Lui stesso il cammino). Allora tutti gli altri si indignarono e cominciarono a urlare allo scandalo, “siete dei fanatici pericolosi” chi vi credete di essere? E cominciarono ad ucciderli con il fuoco o con l’acqua. Ora noi ne parliamo perché siamo eredi di quella concezione della chiesa e del cristiano come discepolo/a di Cristo. Ci rivolgiamo come loro alle Scritture e leggiamo ancora la prima chiamata fatta da  Gesù ad alcuni uomini (poi chiamerà anche allo stesso modo delle donne) perché diventassero suoi discepoli. Vediamo la scena raccontata da Marco.
Questa scena situata nella fase iniziale, delle cose avvenute attorno al mare di Galilea, il lago, mostra che il cammino di Gesù è segnato dall'incontro nel tempo e nello spazio con gli esseri umani. Gesù li trova impigliati nelle loro circostanze esistenziali, nei lavorii e mestieri, nell'occupazioni e preoccupazioni dell'esis¬tenza. L'incontro è esistenziale e teologico. Si incontra Gesù negli svincoli del tempo biologico occupati nelle attività che scandiscono il nostro esistere, la vita. L'incontro ha una valen¬za tragica. Non si incontra chiunque, non si tratta di un incon¬tro fortuito, avvenuto per caso, troviamo chi è venuto a cercarci. Si incontra colui che è il Vangelo di Dio, l'annun¬ciatore delle buone novelle, l'araldo del Regno, il Messia, il servitore, l'uomo Gesù. Si incontra Dio stesso che ci ama e vuole salvarci.
Gesù ci incontra e ci rivolge una parola. In questa parola è nascosta la chiamata efficace della grazia divina, la convocazione. Con Gesù si è avvicinato a noi il regno. Siamo vicini, è alle porte, ci sfiora. Noi non possiamo avvici¬narlo da soli in virtù della nostre opere, non possiamo avvicinarci con un impegno della volontà né con l'epico brandire di un'ascesi impeccabile. E' fuori dalla nostra portata, si trova in un'altra dimensione, irraggiungibile a qualunque tentativo o sforzo umano. Tutto dipende dall'incontro che ci rende vicini e prossimi di questo Gesù l'evangelizzatore, il portatore della grazia. La parola che ci rivolge Gesù è una parola che ci chiama, ci convo¬ca, ci perquisisce, ci ausculta, ci giudica. La chiamata contiene in sé ogni altra Parola divina. E' semplice questa chiamata: Seguimi!. Ma è piena zeppa di implicanze, satura di conseguenze insospettate.
La prima è questa, per seguire Gesù dobbiamo lasciare le reti, la barca, il mare familiare, le sponde cono¬sciute, i luoghi della memoria e della monotona ripetizione dello stesso gesto giornaliero per guadagnarci il pesce e il pane. Questa parola illimitata ci chiama a seguire Gesù, ci convoca e ricrea. E' la stessa parola che ha chiamato all’esistenza la Luce del primo giorno, quando il buio e il vuoto ancora riempivano l'Abisso del caos primigenio. E' una parola che crea, cosa crea in me? Questa prima parola che è chiamata dispotica crea o suscita la fede del discepolo/a. Senza questa parola non è possibile la fede. Senza la chiamata non ci può essere sequela. Chi lascerebbe la rete, la barca, la sicurezza delle sponde conosciute per mettersi in cammino chi sa dove o perché e fino a quando?
La chiamata alla sequela contiene anche la descrizione di chi seguiamo. Segui MI, è una chiamata a seguire Gesù. Già in maniera simbolica implica una chiamata all'unione esistenziale con Gesù, all'adesione alla sua persona e alla sua causa, predicare il Vangelo, annunciare il Regno di Dio tra gli essere umani. L'unione con Gesù è partecipare alla sua vita, al suo cammino verso Gerusalemme, alla sua passione, alla sua morte e risurrezione. L'incontro con Gesù provoca inoltre una trasformazione dei discepoli: “diventerete pescatori di uomini”. La chiamata e la sequela implicano molte cose, rovesciano la nostra esistenza, ci trasforma, ci cambia, ci muta. Avviene una metanoia, siamo chiamati ad un altro mestiere, a pescare uomini e donne, impigliarli nella rete di Gesù.
La chiamata ci rivolge una vocazione, passare ad altri mari, occu¬parsi nella predicazione e nella testimonianza al Cristo. Si incontrano il nostro tempo periferico, epidermico, transitorio, schiacciato, solo possibile, magro, il tempo biologico in attesa di redenzione, e il tempo divino, il tempo trascendente, senza limiti, eterno, sconfinato. Si incontrano i tempi dell'immanenza e il tempo della trascendenza in un luogo, vicino al mare, la nostra geografia. E ci invita a penetrare un altro tempo e un altro spazio, il tempo del giubileo, della grazia, l'oggi della salvezza e lo spazio del Regno di Dio, non solo geografico ma uno spazio anche vitale, esistenziale, lo spazio di Gesù, la sua vita divina e umana. E ci invita ad invitare altri uomini e donne allo stesso incontro nel loro tempo e nel loro spazio.
E' Gesù a chiamare. A differenza di altri rabbi di quel tempo che erano scelti dai loro discepoli come loro maestri. Qui è Gesù a scegliere i suoi discepoli. Non ci deve sfuggire questo dettaglio perché è importante. Si tratta di una scelta fatta con autorità. Gesù è investito dall'autorità divina per scegliere i suoi discepoli/e. La chiamata si configura come una scelta: “sono stato io a scegliere voi”. La scelta dà alla chiamata un senso di urgenza, di ineluttabilità, di determinazione. Il Vangelo è pieno di questa urgenza. In alcuni momenti del cammino verrà ripetuta la chiamata perché ci saranno delle cadute, dei ripensamenti, dei dubbi, sempre sarà più urgente e necessario chiamare e richiamare i discepoli/e ai propri doveri, alla sequela, alla fedeltà alla vocazione ricevuta. E' evidente la conseguenza. Solo Gesù può chiamare, solo la sua parola può suscitare la fede e la sequela. I nuovi pescatori di uomini non possono buttare la rete nel loro nome secondo la loro volontà, ma soltanto nel nome di Gesù e in ubbidienza al suo comandamento.
La sequela è una via da percorrere, una scelta anche del discepolo/a a vivere in unione personale e adesione esistenziale alla persona di Gesù. Si buttano le reti e non si può tornare indietro, non si può mettere la mano sull'aratro e guardare indietro. La sequela diventa una vocazione e l'impegno della propria vita, la realizzazione dell'esistenza. L'impegno è dop¬pio. Primo è a vivere e morire come Gesù. Secondo è l'impegno di diventare missionari (Matteo 28,16-20). La missione è urgente, ineluttabile: fare discepoli, diventare profeti e araldi del Regno, annunciatori della parola, evangelizzatori delle genti battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. La sequela è una conversione verso la via di Gesù. Gesù richiede una nuova chiamata e una nuova prova della fede, una nuova conversione. Abbiamo parlato di missione. La missione è vivere una vita donata nel servizio.  Questo è il senso della chiamata che ci rivolge una vocazione. E' vocazione al servizio che è missione. Questa è la missione, proseguire l'opera evange¬lizzatrice di Gesù, conquistare altri esseri umani, pescarli con l'amo dell'amore e la rete dell’impegno per rendere più umana la vita di tutti/e. Investiti con l'autorità unica e possibile: l'autorità del servizio, di chi vive una vita donata e espropriata per amore altrui.
A questi discepoli/e poi è fatta la promessa: “non rimarrete mai più soli, io sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine dell’età presente”. Solo quando camminiamo, percorriamo questa via troviamo colui che ci chiama e che è Egli stesso “la Via che percorriamo”.