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Il timore di Dio

Testo: Esodo 1, 8- 22

Il testo di quest'oggi, ci riporta una volta ancora all'origine del popolo di Dio. Qui non siamo davanti ad una cronaca di fatti storici. Questo è un testo di teologia narrativa. Un testo scritto da un ebreo per altri ebrei. Un testo che parla contemporaneamente dell'intervento di Dio, della violenza della schiavitù e della stupidità del Faraone.
Tutti e tre questi passaggi, si prestano oggi ad una riflessione anche per la nostra attualità.
 
1. Innanzitutto Dio.
Di Lui non si dice molto nel testo. Egli fa da sfondo, tiene i fili della storia, è la ragione stessa del racconto. Ma è come nascosto dietro le quinte. Nessun miracolo. Bisogna aspettare più avanti  per vedere il mare che si apre per far passare gli schiavi, per poi richiudersi su cavalli e cavalieri dell'esercito faraonico.
Qui, la presenza divina è più discreta.
In particolare, Dio è colui che viene "temuto" dalle levatrici. Il "timor di Dio" non è paura, ma fede. Ci aspetteremmo che le donne che si trovano davanti al Faraone che parla loro per dare disposizioni che non ammettono obiezioni, siano intimidite. Ma per nulla. Il loro timor di Dio, non è origine di tutte le paure, ma  principio del loro coraggio. Il "timor di Dio" proprio in quanto espressione della resa alla potenza di Dio è sorgente di forza per resistere alla prepotenza degli uomini.
 Ecco, Dio è presente nella fede di queste donne.
Se in questo passaggio, ti chiedi: dove sta Dio? Lo devi cercare nella fede delle due levatrici. Cosa vuole Faraone che le donne facciano? "Se si tratta di maschi soffocateli e fateli soccombere". Ma cosa hanno imparato a dire le levatrici mentre assistono alle donne partorienti? "Respira e spingi!".

Respira e spingi la vita! Il "timore di Dio" altro non è che il mandato delle levatrici a fare bene il loro mestiere. Esse esistono per accogliere la vita, non per sopprimerla.
Dio lo incontri nella loro fede. Non eroica, ma coraggiosa. Esse non fecero discussioni etiche su come comportarsi: obbedire alle autorità politiche o al loro codice deontologico? Né  chiesero consiglio a chissà quale saggio o esperto di religione. "Temettero Dio" e lo fecero in maniera così spontanea e naturale che non ebbero neppure bisogno di consultarsi. Non c'è dilemma amletico, ma ovvia adesione a fare quel che è giusto, anche se a comandarti di fare la cosa sbagliata è la persona più potente, sedicente figlio del dio sole.
Dio certe volte si vede solo nella fede coraggiosa dei credenti. Ma se guardi bene, nondimeno puoi scorgere che Lui è proprio lì interessato alle vicende degli oppressi.
 
La seconda cosa che il testo dice di Dio, è che "egli fece del bene a quelle levatrici". In che modo? Il testo non lo dice
Le fece scampare dalla mano del Faraone? E' probabile
Mandò a buon fine la loro missione professionale? E' certificato dagli eventi.
Dio fa del bene a coloro che lo temono. Non significa che ai credenti sono risparmiate le difficoltà. Ma essi agiscono nella netta percezione di essere sotto la protezione di Dio.
 
2. Secondo punto: le vessazioni
 
Il testo si presenta una escalation nell'esercizio del potere di Faraone verso i figli di Giuseppe, che indicherei in questa sequenza:
 
a. Propaganda fondata sulla paura, paventando scenari funesti
b. Controllo totale
c. Sfruttamento
d. Durezza e asprezza
e. Genocidio
 
La propaganda comincia da un invito alla "prudenza". La direi così: "Non siamo contro i figli di Giuseppe, ma adesso stanno diventando troppi". Questa considerazione  potrebbe apparire perfino di buon senso. E infatti, dice il Faraone, ma anche la gente con lui "se poi crescendo cominciano a diventare nemici della Patria?".
Sapete cosa significa il nome Giuseppe, in ebraico? Viene da una parola che significa "crescere". La stessa parola viene usata nel versetto 10 proprio per presentare il pericolo della "crescita", potremmo dire la "giuseppizzazione" del popolo ebraico.
 
Generata la paura, questa va alimentata ogni giorno. Ogni episodio di cronaca che si presta alla alimentazione del pericolo ebraico va bene. Se un egiziano violenta una donna, malgrado la condanna, in definitiva ha esercitato il suo istinto maschile e predatorio, se lo fa un figlio di Giuseppe, allora è un atto di aggressione etnico verso tutte le donne del Faraone... e così via.
I fatti poi lasciano spazio alle fantasie:  "e se poi ci fanno la guerra? E se diventano terroristi?"
In questo modo si può passare alla fase 2,  il controllo.  "Stabilirono dei sorveglianti". Bisogna schedare, ci vuole una "intelligence" che abbia il controllo. Si ascoltino i discorsi, si mettano telecamere e microspie dappertutto e chi sente qualsiasi cosa lo riferisca alle autorità.
Ma la strategia del controllo si combina molto bene con lo  sfruttamento.
Questi ebrei sono come conigli, si moltiplicano a vista d'occhio (qui la predicazione della paura è diventata ossessione e panico). Allora sarà bene tenerli impegnati e farli lavorare senza diritti, senza protezione, in maniera che capiscano che qui sono e restano stranieri (anche se sono nati qui) e poi quando tornano a casa non abbiamo voglia di dedicarsi a proliferare.
Lo sfruttamento diventa "durezza". Vale a dire, farli diventare rotelle di un ingranaggio che crea ricchezza per i loro stessi oppressori (le città magazzino Pitom e Ramses).    
La escalation si conclude poi con l'"asprezza". Bisogna trattarli come subumani, come nemici potenziali. Insomma bisogna convincersi e convincerli della inferiorità della loro "razza".
 
 
3. Ma non coglieremmo la ricchezza della narrazione se non riconoscessimo anche l'insipienza del Faraone.
 
La scorsa settimana abbiamo parlato della sapienza di Salomone che si esprime soprattutto nella saggia decisione in una contesa tra due donne. Oggi il testo biblico, con forte amara ironia, ci fa notare la stupidità del Faraone. Sì, E' proprio così. Si può essere il capo della potenza militare ed economica più grande del mondo, si può essere al vertice di un impero, ed essere del tutto "sciocchi".
Innanzitutto, se due levatrici, solo due levatrici, nel programma del Faraone, potevano interrompere la crescita demografica del popolo nemico, non era ammissione che poi tutto questo pericolo demografico era una esagerazione?
 
Seconda cosa: Se si intendeva interrompere il ciclo delle nascite, non sarebbe stato più coerente sopprimere le donne, visto che sono poi loro a mettere al mondo dei figli e visto che gli uomini servivano nei lavori forzati per costruire  la fama dell'impero?
 
Terza cosa: Cosa teme il Faraone, che i figli di Giuseppe restino e si moltiplichino nel paese o che vadano via lasciando il loro servigi per l'Egitto? Pensa davvero di poter arginare con la pulizia etnica un problema tanto complesso che attanaglia il suo stesso modello di sviluppo che ha bisogno di tanta mano d'opera?
Faraone non è figlio Ra, ma solamente uno sciocco, un pusillanime, un malevolo razzista che non è in grado di risolvere nessun problema perché non sa neppure lui cosa vuole.
Ma davvero si può pensare di risolvere il problema di centinaia di milioni di profughi, poveri e affamati, costruendo un muro con il Messico o infangando il nome delle onlus che offrono aiuto nel Mediterraneo? O caricando i rifugiati brutalmente?
Ma c'è qualcuno che davvero crede alla efficacia di questi rimedi?
Faraone è talmente sciocco che alla fine crescerà nella su stessa casa colui che libererà il popolo di Dio e finirà per pagare il sussidio perché la sua vera mamma lo allatti!
  Crudeltà e stupidità vanno di pari passo. Ma questo non impedirà a Dio di mettere a effetto il suo piano per il riconoscimento della vita di tutti.
E basteranno due donne, le sole delle quali è meritevole ricordarsi i nomi, Scifra e Pua, a sovvertire i piani perversi e malvagi del faraone.
 
Così comincia la storia di Israele.
 
Siamo in tempi bui, perché quando stupidità, incompetenza e prepotenza si uniscono possono fare molti danni. Ma noi osiamo credere che questo non sia il buio della tomba, ma quello del ventre materno, nel quale Dio ha già cominciato a tessere il suo piano di liberazione e salvezza.
E noi cristiani?
Siamo chiamati ad essere come quelle due levatrici. Temere Dio e fare la sua volontà. Con naturalezza e determinazione.