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Sermone Narrativo

Dove c'è lo Spirito del Signore, lì anche la libertà        2 Corinzi 3,17

Non spegnete lo Spirito                                       1 Tessalonicesi 1,18

Improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dov'essi erano seduti.                                       Atti 2,2
 
Sermone Narrativo di Massimo Aprile
Era la Pentecoste di-non-saprei-dire-quando. L'ormai anziano pastore,  rimasto vedovo da qualche anno, stava per salire sul pulpito della piccola chiesa di quel posto di-non-saprei-dire-dove.
Come sempre, dopo il canto, spesso lo stesso, col quale la comunità invocava: "Discendi Santo Spirito", il pastore con gesti lenti e con una certa fatica si avviava sugli scalini del pulpito per poi compiere una sequenza di gesti ormai conosciuti minuziosamente dalla congregazione e svolti con ordine, quasi ossessivo dal predicatore: sistemazione della Bibbia sul leggìo, deposizione dei fogli del sermone  e accensione della piccola luce che illumina il testo che sempre leggeva con pignoleria, senza quasi mai sollevare lo sguardo verso gli astanti.
I suoi sermoni li definiremmo  esegeticamente onesti, solo forse con una inclinazione eccessiva all'esortazione morale. Come un buon padre di famiglia, o forse più propriamente, come un nonno, egli esortava la assemblea a vivere una vita di maggiore santità in obbedienza al dettato biblico. I testi della Scrittura da cui prendeva spunto erano spesso, ultimamente, le epistole pastorali.
Quella mattina, il calendario ecclesiastico gli prescriveva di confrontarsi con i testi che parlano  dello Spirito Santo e della Pentecoste.
La congregazione era compita. Si capiva che nutriva ossequio verso il proprio pastore. Ma sembrava disporsi all'ascolto di un sermone che conosceva già.
Una parola algida, che incontrava una comunità senza grandi aspettative.
Tale era il rispetto per il pastore, soprattutto ora che la sua amata Sofia lo aveva lasciato solo, visto che non avevano avuto figli, (avendone perso uno a pochi mesi dalla nascita) che nessuno avrebbe neppure minimamente immaginato dirgli che forse era venuto il momento per lui di cercarsi una nuova chiesa (e per la chiesa di cercarsi un nuovo pastore). Infatti questo avrebbe consentito, forse, alla comunità  di risollevarsi un po' dallo stato di tristezza spirituale in cui versava.  La fede della chiesa  pur non essendo svanita, era, infatti,  obiettivamente divenuta  più appannata.
Insomma, se il quadro non vi fosse ancora chiaro, siamo davanti a una comunità e a un pastore stanchi,  spiritualmente anchilosati da una molteplicità di cause non facilmente riassumibili ed enunciabili; così come non é facile dire se fosse il pastore a render depressa la comunità, o viceversa.
 
Dopo aver ascoltato la lettura del testo biblico affidata come sempre allo stesso fratello, che leggeva senza inflessione e senza intonazione, di modo che l'ascolto risultava faticoso al punto da far sembrare qualsiasi  testo una medesima litania a cui solo pochi riuscivano a prestare attenzione,  e dopo le brevi note dell'interludio, il pastore si alzò in piedi. Raccolse i fogli del sermone che sistemò allineandoli con un piccolo colpetto sul pulpito, amplificato dal microfono,  (anche questo era un gesto che si ripeteva eguale a se stesso), e poi li adagiò per cominciare a leggerli .


 Fu a quel punto che accadde l'inatteso.


 La finestra laterale al pulpito da cui pure entrava un po' di luce dai vetri opacizzati in giallo, si spalancò  per effetto di un fortissimo colpo di vento, benché la giornata non appariva per nulla turbinosa.
Fu un attimo, quel vento impetuoso sibilò come una frustata fragorosa che "riempì tutta la chiesa dove essi erano seduti".
Sembrò come se lo sbuffo rumoroso fosse indirizzato precisamente sul leggio, perché tutti i figli volarono via in un attimo. Vano fu il tentativo che il pastore fece con la mano di trattenerne alcuni.
L'assemblea lesse lo sgomento sul volto del reverendo ma egli fece  segno a tutti di rimanere seduti.
Scese più in fretta che poté la scaletta del pulpito, e si accinse, senza farsi aiutare  e con gesti gravi, a raccoglierli tutti. E' molto probabile che non riuscì completamente nell'intento. Alcuni erano spiegazzati, come se il vento non li avesse solo fatti volar via, ma anche li avesse appallottolati, come quando, scritto un testo non riuscito, ci si libera di esso, cestinandolo con gesto stizzoso.
 Poi salì sul pulpito. L'aria era come sospesa. Qualcuno aveva provveduto a richiudere la finestra, anche se il vento era ormai cessato.
Il pastore con sguardo basso cercava di rimettere ordine in quelle pagine sgualcite . Ma sembrava che malgrado gli sforzi non riuscisse a venirne a capo. Poi si fermò. Alzò lo sguardo verso la congregazione muta che restò in attesa che la sua intonazione solita riportasse l'incidente ad una recuperata normalità.  Fissò lungamente  l'assemblea come non faceva da anni,  con uno sguardo compassionevole e pieno di tenerezza. A qualcuno parve di vedere una lacrima rigargli il viso.
Scese di nuovo dal podio e, con sorpresa degli astanti, riaprì la finestra da cui a tutti apparve entrare più luce e soprattutto aria fresca. Risalì e rinunciando completamente al manoscritto, cominciò a parlare all'assemblea, ma lo fece in un modo inedito. Sembrava che stesse parlando a tutti e a ciascuno contemporaneamente.
Cominciò a dire: "Mentre il vento ha fatto volar via il mio sermone" mi sono ritornate in mente proprio le parole degli Atti che esordiscono, nel racconto della Pentecoste, con questo vento turbinoso che colpisce una comunità "seduta". Infatti mentre quel vento metteva disordine nelle mie parole, tutte ben organizzate per voi, ho capito qualcosa di questo testo che francamente mi era sfuggito durante la settimana quando  mi sono dedicato al suo studio con commentari e articoli teologici sul tema."
Poi, come se si fossero aperte le barriere di contenimento di una diga, le lacrime cominciarono a scendere dai suoi occhi e non era più possibile trattenerle. Ma, a questo punto,  non se ne curò più e andò avanti.
"Fratelli e sorelle, lasciate che, rinunciando al sermone, stamattina vi dica poche parole che mi traboccano dal cuore. Da quando la mia amata Sofia si è ammalata, ormai da più di otto anni, la mia vita è diventata pesante. Ho visto mia moglie regredire a causa del male, giorno dopo giorno, e come sapete ho fatto del mio meglio per assisterla. Confesso che qualche volta l'ho fatto anche a detrimento del tempo da dedicare alla comunità.  Tutto ciò ha anche influenzato la mia fede, e forse, non volendo, anche la vostra. Non che l'abbia persa , ma, per usare l'espressione che usa l'evangelista, è come se mi fossi "seduto". Non è la fede che mi ha fatto difetto, semmai, la gioia.
La mia vita spirituale si è trascinata per molto tempo e sono riuscito a proteggerla a mala pena, solo con la mia ferrea disciplina fatta di preghiera e lettura biblica, col mio impegno per la comunità , con la mia professionalità.
Ma questa mattina, senza usare toni retorici, credo di aver capito qualcosa di nuovo dello Spirito Santo, che si è reso manifesto, proprio in questo "incidente".
Il nostro ordine, giusto, metodico e abitudinario, può aiutarci nei momenti difficili, ma alla lunga può anche  divenire come una coltre, una nebbia, che impedendo di vedere con lucidità la crisi nella quale ci dibattiamo, non consente al Signore di risolverla.
Stamattina, cari fratelli e sorelle, per me è Pentecoste, come mai prima. Il Signore, nello stesso momento in cui confondeva la mia lingua, mettendo caos nei miei appunti, mi concedeva una parola di verità, autentica e cristallina, da condividere con voi.
Vi prego di perdonarmi se non sono stato il pastore che tutti voi avreste meritato.  Forse il dolore e il lutto, mi hanno impedito di dire con chiarezza il mio bisogno di aiuto e consolazione."
Detto questo l'uomo cadde sulla sedia che si trova dietro al pulpito, esausto, e a corpo morto. E rimase così, attonito, muto e silenzioso.
Quel  "vento impetuoso" quella mattina aveva però scosso anche la composta assemblea di quella comunità fuori dal tempo e dallo spazio. Un forte e salubre sentimento di commozione attraversò tutta la sala, in lungo e in largo.
 L'anziana della chiesa, donna stimata, di poche parole, ma ritenuta, a giusta ragione, una colonna della comunità, si alzò. Salì sul pulpito, di fianco al pastore, si schiarì la voce, e cominciò a parlare.
"Beh, - esordì - , se stamattina si parla senza copione, allora anche io posso dire qualcosa. e anche io voglio provare ad esprimere quel che sento e che mi viene dal cuore.
 
            
"Caro Pastore, e lo disse rivolgendosi direttamente a lui, caro Pastore,     
- ripeté - stamattina lo Spirito è venuto a portare una nuova libertà nella nostra chiesa, e noi tutti vogliamo renderti atto che l'hai saputo coglier e non lo hai soffocato.
Lascia che ti dica, a nome anche di tutta la fratellanza, il nostro rammarico, per non aver saputo riconoscere abbastanza il grande peso e dolore che hai dovuto portare in questi anni.
C'è stato del gossip alle tue spalle. Di questo ho apertamente rimproverato alcuni. Si è detto di una certa tua svogliatezza, soprattutto ad ascoltare membri dell'assemblea che manifestavano disagio e bisogno di aiuto. Abbiamo notato che le tue parole erano diventate più pesanti da ascoltarsi e da ricevere. Ma stamattina, in quel vento irriguardoso, è stata spazzata via la nebbia e abbiamo tutti percepito come mai prima, la tua sofferenza e la tua stanchezza.
Voglio dirti anche io, a nome di tutta la chiesa, il nostro rammarico per non essere stati capaci di offrirti la cura d'anima di cui avevi bisogno, e di manifestarti così una cristiana simpatia che comunque nutriamo per te. Perdonaci se puoi. Se vorrai, lasciandoci guidare dallo Spirito, da oggi vogliamo starti più vicini consentendo al Signore di rinnovare la nostra fede, farci dono di una nuova capacità di comprensione, renderci sensibili alla gioia che porta l'evangelo quando rimette ordine nella nostra vita spirituale."
Dette queste parole, si volse verso di lui, attese che si alzasse dalla sedia, e lo abbracciò con una tenerezza a cui, si capiva, entrambi non erano più abituati.
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Non dobbiamo scandalizzarci fratelli e sorelle, se la nostra vita spirituale e di fede è anche soggetta a dei momenti di crisi. Questo può accadere, per le più svariate circostanze, a chiunque: al pastore non meno che a qualsiasi altro fratello e sorella della chiesa. Sicuramente dovremmo imparare anche a non colpevolizzarci. La Pentecoste, parla sì di una dunamis, di una potenza, ma non la nostra, quanto piuttosto quella di Dio.
Dobbiamo imparare nelle nostre relazioni, compresa quella con Dio, ad accettare anche i momenti più faticosi e i passaggi più difficili. L'importante è dapprima non smettere di aspettare il Signore. Ma poi è anche importante saperlo riconoscere quando  viene nuovamente a visitarci, proprio come seppero fare quella mattina sia il pastore che quella anziana sorella di chiesa.
Quando diciamo "ecclesia semper reformanda" non ci riferiamo semplicemente a dei cambiamenti strutturali della chiesa o a degli "aggiornamenti" culturali che sono necessari se vogliamo che la chiesa resti un organismo vivente, non imbalsamato in vecchie dottrine. Ci sono anche dei momenti di rinascita spirituale personale e collettivi, per consentire allo Spirito di andare oltre la nostra routine del "si è fatto sempre così". Non dobbiamo temere dei momenti di destabilizzazione della nostra vita, perché anche attraverso questi, il Signore ci offre opportunità di reale rinnovamento.
 La perdita, il lutto, l'insuccesso, l'abbandono, quando vengono lasciano un segno. Nessuno di noi è a riparo da questo. Nessuno deve pensare che siccome è un credente, un anziano, un pastore, egli o ella sia a riparo da tutto ciò. Ma il Signore non ci abbandona. Mediante l'azione dello Spirito Santo Egli viene a rinnovare la nostra vita, darci un nuovo senso di libertà,  ridonarci il gusto della gioia. Tutto questo accade solo se lasciamo che la sua "Ruah", il suo Alito di vita,  porti verità, ma anche perdono. Quando lo Spirito si manifesta, in primo luogo una leggera vertigine di paura ci assale ma, poi, anche subentra una più grande allegrezza di sentirci amati da Dio mediante la reciproca accoglienza.
 Le nostre chiese sono un gran dono del Signore. Non perché siamo perfetti, ma perché, mediante la Parola di Dio, aria fresca viene nuovamente a ossigenare i nostri polmoni e a ridarci vita.