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Emmaus

 

Testo: Luca 24, 13-40

Due settimane fa abbiamo commentato questo testo in riferimento al primo quadro di Michelangelo Merisi, della Cena in Emmaus, del 1601.
Adesso vediamo dipinta la stessa scena dallo stesso autore, cinque anni più tardi.
Desidero riprendere la stessa storia biblica, ripartendo, oggi, da questo quadro, con una sola premessa per quanto riguarda il suo autore. Caravaggio, poco prima di dipingere questa tela che è conservata qui a Milano, nella Pinacoteca di Brera, aveva commesso un assassinio. Non si sa bene quanto deliberato. Pare sia stato a seguito di una rissa per motivi piuttosto futili. Da quel momento, colpito da una condanna a morte, era cominciata la sua fuga che terminerà con la sua morte abbastanza misteriosa a 39 anni.

Il quadro risente di questo dramma. E' la stessa storia di rivelazione e nascondimento dell'altro quadro, ma mentre il primo, anche cromaticamente, sta più dalla parte della rivelazione e della resurrezione, questo sembra stare più dalla parte del nascondimento e della passione.

Ma partiamo di nuovo dal testo di Luca.

1.  «Rimani con noi, perché si fa sera e il giorno sta per finire».
Si fa sera e il giorno sta per finire, è chiaramente ridondante. "Si fa sera" poteva bastare. Oppure poteva bastare "il giorno sta per finire", La ripetizione enfatica è una sottolineatura.
Potremmo forse tradurre: "Rimani, perché adesso si fa veramente buio".
C'è un riferimento più che semplicemente cronologico,  esistenziale.
Cala la notte, scende il buio, si fanno tenebre, non si vede più nulla, siamo nell'oscurità...

Il pittore rende questo riferimento biblico con la cornice. Tutto il quadro, ma in particolare la figura di Cristo è immerso in un nero di pece, nel buio pesto.
Tutta la scena , potremmo dire è una sottrazione di vita dal buio avvolgente.
Non si sono più i colori vivaci del primo quadro, ma colori di terra evidenziati da lame di luce, come fossero rasoiate.

Possiamo dire che il quadro rispecchia lo stato d'animo del pittore a questo punto della sua vita?
E' probabile.
La Cena di Emmaus è la scena riprodotta da una persona cosciente del dramma del peccato, una persona che sa di essere un condannato con i giorni contati.
 
E' possibile avvicinarsi alla CENA non soltanto a partire dalla  grande speranza nella resurrezione, ma anche dal buio che sentiamo avviluppare la nostra vita personale o del particolare contesto nel quale viviamo.

"Si fa sera e il giorno sta per finire... rimani con noi."  E' una Cena non tanto della proclamazione, ma della vicinanza. E' il desiderio di strappare alla cupezza del momento un angolo di luce che rischiari i volti, per farci trovare un amico, qualcuno a cui possiamo af-fidarci.

Chi di noi non ha mai partecipato alla Cena del Signore abitato in un momento da uno stato d'animo e in un altro dall'altro.

La scena è ridotta all'essenziale. Non ci sono troppi fronzoli. Resta al centro solo la michetta spezzata adagiata su un'erba amara. Non c'è frutta, non c'è arrosto. Nessuna concessione alla leziosità cromatica dei dettagli.
Perfino il calice di vino, che indica sì il sangue sparso, ma che nella Cena è anche rimando alla festa, alla gioia, c'è, ma è seminascosto dietro la brocca. C'è più nascondimento che svelamento.
"Rimani", Signore. Non andartene via. Non lasciarci. Sentiamo che ci perderemmo.

2. "Il Signore disse la benedizione sul pane"
A questo riguardo desidero farvi notare alcuni dettagli:
- Il testo dice che prima lo spezzò e poi lo benedisse, ma qui c'è una piccola dissonanza narrativa, perché Gesù benedice ciò che è già spezzato.
- Il discepolo posto alla destra del quadro, quello di cui si vede la faccia, ha in evidenza l'orecchio. Non è sproporzionato, ma potremmo dire che è un orecchio messo in evidenza.
- La mano di Gesù è sopra il pane spezzato (c'è un'altra michetta che però è intera)

Io traduco questi dettagli iconografici in questo modo:
Nella notte buia ormai scesa che avvolge la scena, bisogna udire la parola benedicente del Signore. Bisogna udire la benedizione sul pane spezzato.
Un pane fatto di crosta frantumata.
Qualcuno ha suggerito che Caravaggio avrebbe voluto rappresentarsi in quel pane.
Non solo il corpo di Cristo, dunque,  ma anche i corpi spezzati e stritolati, sminuzzati, dalla vita, e dall'errore.

Bisogna ascoltare la "benedizione" di  Gesù sul pane rotto.
"Nel principio era la benedizione", Matthew Fox, teologo cattolico, ha scritto un testo provocatorio, con questo titolo, ricordando a quanti nella chiesa hanno posto tanta enfasi sul peccato originale, che "nel principio" non c'è il peccato ma la benedizione di Dio che accompagna come un responsorio divino, la creazione di ogni cosa.

"Dire la benedizione", significa pregare, significa riconoscere l'umanità, , significa essere compassionevoli, significa porsi in una posizione di accoglienza della vita.

Ecco il gesto e la parola di Gesù che bisogna ascoltare: una benedizione sulla vita, malgrado tutto. Tanto più se la vita è minacciata, avvilita, oscurata.
Chiunque voglia annunciare la Parola deve averla prima ascoltata. E la parola da ascoltare prima, non è un giudizio sul peccato, non è una parola di sgomento o di paura, ma una "benedizione".

Fate come Gesù, prima di andarvene, non lasciate questa vita senza una parola di benedizione, senza una parola di ringraziamento. Lasciate ai figli e alle figlie, alla comunità e agli amici, alla società e al mondo, alla natura, agli alberi e ai fiori, una parola di benedizione. Procuratevi che sia questa la vostra ultima parola, la vostra eredità per gli altri.

3. Il mio ultimo punto sono le mani.
Di quella benedicente di Gesù ho già parlato..

Vi invito ad osservare le altre.
Quelle discepolo di sinistra, che adesso riproduce il gesto di quello che si trovava a destra nell'altro quadro, non sembrano indicare tanto la memoria della croce, quanto un gesto di stupore adorante. Vivere è non smettere di meravigliarsi. E la meraviglia delle meraviglie è lo svelamento della umanità e della divinità di Cristo.
Ho una grande ammirazione, per quelle persone che non smettono di stupirsi. Infatti credo che chi ha perso la capacità di stupirsi sia in serio pericolo di perdere anche la fede.

Poi ci sono le mani del discepolo di destra. La postura  la definirei del "metter mano". Le mani come decisione del fare, dell'agire, dell'andare... La fede non è solo stupore ma anche azione, missione, invio, evangelizzazione, impegno, costruzione fattiva di una società nuova, servizio, dedizione concreta. "Mettere mano ad un impresa" esprime passione autentica ed è linguaggio dell'amore.

Poi c'è la mano dell'oste.
In verità la mano non si vede. Ma la postura suggerisce un pollice nella cintura. Egli guarda quelle strane manovre su un panino e non capisce. "Che roba è questa?".
E' lo sguardo estraneo.
Che vogliono questi cristiani?
Chi sono questi utopisti?
Cosa c'è da celebrare nella frugalità estrema di questo pasto?
Sono le mani attendiste. Le mani di chi vede e non riconosce. Ascolta ma non capisce.
Sarà per sempre?
Il personaggio, come sappiamo, non è presente nella narrazione biblica.

Così come non lo è la donna, anziana, evidenziata nelle sue rugosità.
Osservate le mani. Entrambe aperte per sorreggere un piatto.
Cosa c'è dentro? Non si capisce. Qualcuno ha detto che questo angolo del quadro sia rimasto incompiuto.
La donna ha lo sguardo triste, ma offre qualcosa. C'è dedizione, ma non vi si scorge ancora la speranza.
Alcuni la fede l'aspettano operosamente. Non capiscono ancora il senso, ma non hanno smesso di servire.

Le mani del quadro, ma forse anche le nostre, dicono i vari momenti della vita, della fede in Cristo.

In realtà, quest'oggi abbiamo scoperto che questo non è l'ultimo momento in cui i discepoli vedranno il Signore. Ce ne sarà un altro. quando saranno con gli undici e con gli altri ancora. Gesù Risorto si presenterà di nuovo dicendo, e di nuovo, non riconoscendolo, penseranno ad un fantasma.
"Guardate le mie mani e i miei piedi, perché sono proprio io"

La mani , e i piedi, certificano la sua identità più del suo volto. Sono le mani e i piedi trafitti dai chiodi che rivelato che Egli è per sempre il crocifisso risorto.

E così le nostre mani parlano di noi.

Impariamo allora la manualità della fede: stupore, impegno, sostegno. Modalità diverse, e tutte valide per esprimere la nostra benedizione della vita.