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DA 2 TIMOTEO 4, 1-5 NON TI ARRENDERE!

Nel corso di una conferenza tenuta a Parigi, nel 1934, Karl Burth, caratterizzava così il lavoro teologico: “Di tutte le scienze, la teologia è la più bella, quella che dà un maggiore slancio alla testa e al cuore; che più si approssima alla realtà umana, che dà lo sguardo più chiaro sulla verità, obiettivo di ogni scienza; che più si avvicina al venerabile e profondo senso del termine “facoltà”.

Spesso le ricette umane, possono essere illuminate dalla luce della Parola di Dio, ed è proprio la Parola che trasforma la condizione precaria dell’essere umano, affinché possa entrare nella giustizia, nella misericordia di Dio e nella verità della sua Parola. Stiamo attraversando davvero tempi difficili; questo è il tempo della prova. Le preoccupazioni non mancano e le domande che ci poniamo in questo tempo, spesso non lasciano spazio alla speranza. E’ iniziato il tempo del declino sociale, economico, culturale e religioso. I media riportano notizie allarmanti: un vero e proprio disastro mondiale. Crisi economica, crisi politica, la pandemia in corso che continua a mietere vittime e non accenna a scomparire. Omicidi e disastri di ogni genere, disastro ambientale, guerre, profughi alla ricerca di pace, il caro vita, il lavoro precario, insomma, un’umanità ricca di sofferenza. Tutti e tutte sono alla ricerca di verità. Molti raccontano la propria verità, quella verità distorta da visioni personali dettate dall’avidità e da interessi economici altamente egoistici. La smania di potere, quel potere che diventa l’essenza della vita e, la dimostrazione è sotto gli occhi di tutti come anche una sola persona sia in grado di sconvolgere l’equilibrio mondiale seminando guerre e morte, morte di innocenti! Da ogni parte susseguono teorie, consigli, linee guida per ogni cosa, il risultato? Parvenza di verità. E’ evidente che c’è da parte dell’essere umano l’incapacità di vedere o di non voler vedere, di non riconoscere i diritti dell’altro e dell’altra, l’altro e l’altra che sono creature dello stesso Dio. L’ansia e le preoccupazioni condizionano le nostre vite, eppure la parola di Dio (Matteo 6,25-34), ci rassicura: “Non siate in ansia per la vostra vita, chi di voi con la sua preoccupazione può aggiungere un’ora sola alla durata della propria vita? Cercate prima il regno di Dio e tutte le altre cose vi saranno donate”. Basta questo per rincuorarci, basta questo per prendere coraggio e affrontare quello che la vita ci riserva. Basterebbe questo come messaggio di oggi! E invece noi dobbiamo dare concretezza a questo “Cercare prima”.

Vediamo che nella Seconda Epistola a Timoteo, l’Apostolo Paolo esorta fortemente Timoteo a portare avanti la missione affidatagli da Gesù Cristo, il quale lo aveva scelto e chiamato a se. Il nome Timoteo significa letteralmente: Colui che Onora Dio. La parola che Paolo rivolge a Timoteo è rivolta a noi ancora una volta e non possiamo ignorarla. Siamo chiamate e chiamati ad accogliere fortemente l’eredità della testimonianza per portare al mondo la Parola, nonostante le nuvole minacciose che si presentano all’orizzonte. Questo testo può essere considerato un vademecum per ogni credente, per ogni discepolo e discepola e dice: “Ti scongiuro”, in tono accurato, Paolo scongiura Timoteo. Scongiurare vuol dire evitare che qualcosa di brutto accada. La preoccupazione quasi disperata di Paolo è quella di mettere in guardia, di indirizzare quanto più possibile all’annuncio e all’ascolto della Parola, per evitare il peggio. “Ti scongiuro davanti a Dio e a Gesù Cristo che verrà per giudicare i vivi e i morti, e per la sua manifestazione e il suo Regno” (2Tim. 4,1), dice Paolo. Sono le stesse parole che noi usiamo nel nostro Credo, è una vera e propria confessione di fede che Paolo scrive a Timoteo, è il fondamento della testimonianza di ogni credente: credo in Dio e in Gesù Cristo che verrà a giudicare i vivi e i morti. Questo è il punto fondamentale dal quale partire, senza questo non possiamo andare oltre. Credere dunque, in Colui che ha la potenza e la gloria, il potere sulla vita e sulla morte, il giudice supremo che giudica con Amore, con l’amore di un padre e una madre, la massima autorità terrena e divina. Non c’è altro dio all’infuori del Dio di Gesù Cristo, colui dal quale dipende tutto il nostro essere, la vita di tutto il creato e delle sue creature, quel Gesù che ci insegnato ad amare in giustizia e verità. Ti scongiuro davanti a Dio e Gesù Cristo, annuncia la Parola, insisti in ogni tempo favorevole o sfavorevole, convinci, rimprovera, esorta con ogni tipo di insegnamento e di pazienza. Il momento è solenne: Ciò che Paolo raccomanda è importante e viene espresso con l’incalzare di verbi imperativi: Tu predica, Tu insisti, Tu convinci, Tu rimprovera, Tu esorta, Tu Timoteo. Timoteo deve annunciare la Parola, deve cercare non può stancarsi o fermarsi, non può arrendersi alle situazioni controverse e soprattutto in tempi difficili non deve rinunciare alla missione di discepolo del Cristo risorto, deve anche richiamare coloro che stanno andando in direzioni sbagliate, arrivare a rimproverare se serve. Deve poter rinvigorire quelli che si sono spenti nella fede, deve poter affiancare, deve incoraggiare, deve darsi da fare perché la parola, la Parola di Dio, l’amore, il messaggio di salvezza possa essere divulgato il più possibile, affinché porti frutto in coloro che lo accolgono, in uomini e donne pronti a cercare prima il Regno di Dio per poi annunciare questa Parola. Paolo suggerisce, consiglia ma per l’autorità che gli è stata data da Cristo scongiura, chiede ardentemente in maniera forte e decisa. Scongiura Timoteo che era già un missionario, ma incalza e continua. Attenzione però, Paolo non si erge a comandare con arroganza, ma questo spronare, questo incalzare poggia sulle caratteristiche proprie del buon pastore Gesù Cristo, emblema dell’amore e della pazienza. Cristo è pronto a sacrificare la sua stessa vita per la salvezza delle sue creature. La vita stessa di Paolo è un esempio di vita vissuta nelle fede, accompagnata da sofferenza e malattia, dal carcere, da momenti difficili, eppure, fino alla fine continua a cercare il Regno di Dio, continua ad annunciare, continua a esortare. L’apostolo sa che è giunta la sua fine e sente quasi l’urgenza, la necessità di non piangersi addosso ma di usare tutte le sue forze per concludere la missione data dallo Spirito Santo sempre pronto ad agire con bontà e lungimiranza per la giustizia di tutti e tutte. Prosegue dicendo che arriverà il giorno in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci pensando di dare ascolto alla verità perdendosi dietro le favole (vv.3-4). Ciò che Paolo descrive sta già avvenendo, è sempre avvenuto e si adatta alla situazione dei cristiani di ogni tempo che leggono queste parole. Anche Paolo aveva visto ad Atene il passatempo più amato dai suoi amici, quello di parlare, sparlare, sentir parlare. Verrà il giorno in cui non si sopporterà più la sana dottrina. Paolo avverte, mette in guardia chi si lascia trasportare da teorie che non portano altro che distruzione del creato e delle creature. Quando non c’è una ricetta di fede autentica e sincera, il rischio è quello di trasformare la verità, però Gesù ci ricorda nel Vangelo di Giovanni: “Io sono la via, io sono la verità, io sono la vita, nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. (Giov.14,6). La sua Parola è verità ed è disponibile per chiunque scelga di camminare con e in verità. Verità che si sposa bene con libertà. Verità e libertà. La verità viene da Dio, Cristo ci renderà liberi di agire, di fare le nostre scelte, di amare, di predicare, di insistere. Col suo Spirito ci insegnerà, ci guiderà, ci sosterrà. Sosterrà la sua creatura in un continuo processo di crescita consapevole della missione della liberazione del peccato. Dunque, quanto più siamo desiderosi di conoscere la verità, tanto più siamo consapevoli del nostro ministero. Tu però vigila attentamente, conclude Paolo, sopporta le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore, adempi il tuo ministero, il tuo impegno sia deciso (v.5). Timoteo deve vigilare attentamente, deve saper discernere ciò che è giusto da ciò che non lo è, non deve risparmiarsi la fatica e la sofferenza per compiere adeguatamente il suo percorso. Vigila attentamente, stai sveglio, stai in allerta, non lasciarti influenzare dall’ansia e dalle preoccupazioni. Gesù disse: “vegliate e pregate”, lo disse ai suoi discepoli nel Getzemani, vegliate perchè non cadiate in tentazione” (Mt. 26,41a), ma sappiamo che i discepoli furono sopraffatti dal sonno come a volte noi siamo sopraffatte dalle nostre problematiche e dalle nostre sofferenze. Paolo ha tenuto duro fino alla fine e non si è fatto sopraffare dalle sue vicende personali. Paolo era stato incarcerato, prossimo alla morte condannato da Nerone eppure, non ha esitato a scrivere a Timoteo sapendo di ricevere la corona da Gesù Cristo, quella corona che in ambiente greco-ellenistico era simbolo di onore, di gioia, di trionfo. La specifica corona di giustizia aggiunge a questo simbolo un valore teologico, non per merito, ma per la giustizia di Dio che ha reso giusto il suo servo. Giusto, giustificato per grazia mediante la fede. Timoteo è colui che onora Dio, Timoteo sei tu, Timoteo sono io, Timoteo siamo noi. Ogni credente che onora Dio è Timoteo.

A chi sta correndo e percorrendo la strada della fede, a chi sente la responsabilità della chiamata, a chi sente manifestarsi l’amore e il perdono di Dio, a noi. A noi sono dirette queste parole e con tutte le nostre difficoltà, con tutti i nostri limiti dobbiamo imparare a dirci ogni giorno: fratello, sorella, ti scongiuro davanti a Dio e a Gesù Cristo, predica la Parola, insisti in ogni tempo, convinci, rimprovera con amore, esorta con pazienza, favorisci la verità, vigila attentamente, sopporta le sofferenze, svolgi il tuo compito, adempi fedelmente al servizio a cui Dio ti ha chiamato e chiamata, nel nome di Gesù. Amen.