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Aspettative su Gesù: “Tensione tra il volere di Dio e i desideri umani”

Testo: Luca 4,14-30

Cari fratelli e care sorelle, vi è mai capitato di sentirvi amareggiati per delle aspettative non
realizzate? Più grande è la speranza riposta in una persona o in un' istituzione come lo Stato, la
Chiesa, la famiglia, tanto imponente può manifestarsi in noi la delusione se essa viene disillusa.
Nel primo verso letto, cioè il 14 , notiamo che Gesù è molto apprezzato e approvato dalla sua gente
a motivo del suo insegnamento e dei prodigi compiuti; molta speranza, dunque, è riposta su di Lui.
Decide d'inaugurare ufficialmente il suo ministero a Nazareth la città dove è cresciuto e nato, nella
regione periferica della Galilea, situata a Nord della Samaria, considerata già zona marginale, e a
Sud della Fenicia; la periferia della periferia dunque. I galilei erano considerati male dai giudei
perché il loro territorio era un punto d'incontro con le culture pagane circostanti e le comunità
ebraiche lottavano per mantenere intatta la loro identità religiosa e culturale. Purtroppo, come in
tanti territori periferici in quel periodo, la repressione militare da parte dei romani era molto dura e
spietata. Si avvertiva, dunque, un forte desiderio di riscatto e l'intensa attesa di un “liberatore”.
Gesù da buon osservante ebreo si reca nella sinagoga per la lettura delle Scritture, un inserviente gli
porge il rotolo d'Isaia e il passo letto corrisponde a quello del cap. 61,1-2. Egli legge scegliendo,
però, di non includere l’ultima parte che riguarda la vendetta contro i nemici.
Predilige una linea che potremmo definire NON VIOLENTA.
I partecipanti sono tutti ansiosi di ascoltare da parte di Gesù il commento alla Scrittura letta e i loro
occhi si fissano su di lui! Quanta bramosia anima il cuore di coloro che attendono di udire! Il
momento è ricco di tensione e Gesù inizia a parlare dicendo: “Oggi, si è adempiuta questa Scrittura
che voi udite”.
Il riferimento all'oggi accende di speranza i cuori dei nazareni e “tutti gli rendono testimonianza e
sono meravigliati”. Da quello che leggiamo sappiamo che le parole di Gesù suscitano un grande
stupore.
Secondo l'enfasi posta da Gesù, quelle promesse possono adempiersi proprio in una terra ai margini
come la Galilea e dunque quale gioia più grande può animare i cuori di persone che sono in attesa di
un riscatto. Bisogna ricordare che Gesù è uno di loro, cresciuto e vissuto tra loro per trent’anni e
probabilmente imparentato con alcuni. Un vero motivo di orgoglio per la sua gente di Nazareth. Il
suo successo, la sua fama, la sua abilità nell'annunciare parole di grazia rendono fieri i suoi
concittadini.
Le cose però non vanno per il verso giusto. Gesù continua il suo discorso introducendo un detto:
“Mi direte, medico cura te stesso; fa' anche qui nella tua patria tutto quello che abbiamo udito
essere avvenuto in Capernaum!”.
Sa che quelle persone hanno delle precise aspettative, ma non è andato lì per accontentarli né per
mostrare loro prodezze degne di applausi e riconoscimenti. Non vuole soddisfare un gruppo di
persone, ma è andato a Nazareth per annunciare la sua missione cioè quella che sarebbe andata oltre
le aspettative e il bisogno di riscatto di un solo popolo. L’opera che Gesù deve compiere è a favore
di tutti i popoli, anche quelli considerati nemici dai suoi concittadini.
Non si è recato a Nazareth per annunciare lo spot “prima i Galilei”, per intenderci.
Egli pone il suo ministero in continuità con quello di profeti come Elia ed Eliseo, mandati ad
assistere degli impuri pagani.
La città di Sidone fa parte della Fenicia che, insieme alla Siria, confina con la Galilea.
Gesù fa menzione di queste regioni pagane confinanti, ma per i presenti l'azione divina deve
rimanere assolutamente dentro i confini ed essere sufficiente a soddisfare le loro giuste attese.
Il Signore, con il suo discorso, invece sconfina, va oltre i limiti posti dalla necessità del momento e
non si cura di essere applaudito e ammirato.
Possiamo immaginare i visi improvvisamente incupiti di quelle persone e l'espressione di stupore
che precedentemente hanno mostrato con fierezza scomparsa definitivamente dai loro volti. Sono
indignati e profondamente arrabbiati.
Questa parola, “indignazione”, ricorre spesso ancora oggi.
All'indignazione fa seguito l'ira e a essa la violenza.
Leggendo le cronache attuali notiamo che il percorso che va dall'indignazione alla violenza è reale e
terribilmente concreto anche nella nostra società.
Quella di Gesù sembra essere stata una mossa sbagliata. In effetti Egli avrebbe potuto offrire a
quelle persone la speranza desiderata e fare un po' di miracoli in giro come essi si aspettano, ma
decide di agire diversamente.
A quel punto gli occhi dei suoi uditori, che in un primo momento sono fissi su di lui pieni di
speranza, si accendono d'ira e quegli uomini si alzano in piedi pronti a mettere in atto
quell'insopportabile sentimento d'ira che ormai riempie i loro cuori.
Gesù ha tradito le loro aspettative proprio nel momento in cui tutti sono pronti a onorarlo e così lo
cacciano dalla città portandolo su una vetta per precipitarlo giù, ma non riescono nel loro piano.
Cari e care nel Signore, il messaggio dell’evangelo non è per nulla “addomesticabile”. Gesù non
accetta di limitare la sua azione imprigionandola nei rigidi schemi di un popolo o nelle aspettative e
desideri di un gruppo di persone. Il Suo messaggio d’amore e di speranza non è semplicemente
circolare, ma si espande includendo veramente tutti e tutte, anche chi ci è avverso. Dinnanzi a Dio
non ci sono “primi”, ma uomini, donne, bambini e bambine senza distinzioni. Il Suo messaggio
d’amore, di liberazione e di salvezza è per chiunque.
Forse, ponendoci per un istante dalla parte dei galilei, possiamo addirittura comprendere la loro
umana reazione, ma abbiamo bisogno di considerare la premessa che troviamo nel brano citato da
Gesù:
“Lo Spirito Santo è sopra di me”.
Invece di fare spazio alla disperazione e alla rabbia possiamo lasciarci guidare dallo Spirito Santo e
fissare i nostri occhi su Gesù, ma non come quei Galilei attenti a udire unicamente ciò che
desiderano per loro stessi, ma come uomini e donne che si affidano a Dio e al Suo volere. Abbiamo
la possibilità di vivere il nostro tempo per evangelizzare i poveri, annunciare la liberazione ai
prigionieri e il recupero della vista ai ciechi, cioè a coloro che non riescono a vedere e realizzare la
stupenda grazia del Signore. Possiamo impegnarci anche noi per rimettere in libertà gli oppressi e
proclamare l'anno favorevole del Signore. Abbiamo la facoltà di adempiere il volere di Dio per
mezzo dello Spirito Santo, sperimentando personalmente, ancora una volta, che nel mentre ci
prendiamo cura dell'oppresso e dell'oppressa Egli ha in considerazione le nostre esistenze.
Possiamo resistere alla tentazione di risolvere il male che ci opprime con la rabbia e con la sfiducia.
Ecco, cari e care nel Signore, noi possiamo scegliere di fidarci di Gesù e del suo lieto annuncio,
anche se non lo comprendiamo perfettamente e quindi formulare la stessa preghiera pronunciata da
Lui nel Getsemani: “ Non la mia volontà, ma la tua sia fatta”. Amen