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La Storia dei Battisti in Italia

Dall'unità di Italia al 1922


I primi missionari arrivati in Italia furono due inglesi Edward Clarke e James Wall. Essi fecero un primo viaggio di ricognizione per l'Italia nel 1863. Nel 1865 il primo si stabilì a La Spezia dove fondò "La Spezia Mission"; il secondo  fondò a Bologna nel 1863 una missione che più tardi diventò un'opera della Società Missionaria Battista (BMS) di Londra. Nel 1870 arrivò il primo missionario battista della Convenzione del Sud, William Cote che costituì la prima chiesa battista a Roma nel 1871. Il secondo missionario dei battisti del Sud, G.B. Taylor, una persona molto capace, arrivò in Italia nel 1873 e diede un forte impulso all'espansione del battismo nel periodo di forma­zione.
Il risultato più cospicuo della storia dei battisti in Italia è l'Unione delle Chiese Evangeliche Battiste in Italia. Senza questa premessa non si potrà capire chi sono i batti­sti italiani. Percorreremo adesso le linee maestre dell'evoluzio­ne, progressi, sconfitte, vittorie di queste chiese cristiane evangeliche. Esse sono state e sono una realtà numericamente trascurabile, alcune migliaia di persone, attualmente seimiladuecento adulti battezzati. La popolazione complessiva giunge a quindicimila persone. Ma, rappresentano insieme alle altre chiese evangeliche italiane federate e non, una minoranza signi­ficativa. Di che cosa? Di una forma di vivere ed essere cristiani nella nostra società e nel nostro tempo, frutto di un'evoluzione storica, di una identità teologica e culturale e di una vocazione diaconale e politica tesa a sviluppare il meglio delle possibili­tà storiche del nostro paese.
Le prime chiese battiste sorsero in Italia come risultato del lavoro di missionari inglesi e americani. Questo è il primo dato di fatto della nostra storia. Ciò produsse nelle prime fasi una forte limitazione. I missionari erano portatori di istanze teologiche e culturali sorte ed evolute nei loro paesi di origi­ne. Il loro interesse, ad esempio nella situazione politica italiana, era funzionale, vale a dire lo analizzavano per scorge­re se era favorevole o meno alla crescita della loro opera. Ci sono state delle eccezioni. Abbiamo l'esempio del Wall che resisteva all'idea di riproporre in Italia la divisione in denominazioni concorrenti che non collaborassero fra di loro. L'unica meta dei missionari era evangelizzare l'Italia e tutte le altre cose erano funzionali a questo scopo. Mancarono spesso di una strategia lungimirante che prevedesse i risultati non solo della loro opera e di quella degli evangelisti e pastori italiani che li affiancavano, ma anche dei dibattiti teologici, dell'evoluzione della politica italiana, dei cambiamenti sociali in corso. La mancanza di una strategia globale si vede anche in altri aspetti che costituirono altri tanti limiti alla loro opera.
Dal nucleo iniziale a La Spezia, il lavoro di La Spezia Mis­sion si allargò in provincia, si estese in Toscana, toccò l'Emi­lia e il Veneto. La Missione Battista del Wall si trasferì a Roma nel 1870 e si allargò a Torino, Napoli, Genova e  in Val di Susa raggiungendo un numero massimo di venti chiese e gruppi. La Missione Battista Americana iniziata a Roma da Cote e riorganiz­zata nel 1873 dal Taylor si estese in Puglia e Basilicata con il pastore Volpi, nella Lombardia e nel Piemonte con il pastore Enrico Paschetto, in Calabria con il pastore Stagnitta, in Sarde­gna con il pastore Cossu, nel siracusano con il pastore Gaetano Fasulo. Complessivamente, furono costituite una cinquantina di chiese e gruppi in diverse località. Le chiese e i gruppi erano piccoli, difficilmente superavano le cinquanta persone . La maggior parte dei membri erano contadini o manovalanza non spe­cializzata. In questa prima fase una ventina di italiani costi­tuivano il ministero nelle chiese locali, molti provenivano dalla Chiesa Libera, mentre i missionari tendevano a esercitare  fun­zioni di amministrazione, governo e organizzazione della missione e dell'opera. Questa distribuzione geografica delle chiese batti­ste in Italia, curiosamente, è rimasta praticamente invariata. Il risultato di questo lavoro missionario fu la creazione di una rete di comunità. Nel 1884, per meglio coordinare il lavoro evangelistico le tre missioni costituirono l'Unione Cristiana Apostolica Battista. Nel 1922 la Missione Battista di Londra, in seguito ad accordi presi con i battisti americani nel 1920, lasciò l'Italia.
La nascita di queste chiese e gruppi segue linee abbastanza comuni. In alcuni casi si trattava di gruppi spontanei. Sorgevano ad esempio ad opera di emigrati italiani in paesi protestanti che ivi diventavano battisti e che, ritornati in patria, iniziavano un lavoro di evangelizzazione. Ci sono casi come quello del Cammisa ad Altamura che diventò battista durante il suo servizio militare a Pistoia e che ritornato in Altamura nel 1890, inizia un gruppo di studio biblico fra gli scalpellini che alcuni anni dopo costituirono una Lega in Altamura nella quale i battisti costituivano la maggioranza. Ci sono casi di altri gruppi sponta­nei sorti attorno figure carismatiche come il Loperfido, sociali­sta, pedagogo, organizzatore dei contadini nel materano. Quando egli diventò battista, in maniera spontanea, un gruppo di una trentina di persone aderì alla sua scelta e costituirono la chiesa battista di Matera.
Molto più importanti per la nascita o per il consolidamento dei primi gruppi furono i colportori, venditori ambulanti di Bibbie, libri e riviste evangeliche. Nei loro viaggi attraverso paesi e città entravano a contatto con i gruppi spontanei, li organizzavano, ne indicavano l'esistenza alle missioni, quando non erano loro stessi a formare questi gruppi attraverso l'evan­gelizzazione. La terza fase di costituzione di una chiesa era l'arrivo di un ministro residente nella città. Si prendeva in fitto o si costruiva un locale di culto. Si può affermare che, con piccole varianti, con più o meno aneddoti locali, questa è la costante. In altri casi, le chiese o i gruppi appartenevano ad un'altra denominazione e diventavano battisti o perché veniva garantita loro una cura pastorale adeguata, o perché giungevano alla convinzione che il battesimo doveva essere amministrato ai cre­denti adulti.
Questi gruppi sorsero in mezzo ad una profonda ostilità da parte dei loro concittadini cattolici, mentre erano visti con simpatia dai liberali anticlericali e dai massoni. L'ostilità poteva talvolta tradursi in azioni concrete da parte del clero più integralista. Non mancano i casi drammatici come quello di Barletta dove in una sommossa popolana antiprotestante furono uccisi alcuni evangelici. Ma erano più comuni le azioni tese ad esempio al boicottaggio e l'isolamento sociale, politico ed economico dei "protestanti". Questa ostilità provocò come reazio­ne una serie interminabile di diatribe e polemiche anticlericali nei primi giornali battisti di quel tempo. Un'altra conseguenza di questo tentativo di separare i battisti dal corpo sociale come elemento estraneo fu in molti casi la migrazione di massa dei primi battisti, come quella avvenuta a Ferrandina in provincia di Matera che stroncò sul nascere la piccola comunità nel 1897. Il clima polemico anticattolico che ne scaturì nelle chiese nascenti impedì una serena riflessione sulle radici italiane del battismo. Da parte del cattolicesimo e della società italiana in generale, con poche eccezioni, il battismo e le altre chiese evangeliche furono percepite come una realtà marginale non appartenente alla cultura nazionale. Questo mancato inserimento nel tessuto sociale del paese e la dipendenza economica e culturale dalle missioni e dai missionari, malgrado lo sforzo dei più illuminati dei nostri intellettuali, come il Gangale ed altri, impedì nelle prime fasi dello sviluppo delle chiese un'incarnazione del battismo nelle radici culturali del nostro popolo e l'indipendenza delle chiese.